giovedì 2 aprile 2020

Vademecum per non smarrirsi nello scivoloso sentiero dell'architettura moderna

 
Bernardo Luti - Allegoria dell'Architettura
In questo mese di marzo trascorso ho avuto il record di visualizzazioni di sempre. Ciò è avvenuto in modo del tutto inaspettato. Anche se le statistiche potrebbero essere menzognere però vorrei festeggiare l'evento con un post. Non che il blog riprenda la sua attività coordinata, rimango in 'sonno' ma pubblico un articolo su un tema che ritengo importante anche se non sarà letto da nessuno.

Ritengo ci sia da fare chiarezza sulla differenza fra Movimento Moderno e Modernismo. Questo mi darà l'opportunità di fare dei cenni sui diversi approcci che si possono tenere nel cominciare l'azione progettuale. In un successivo post mi riprometto di tentare alcune definizioni che distinguano fra progettazione architettonica e composizione architettonica.
La maggioranza dei lettori se n'è già andata, ma cominciamo questo post per super appassionati o specialisti.

Nel XV secolo furono fondate le Accademie di Belle Arti e nel loro ambito era insegnata l'architettura. Questa situazione va avanti fino al secolo XIX quando alcuni architetti ritengono che i principi ivi insegnati siano superati e si sia insterilito il contributo che le accademie possano dare. Comincia una serie di esperienze esterne alle accademie che si definiscono avanguardie. Quindi l'antiaccademismo è la connotazione definitiva delle avanguardie.
I tentativi che si distaccano in vario modo, nelle forme e nelle intenzioni, dall'accademia non si possono ancora definire Movimento Moderno, ne sono i prodromi. È giusto pertanto definirle avanguardie. In un certo senso però sono già dei tentativi di cercare una moda nuova nel fare architettura. Moda è termine tecnico che non va confuso con fashion: nell'arte c'è la moda e la maniera come sappiamo. Visto che parliamo di terminologia vale la pena di dire che foggia è una codificazione della moda. Dal termine moda deriva moderno, modernità, in senso tecnico. Spero che nessuno faccia più confusione quando sente questi termini, qui o altrove.

Consiglio di leggersi due post precedenti: “Come è morta l'architettura” e “Quando si cambia stile” per levarsi ogni dubbio sulla terminologia.

L'inizio dell'Architettura Moderna è fatto risalire ad alcuni architetti o edifici nei quali il distacco dall'accademia, banalmente riassunto nello slogan disdicevole 'lotta alla decorazione', si esprime ormai più con la distanza che con la continuità.
Devo premettere che non potrò fare nomi di scuole o autori e soprattutto mettere immagini per ogni argomento trattato altrimenti dovrei fare un libro di storia dell'architettura: quelli che citerò saranno utili per recuperare altri casi consimili e trovare l'iconologia relativa (con la ricerca sulle immagini al computer la vedo dura, ma insomma provate e confrontate...).
La nascita ufficiale del Movimento Moderno si data ai Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM) il primo dei quali è del 1928 a La Sarraz su iniziativa di Le Corbusier. E abbiamo già citato il convitato di pietra di tutta la questione.
Sempre su iniziativa dell'architetto svizzero, durante il IV CIAM a Atene nel 1933 e poi nel 1938 è redatto il documento ufficiale del MM. Si stabilisce, fra le altre cose, il concetto di funzione e ne vengono espresse quattro fondamentali per l'uomo: abitare, lavorare, divertirsi, spostarsi. Ma questo è un altro discorso.
Un esempio, anzi l'esempio di come l'Architettura Moderna iniziasse prima del Movimento Moderno è la teorizzazione del Razionalismo, movimento nel quale il distacco con l'accademismo si può dire risolto.
Ricapitolando abbiamo tre termini da non confondere: Architettura Moderna, Movimento Moderno e Modernismo.
Fatta questa necessaria premessa ci spostiamo verso tempi più vicini a noi.

Dopo la seconda guerra mondiale il cambiamento nel mondo ha evidenziato i limiti dell'approccio del MM, il quale si basava su una buona quantità di fiducia nella teoria che le cose sarebbero mutate nel senso da loro analizzato. Una volta preso atto che il rapporto fra politica e urbanistica o che lo stile di vita emerso dalla fine del periodo bellico non era quello ipotizzato e sperato dai promulgatori e sostenitori del MM è cominciata la fase di revisione dei principi in esso espressi e più in generale sull'approccio così drastico che l'Architettura Moderna aveva utilizzato nelle sue proposte avanguardistiche.
Una critica all'Architettura Moderna era per la verità già cominciata anche negli anni fra le due guerre, ma o con il presupposto di una attenuazione di quello che possiamo definire il 'mito della modernità' oppure francamente reazionario com'è il caso del Novecentismo.
Occorrerà anche ricordare due emergenze che hanno avuto importanza nel piegare la crescita delle città verso il disastro: la ricostruzione dopo le distruzioni belliche (questo soprattutto in Europa, ma anche in Giappone per esempio) e, rimanendo al caso europeo e segnatamente italiano, le migrazioni interne che si vennero a sommare con la continuazione del processo di inurbamento in atto da decenni.
Le soluzioni di quegli anni immediatamente successivi risentono della fretta della ricostruzione e della sistemazione di centinaia di migliaia di persone che si spostavano verso le città.
In estrema sintesi vediamo quali furono le principali critiche all'approccio progettuale moderno che sono state fatte nel secondo dopoguerra, finché è esistita l'Architettura.
Dell'eccesso di teorizzazione ho già accennato.
Un altro tema fu l'indifferenza dell'edificio al sito progettuale, e di conseguenza all'esistente, alle varie scale urbanistiche e architettoniche. In conseguenza ci fu la messa in discussione del dogma dell'unico approccio progettuale alle diverse scale: il famoso 'dal cucchiaio alla città'.
Sul piano linguistico avvenne la presa d'atto che l'eliminazione di ogni elemento di linguaggio architettonico che non fosse derivato dalla funzione aveva senso solo se la realtà fosse mutata nel senso ipotizzato e propugnato dal MM.
Infine la spersonalizzazione dell'architettura e l'allontanamento dai cittadini.
Quello che ne è venuto fuori possiamo chiamarlo Modernismo. A nessuno sano di intelletto venne in mente di buttare nel cesso tutta l'esperienza fatta dall'Architettura Moderna, anche perché, se era vero che il mondo non era quello ideale, giusto o sbagliato che fosse, concepito dal MM e nel quale doveva muoversi l'architettura, comunque alcuni fattori si erano consolidati: il concetto di progresso, il rapporto sempre più stretto con l'industrialesimo, la dipendenza della vita dalla tecnica in misura sempre crescente.
Si ebbero in un primo momento tre tipi di atteggiamento. Il primo consisteva nella mitigazione dell'Architettura Moderna, rifiutandone l'eccessivo purismo o l'astrattezza, il secondo nel ribadire invece la teorizzazione moderna con moderati accenni di autocritica, infine il terzo nella continuazione della guerra sotto altre forme, se possiamo dir così.
Per fare degli esempi, nel primo caso ricade l'ingenua esperienza dell'Architettura Vernacolare o, in chiusura, il Post Modernismo. Nel secondo appaiono la maggior parte dei tentativi che formarono il dibattito architettonico fino a parte degli anni '90 del secolo scorso e di cui accennerò in relazione ai diversi approcci nella prassi progettuale. Nel terzo caso abbiamo la riduzione a un estremo realismo, rispetto alle forme politiche, economiche e culturali, delle forme linguistiche dell'Architettura Moderna, e questo è universalmente conosciuto come International Style. E chi poteva essere l'inventore dell'International Style (così lo chiamò egli medesimo)? Il nostro uomo della sciagura: Charles-Édouard Jeanneret detto Le Corbusier.
Prendiamo ora in considerazione il secondo gruppo, il più interessante. L'analisi che metteva in luce le mancanze dell'approccio moderno all'architettura e alla città presupponeva poi di trovare, senza lasciare la connotazione dell'insieme, delle nuove regole compositive. I tentativi e le scuole di pensiero sono state molte e nessuna portò a una soluzione canonica del problema, ma tutte diedero il loro contributo.
Nel primo gruppo di cui sopra la tesi era un più o meno diretto rapporto di rifiuto con l'Architettura Moderna, utilizzando la ripresa formale degli stilemi storici (Post Modern) o un ritorno edenico a un'edificazione spontanea secondo il luogo di edificazione nell'architettura vernacolare. Nel terzo gruppo, lo Stile Internazionale prevede edifici uguali in ogni parte del mondo, una standardizzazione della vita e un atteggiamento supino alle esigenze speculative dell'industria edilizia. Naturalmente Le Corbusier (noblesse oblige...) ci arriva attraverso un percorso articolato e fra mille parentesi ma la sostanza dei suoi deliranti piani regolatori o delle unitè d'habitation hanno questo fine. Il resto è quella che viene oggi definita impropriamente architettura. Non fatemi far nomi.
Dunque il secondo gruppo è il più interessante e serio fra i tentativi.
Darò alcuni cenni dei diversi approcci progettuali, tenendo presente che ciò che fa il progetto è la prassi di ogni singolo architetto. Vale a dire che vi è un'evoluzione o involuzione nelle opere e nel tempo di attività di ogni autore.
Uno dei punti più controversi dell'Architettura Moderna e soprattutto direi del Movimento Moderno è lo sganciamento dal sito progettuale e del sito dalla città. Alcune scuole di pensiero, siamo sempre in una fase avanguardistica e stilisticamente eclettica come ho già specificato nei due post precedenti suggeriti, mantengono questo paradigma sulla base della considerazione che il linguaggio dell'Architettura Moderna rappresenta una soluzione di continuità con la storia.
Di questo sottogruppo abbiamo la scuola tipologista, che ha un suo caposaldo in Aldo Rossi, la quale mantiene l'unità con l'esperienza moderna, e la storia in genere, attraverso lo studio delle tipologie architettoniche ma se ne discosta con la prevalenza di questa scelta su ogni altra. Un'altra scuola, forse più feconda e interessante, è lo Hi-Tech che vede nell'uso della tecnica l'elemento di linguaggio che deve conformare il manufatto architettonico. Una via di mezzo fra continuità moderna e 'ritorno al passato' è la scuola che possiamo chiamare neo-percettivista (non in senso pittorico, attenzione) per la quale il rapporto dialogico fra gli edifici si risolve nel loro rapporto di percezione, a tutte le scale. Un po' come dire che il rapporto con il sito non è molto importante ma lo è quello con le emergenze architettoniche della città. O che il nuovo edificio si ponga come emergenza rispetto all'esistente.
Si intuisce che queste tre linee di pensiero sono in forte rischio di scivolamento verso lo stile internazionale o verso il branding dell'archistar.
Un'altra scuola fa invece della collocazione nel sito progettuale la base dell'approccio progettuale. Il rapporto con il sito progettuale avviene attraverso lo studio del tessuto edilizio esistente cercando di armonizzare il nuovo con la regola con cui è venuto su l'esistente, anche facendo prevalere quelle esperienze, se ce ne fossero, che si considerano o più legate alla tradizione locale o di miglior qualità degli esempi presenti.
Un'altra linea poetica, abbastanza rara rispetto alle altre, tenta la risoluzione per mimesi con l'esistente o con la negazione dell'idea di nuovo o addirittura di costruito attraverso il celamento nella natura (in un caso di mimesi molto estremizzato e addirittura negante, ma non privo di senso, anche se portato all'eccesso).
Un caso accostabile a quest'ultimo è il destrutturalismo il quale nega filologicamente la continuità progettuale. Ma questo è un approccio molto arduo che porta ai limiti della disciplina architettonica e a mio parere può valere solo in casi particolari che in ultima analisi rientrano nella mimesi naturalistica.
Basta, non me ne vengono più in mente che non si possano far ricadere nelle categorie precedenti.
L'ultima domanda è con quale linguaggio architettonico sono state tentate queste esperienze?
Direi in genere, a parte nel post-modernismo o in altri deliri comunque collocabili nell'esperienza della reazione anti moderna (Cesar Pelli, Jean Nouvel e compagnia cantante), è stato mantenuto il linguaggio architettonico moderno, tentando di inserire dei nuovi segni, siano essi tecnicistici o di ritorno ai materiali e a qualche citazione di stilema storico. Quindi l'analisi degli edifici così concepiti passa per l'analisi di singole parti del linguaggio in una sorta di neologismo dell'architettura. Senza dubbio ha avuto invece molta più importanza la conformazione volumetrica negli edifici. In un certo senso si può dire che questa è stata la più notevole addizione linguistica di tutte le esperienze citate.

R.P.

RENATUS IN AETERNUM

Posteris memoria mea.