domenica 13 dicembre 2020

L'orgoglio d'essere Italiani

Antonio Canova - Le Grazie

 
Per una volta prendo spunto da un fatto di cronaca per un breve post.
In questi giorni è morto Paolo Rossi che con i suoi goal fu fondamentale per far vincere all'Italia il mondiale di calcio del 1982 in Spagna.
Ai tempi ero un appassionato di calcio e ricordo bene quei mondiali e quelli del 1978 dove avevamo una squadra più forte, ma doveva vincere l'Argentina. Penso che i decenni '60, '70, '80 abbiano mostrato il calcio e i calciatori migliori.
Oggi del pallone non me ne frega niente perché è diventato un altro gioco, io lo chiamo ' calcio balilla senza tubi '. La tecnica è strana, da calcetto ma su campo grande, i giocatori brutti e sgraziati, il pallone gonfiato a 40 atmosfere che appena lo tocchi svirgola in orbita. Portieri che non parano più, errori tecnici o di posizione che una volta non facevano nemmeno i pulcini. Tutti che sembrano correre come matti ma se li guardi bene corrono solo quando hanno la palla e mai senza: prendono solo la posizione giusta e aspettano che la palla gli arrivi. Calcio balilla senza i tubi appunto.
Ma non è del calcio che voglio parlare, è che come sempre succede in questi casi salta fuori la frase, riferita a quei giorni, sul sentirsi orgogliosi di essere Italiani.
Faccio due brevi riflessioni.
Se l'orgoglio dell'appartenenza nazionale è legato alle vittorie sportive non solo siamo messi male, ma è anche un errore strategico. Oggi Paolo Rossi ' Pablito ' è forse uno dei pochi calciatori di quegli anni conosciuto dai più giovani che per loro disgrazia sono cresciuti a pane e calcio balilla senza tubi e sono convinti che il calcio migliore sia quello che hanno sempre visto. Le immagini di allora erano analogiche e di scarsa qualità rispetto al HD del digitale. Qualcuno quell'Italia se la ricorda bene, ma è inevitabile che nell'arco di pochi decenni non se la rammenterà più nessuno. Quindi o si vince un mondiale a generazione o il meccanismo si ingrippa.
Ma ciò che è davvero assurdo e tragico è che siamo il paese al mondo più ricco di testimonianze storiche e artistiche. Nell'arte abbiamo davvero insegnato al mondo. Secondo voi perché trovate studenti coreani che vengono in Italia per la musica o la pittura?
Non sarebbe più logico pensare, logico e obbligato dai fatti, che sia l'arte, la cultura la storia del nostro paese a farci sentire orgogliosi di essere Italiani?
Invece di far vedere paesaggisticamente sempre gli stessi monumenti, le stesse città, gli stessi quadri, dandone pietose descrizioni abborracciate, come se si dovesse comporre un depliant turistico, seminiamo un po' di cultura, di comprensione per l'arte, di contezza di cosa è stata l'Italia per il resto del mondo, di capacità di valutazione, di lettura dell'opera d'arte. Consapevolezza e basta.
Abbiamo un valore eterno che non può essere dimenticato, di tale vastità e importanza che non solo naturalmente dovrebbe essere il nostro elemento di riconoscimento, ma che ci farebbe sentire orgogliosi ma allo stesso tempo quasi intimoriti di appartenere a questo Paese.
Vivere senz'arte è per me inconcepibile ma mi chiedo quale mondo sarebbe senza l'arte, la cultura, la storia, la conoscenza. Ma quella vera, non quella cosmetica che oggi è chiamata cultura ma è un calcio balilla senza tubi.
Ma come pensa la gente di vivere?

R.P
Renatus in aeternum

posteris memoria mea.