lunedì 15 agosto 2016

Fiesta de toros



Fa troppo caldo perché mi venga voglia di postare qualcosa di lungo e articolato.
Pensatela come volete ma la corrida è bellissima.
Quanto a me, se fossi un bovino, preferirei mille volte una vita e una morte da toro che una vita da bue e una morte da manzo.
Qualche tempo fa mi sono innamorato della “Musica notturna per le strade di Madrid” di Luigi Boccherini (nato a Lucca il 19 febbraio 1743 e morto a Madrid il 19 febbraio 1805) e le ho dedicato questa poesia tratta da Lykauges.


Poi ho ascoltato questa versione e ti invito a riconsiderare quanto ho detto nel post “Durante la Commedia” riguardo alla differenza che può fare l’esecuzione.
La parte, fra il Rosario e la Passa calle, che nell’esecuzione di Jordi Savall è un breve pezzo, nella prima diviene un lungo e languido struggimento, come una morte felice. Ne esce, carezzevole, l’anima celtibera cui la Spagna deve gran parte del suo fascino.
Boccherini utilizzava ancora, benché fosse ritenuta un retaggio del passato, la composizione del quintetto per archi e chitarra.
A mio insignificante parere la musica successiva e anche l’opera hanno perso molto rinunciando agli strumenti a pizzico come le chitarre e le tiorbe. Mi rendo conto che il volume del complesso degli archi nelle orchestre più grandi già nel ‘700 ne avrebbe coperto il suono ma in Haendel ci sono ancora e sono stupende. Omaggi ne hanno fatto Paisiello nel suo “Il barbiere di Siviglia” (l’aria “Io son Lindoro...” quella che c’è nella colonna sonora di Barry Lyndon di Stanley Kubrick) e il solito Wolferl nella canzonetta con cui Don Giovanni fa la serenata alla domestica di donna Elvira.
Per eliminare un fastidioso errore che ancora molti fanno, preciso che l’aria per canzonetta “ De’ vieni alla finestra... ”, quella appunto accompagnata dal mandolino, Don Giovanni la fa alla cameriera di donna Elvira e non a donna Elvira. A lei aveva dedicato, quando Leporello è travestito da Don Giovanni, l’aria “ Discendi gioia bella... ” che è nel terzetto “Ah taci ingiusto core...” subito precedente. Quando Leporello porta lontano donna Elvira, Don Giovanni dice: “Le finestre son queste: ora cantiamo!” e parte il mandolino.
Il video di quest’ultima versione della musica di Madrid è arricchita con dipinti del grande Fernando de Goya e Lucientes, nato a Fuentedetodos (vicino a Saragozza nella regione di Aragona) il 30 marzo 1746 e morto a Bordeaux il 16 aprile 1828.
Sempre per mia futura memoria, intendo ‘post’ mortem, propongo suoi disegni e dipinti sul tema della festa dei tori. Di seguito dei quadri di donne che mi hanno ispirato una poesia che chiamo “ Le ragazze di Goya ”.

Goya - La Corrida

Goya - Festa dei tori in un villaggio
  
Quello che molti non hanno capito della corrida te lo spiego con una storiella.
Anni fa, quando insegnavo, alla fine d’una lezione, l’ultima prima di Pasqua, ho fatto gli auguri a tutti e ho soggiunto una cosa del tipo “e gustatevi l’agnello”. Una corsista mi risponde che lei non mangia l’agnello a Pasqua. Chiedo: “Perché, non ti piace?”. Risposta: “Non mangio cuccioli!”. Dico: “ Il pollo lo mangi?”. Lei: “Sì”. Io: “ E credi che il pollo sia un pensionato quando lo ammazzano?” (anche pre legge Fornero).
Un pollo viene ucciso a 3-6 mesi e credo che nessuno sappia a quale età sia la morte naturale di un pollo semplicemente perché non ce n’è uno che ci sia arrivato. Un bovino ha invece questo destino. Se è una femmina da latte produce per 4-5 anni, fino al massimo dei litri di latte possibili, fa i vitelli ovviamente e poi le figlie sostituiscono le madri che vanno al macello. Se è un maschio, per la gioia delle femministe, viene ucciso a 6 mesi o un anno come vitello, vitellone o manzo. Buoi ormai non ce ne sono quasi più perché il trattore ce l’hanno tutti. Se no due anni di lavoro e poi il macello. Dopo, le carni sono di scarso pregio e se ne ricava troppo poco.
Un toro de lidia vive nella natura (in posti di solito molto belli nell’Extremadura o nella Mancha nella Spagna a sud-ovest di Madrid), mangia beve e scopa come un re per 4 anni di media, poi va alla corrida.
La fiesta de toros in origine, prescindendo dalla storia millenaria del sacrificio dei tori, non è altro che il giorno in cui i paesani uccidevano i tori per mangiarseli. I mandriani mostravano la loro abilità a cavallo e con el capote, prima che un nobile lo matasse con una lancia o con la spada.
Nella corrida portoghese, detta tourada, il toro non viene ucciso e dunque abbandona sostanzialmente illeso l’arena... per essere macellato nello stesso edificio subito dopo.
La  tourada è anch’essa molto bella perché al posto dei banderilleros ci sono i toreri a cavallo con la stessa funzione. Questi cavalli di razza Lusitana sono bellissimi e fanno dei virtuosismi di dressage (il torero li usa in sostanza come capote) che quelli sportivi gli fanno una pippa. In Spagna questo tipo di corrida a cavallo è detta rejoneo. La suerte (la mattanza) invece è più bella a piedi e il toro ci impiega anche meno tempo a morire (anche se io spero di metterci così poco quando dovrò crepare). Sarebbe interessante unire le due tradizioni per rendere la corrida ancora più bella (e evitare il don Chisciotte imbottito che si fa incornare il cavallo, corazzato, per dare i due colpi di lancia, che in effetti non è il momento più esaltante della cerimonia).
Comunque, pensala come vuoi, l’importante sono i quadri di Goya. E Le ragazze di Goya.

Ecco quattro disegni di Goya su temi della corrida.



Per il riferimento alle fasi descritte nei suoi disegni e dipinti ancora oggi c’è un tipo di corrida detta goyesca.

“...mugitus veluti cum prima in proelia taurus
terrificos ciet aut irasci in cornua temptat
arboris obnixus trunco ventosque lacessit
ictibus aut sparsa ad pugnam proludit harena”.

Virgilio, Eneide Libro XII 103-106

Traduzione:

“...come il toro che all’inizio dello scontro solleva
Terribili muggiti o tenta di raccogliere l’ira nelle corna,
avventandosi al tronco d’un albero, e sfida i venti coi colpi,
e si prepara alla battaglia spargendo con gli zoccoli la sabbia”.

(traduzione di Luca Canali in Eneide, Mondadori, 1985, Milano)

Due sono le ragazze che mi hanno ispirato direttamente la poesia e sono le due popolane.

Goya - La portatrice d'acqua

E soprattutto questa meraviglia.

Goya - La vendemmia (particolare)

La poesia è tratta da “ Almanacco del giorno dopo ” che non ho ancora terminato dunque potrebbe subire, ma non credo, delle modifiche.



Di rango più elevato ma ugualmente deliziosa è quest’altra.

Goya - El quitasol (particolare)

Per finire due quadri eccezionali che hanno per soggetto una maja sempre accompagnata da brutti ceffi.

Goya - Maja e Celestina al balcone





Goya - Majas al balcone
 Finisco con questo quadro eccezionale concluso nel 1814. Le due ragazze sono a mio parere un duplice ritratto della stessa donna. Sono all’incirca nella stessa posizione. Una è completamente vestita di bianco ma ha il velo nero, l’altra di nero ma ha il velo bianco. Guardandole, quella col velo nero sembra scura e misteriosa, anche un po’ peccaminosa (seducentemente peccaminosa intendo) l’altra di sé appare angelica solo in virtù del velo bianco, dell’espressione e della carnagione ‘da bionda’.
E poi ci rompono la minchia con la teoria della gestalt.