domenica 27 maggio 2018

Tempi moderni

Questo passo è ricavato dal “Yvain ou le chevalier au lion” di Chretien de Troyes databile fra il 1176 e il 1180. La versione (tratta da “I romanzi cortesi” di Oscar Mondadori a cura di G. Agrati e M.L. Magini, ristampa 2017) è in prosa mentre l'originale sono poemi di ottonari in rima o consonanza. Cosa cui tocca rassegnarsi ma comprensibile se si voglia concentrare in un unico volume i grandi poemi di Chretien.
"Ivano o il cavaliere del leone"
Nei suoi viaggi, Ivano incontra Lunetta che gli propone di difendere una pulzella nei suoi diritti ereditari. Egli accetta e cammin facendo arriva al castello della Pessima Avventura. In breve, qui dovrà combattere contro due figli di una donna e un demòne. Entra nel castello e incontra delle pulzelle lacere e malnutrite, dedite a un lavoro pregiato di tessitura e ricamo della seta. Esse piangono la loro sorte. Ivano le chiede il loro stato. Saltando il preambolo, esse dicono:

Di pane ne otteniamo a gran pena, la mattina poco e la sera ancor meno: col lavoro delle proprie mani, ognuna di noi non avrà mai per sopravvivere più di quattro danari di una lira. Con così poco non possiamo avere carni e vesti a sufficienza , ché colei che guadagna venti soldi alla settimana non è per questo affrancata dalla miseria. E siate certo che nessuna di noi ricava dal proprio lavoro cinque soldi o più. Ci sarebbe da far la fortuna di un duca! Ma noi siamo qui in povertà, mentre colui per cui lavoriamo si arricchisce con il nostro guadagno. Vegliamo gran parte della notte e lavoriamo tutto il giorno per il profitto di quel padrone che minaccia di storpiarci se ci fermiamo, così non osiamo prenderci alcun riposo”.

Ivano sconfigge, con l'aiuto del leone, i due demòni e libera le fanciulle e la maledizione del castello.

A parte il fatto che rimango stupito ogni volta dell'importanza del ciclo arturiano nei poemi e nella mitologia cavalleresca posteriore e della loro persistenza nella produzione letteraria fino e oltre il XVIII secolo, qui abbiamo un dato di 'rivendicazione sindacale' con tanto di cifre.
La prigionia di schiave lacere e nude richiama de Sade ma questo è già per addetti ai lavori più disincantati e lo tralascio (il potere economico e sociale come prepotere sessuale o viceversa o meglio la sua allegoria).

Voglio dire: notate la differenza fra le interpretazioni accademiche dei cicli cavallereschi o cortesi e la concretezza dei testi originali?

Dico questo mentre va in scena l'ultimo, si spera, psicodramma della dittatura dell'Unione Europea. Probabilmente fra poco fallirà la Deutsche Bank e sarà necessario nazionalizzarla. Traduco: la gran fretta della UE di risolvere il problema degli NPL o crediti deteriorati (senza peraltro contare il buco nero dei cosiddetti 'titoli tossici'), implicherà che la Germania dovrà stampare soldi a manetta per nazionalizzare la sua Banca Centrale, cosa che non può coesistere con l'unione monetaria. Dunque: bye bye euro.

Ma al di là di tutto non trovate incredibile che in un testo poetico del XII secolo si proponga quello che è stato una parte connotante della realtà del XIX e XX secolo? Chretien sarebbe un precursore della lotta di classe?
E pensate che in quegli stessi anni scriveva Rashi de Troye il massimo esegeta ebraico di sempre. E li chiamano gli anni bui del medioevo...
Paulette Goddard in "Tempi moderni" - C. Chaplin - 1936

Siccome mi sono stufato di dare al nulla le risposte pongo al nulla le domande: fatene quel che volete.