CIRCE

Presento un libretto per musica che si intitola “ Circe ” e si ispira alle vicende d'Odisseo e la Dea-maga Circe sull'isola di Eea narrate da Omero.

L'ho scritto, un po' come un gioco, come se fosse un libretto d'opera del settecento.

Ho seguito la trama di Omero tranne in alcuni punti dove le vicende sono rappresentate come parti d'un rito iniziatico. Il senso è lo stesso che nei libri X e XI dell'Odissea: la discesa negli Inferi con cui Odisseo diviene un eroe.

La musica dovrebbe essere quella appunto d'un compositore del XVIII secolo.

La metrica varia: dai versi sciolti dei recitativi secchi, alle rime e consonanze delle arie e dei recitativi accompagnati. Ho finito di scriverlo nel maggio del 2022.


Propongo come saggio la scena prima dell'Atto Secondo. La scena in cui Odisseo incontra Circe, dopo aver saputo da Hermes come rendere vano l'incantamento della maga. Saputo chi è la Dea gli offre il suo amore e preannuncia che il loro incontro è già stato stabilito dal Fato.


SECONDO ATTO


Scena prima

(Odisseo, Circe)

Odisseo arriva alla casa di Circe e la chiama.


Recitativo secco


Odisseo:

“ Voi dentro la casa! C‘è nessuno?

Sono un marinaio naufragato,

sto cercando i cari miei compagni,

mi dissero che sarebbero andati

verso una certa casa:

qui altra non trovo.

Per dover d'ospitalità:

ch'è sacra a Zeus,

ditemi almen dove mi trovo... ”.


Le ancelle aprono le porte e lei esce subito e lo invita a entrare.


Circe:

“ Sii qui il benvenuto marinaio!

Vieni non ne temer.

Questa è la casa di Circe e io son quella:

signora dell’isola.

Dall’aspetto non sembri un marinaio,

ma piuttosto un capo.

Vieni e qui riposati.

Ti offrirò del dolce vino lucente

e ascolterò attenta le tue domande

e, se posso, i tuoi compagni cari

t'aiuterò a trovare ”.




Odisseo entra e Circe lo fa sedere su un trono. Fa il miscuglio in una tazza d’oro.

Odisseo:

“ Tu che sei sovrana su quest’isola,

ti prego non tenermi il ver celato:

dove son i compagni, io t'imploro

è troppa la mia pena in cuor per loro ”.


Recitativo accompagnato.


Circe:

“ Sì. Lo so dove sono:

son qui presso di me e son felici.

Fra poco li vedrai.

Io così li accudisco con amore

e tolgo lor le pene dal cuore.

Essi assai pativano

cruda assenza da casa

ma ora han menti contente

e non pensano più che al presente ”.


Odisseo:

“ Ti prego, regina, voglio vederli! ”.


Circe:

“ Prima bevi questo vino lucente

dal profumo di fiore

e ristorati in cuore.

Lascia i ricordi e le sofferenze

che hai patite sul mare,

lascia la nostalgia della tua casa:

illanguidisciti per un istante

al piacer del presente,

non occupare il cuore

con pene del passato

o l'ansie del presente

e la trepidità per il futuro.

Bevi! Bevi sicuro!

E non pensar a niente”.


Odisseo beve. Circe lo batte con la bacchetta.


Circe:

“ Va’ ora al porcile,

stenditi or che agli altri sei simile

e, felice, passa con essi le tue ore:

fìdati alle mie cure! ”.




Ma non riesce l’incantesimo Odisseo sguaina la spada e minaccia Circe come per ucciderla. Lei resta stupita.


Odisseo:

“ Fermati! Non t’accostar

e non provare a fuggir:

ti raggiungerebbe la mia daga.

Io so chi tu sei, Circe,

non sei donna, sei maga,

ma non mi avrà il tuo incantamento ”.


Circe:

“ Che caso è mai questo?

Su, rispondimi presto! ”


Aria

Circe:

“ Chi, e donde sei fra l’uomini?

Dove la tua città e il genitore?

Ah mi prende lo stupore,

perché hai bevuto i farmachi, i veleni,

ma non hai subito incanto.


Nessun fra gli altri uomini

questo gran filtro poté sostenere,

chiunque, provò il sapore,

del più dolce e celestiale dei vini,

non ha mai potuto tanto”.


Recitativo accompagnato nell'aria


“ Oppure tu sei Odisseo,

l’accorto, che dovea venir,

tornando con nave da Ilio

sì Ermes solevami dir ”.


Aria

Circe:

“ Allor la spada riponi,

e ora sul mio letto vorrai salire,

che uniti di letto e d’amore

possiam fidi trovarci vicini

con buon animo soltanto”.


Recitativo secco


Odisseo:

“ Circe, come m’inviti a esserti amico?

tu che porci m’hai fatto,

nella tua stessa casa,

i compagni, e ora avendomi teco,

con inganno m’attiri

a salire il tuo letto?

Non vorrò certo se non hai coraggio,

o Dea, di giurarmi il gran giuramento:

che nessun sortilegio

trami ancora a mio danno o altro prodigio ”.


Circe:

“ Chiamo a testimone

la Terra e l’ampio Cielo di sopra

e l’acqua di Stige:

è questo il giuramento più solenne

e terribile per gli Dei beati.

E giuro che mai ingannerò Odisseo

con trame di parole o pozione,

sia questo giuramento

patto fra noi di amistà.

Ti fidi tu, ti basta? ”.


Odisseo:

“ Dubitar delle parole d'una dea

non è per me lecito,

il tuo asilo ora accetto

e onorerò il tuo letto ”.


Circe:

“ Sento che nelle tue vaghe parole

c’è ancora il sospetto,

com’è la tua natura, abile Odisseo,

ma forse che la tua mente acuta

da immani sventure ti ha salvato

da quando lasciasti Ilio?

Vieni, fidati di me,

fra noi, anche se non lo sai,

è da sempre stabilito un legame.

Or so chi sei e ho verso di te un dovere,

di amicizia e consiglio:

non venisti in quest’isola a periglio.

Venite Ninfe e accudite l’ospite

perché sia giusto e retto

a che divida con me il mio letto ”


R.P.


Posteris memoria mea

renatus in aeternum