mercoledì 9 dicembre 2015

Dovere civile, etico e patriottico



Ci sono alcune cose che esulano dal mio territorio ma che mi premono come cittadino. Son cose che voglio dire adesso perché mi sentirei un vigliacco a dirle dopo. Sono opinioni che ho percepito subito come intuizioni, ma che avevo sottovalutato, e che solo dopo ho cercato di corroborare informandomi.
Mi riferisco alla situazione politica in cui versa l’Italia e più in generale l’Europa.
Ritengo da tempo che l’Unione Europea, attraverso i suoi organi di governo, come la Commissione Europea o il Gruppo Europeo di Interesse Economico e soprattutto la Banca Centrale Europea, attraverso l’attuazione dei governi nazionali, sia una dittatura di sistema. Con questo termine intendo un governo non democratico che non ha un dittatore classico, come abbiamo conosciuto in passato, ma operi attraverso un’oligarchia di potere sovranazionale. Questa oligarchia realizza i disegni della grande finanza internazionale.
In realtà questo progetto rimonta a periodi precedenti a qualunque ipotesi di unità europea, ma trova in questi ultimi decenni la sua fase più aggressiva e di fatto la realizzazione del piano criminoso di potere assoluto e svuotamento delle prerogative democratiche.
Elementi centrali di questo disegno scientemente antidemocratico e reazionario sono la stessa Unione Europea e l’area di moneta comune, la cosiddetta Eurozona.
Come ho sempre detto, mi ritengo, dal rispetto politico, un anarchico dunque: anticapitalista, antifascista, anticomunista, libertario, liberale, federalista, antistato, anticlericale, naturalista, razionalista, individualista e sociale.
Lascio a un altro momento la specificazione di cosa intendo io con questi termini: ogni anarchico è la propria Chiesa e il proprio partito.
Dichiaro la mia appartenenza politica (se si può chiamare appartenenza poiché uno dei primi principi dell’anarchia è il secessionismo) solo perché il concetto che per il pensiero anarchico l’economia non esiste, ma è solo la politica travestita da economia, è stato uno dei più ostici da capire. Mi chiedevo come si potesse affermare che i rapporti economici non esistessero in quanto tali. In realtà l’anarchia si guarda bene da affermare una cosa del genere. Afferma invece che i rapporti economici sono immediatamente atti politici. E allora tutto comincia a tornare.
Ho capito quanto questo fosse vero dopo aver cercato di comprendere la natura di un evento economico che da subito percepivo come negativo ma di cui non sapevo circoscrivere la natura. Mi riferisco alla moneta comune: l’euro.
Che non fosse una cosa ben fatta (o fatta benissimo: dipende dai punti di vista) s’è capito subito: l’esplosione dei prezzi, la conseguente perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni e dei risparmi, la cosiddetta bolla immobiliare, la crisi economica e anche una certa aria di sfiga che questa moneta si porta dietro. L’avevo sottovalutata ma mai sostenuta, mi sembrava una cosa non necessaria, non in quel momento: prima andavano fatte molte cose sulla via della unità europea (intanto specificare cosa s’intende), solo alla fine si sarebbe potuta ipotizzare una valuta comune. Più di così non andavo.
Lo scopo ora mi appare chiaro. Riducendo il potere d’acquisto si spingevano i consumatori a indebitarsi per mantenere o accrescere il loro sistema di vita. E questi sono stati i primi anni. Al momento in cui le banche hanno chiesto indietro i loro prestiti molti debitori non sono stati in grado di pagare.
Tipico il caso dei mutui. A parte che le uniche cose positive che ho sentito attribuire all’euro dagli euristi, non contando i deliri tipo “ l’euro ha garantito la pace”, sono che i tassi erano bassi ed era comodo andare all’estero senza cambiare valuta (a parte che se vai in Svizzera: un’ora di treno da Milano, devi cambiare e lo stesso se vai in Inghilterra, in Svezia, in Ungheria, in Polonia, a fare il Capodanno in Russia o a vederti un musical a New York o a fare le vacanze a Sharm el Sheik...). Quanta gente ha fatto un mutuo per comprare la casa, in piena bolla immobiliare, e poi non ce l’ha fatta a pagare, tassi bassi sì o no, e per non perdere tutto ha dovuto farsi finanziare da società che allungavano il tempo di debito a trenta-trentacinque anni? E dover lavorare e versare una quota della propria retribuzione per pagare un debito per trentacinque anni non è, di fatto, la reintroduzione della schiavitù?
Se i debitori erano banche di paesi meno sviluppati indotti a un forte indebitamento verso le banche dei paesi più forti lì è esplosa la crisi di debito privato e la guerra dei paesi più potenti per rientrare dai loro crediti, garantiti dall’impossibilità da parte del paese debitore di svalutare e uscire con meno danni dalla situazione d’insolvenza. Da lì è partita la ridda dei fondi salva stato che ha compiuto l’opera di depredazione delle ricchezze dei cittadini.
Va aggiunto che un governo non può più rivolgersi alla Banca Centrale Nazionale per ottenere il denaro necessario al funzionamento dello stato ma è obbligato a rivolgersi alle banche private, per tale ragione è aumentato il debito pubblico che ante euro era diminuito e sostanzialmente gestibile.
Alla crisi di debito privato, cioè grandi gruppi bancari che hanno prestato a banche che hanno prestato ai cittadini e ai governi, si è aggiunto il problema, che ancora oggi è acclamato come il più importante, ma che invece è una conseguenza del debito privato, dell’aumento del debito pubblico. E, stante il vincolo del rapporto fra debito pubblico e Prodotto Interno Lordo che non può superare il 3%, la risposta sono state le politiche di austerità che si sono aggiunte al pesante carico fiscale.
Tutto questo ha innescato una crisi economica, da cui non siamo ancora usciti e non usciremo mai, che ha per scopo l’acquisto a prezzi di fallimento delle migliori imprese italiane e in generale delle ricchezze del paese (risparmi, riserve auree, infrastrutture ecc...)
Non solo, ma la moneta unica ha impedito i riaggiustamenti fra le valute per compensare i surplus e i deficit di esportazioni. L’Italia si è trovata con una moneta troppo forte e non poteva svalutarla per rilanciare le sue esportazioni. Altri paesi, come la Germania, si sono trovati nella situazione opposta con grande beneficio per le loro esportazioni. Per la verità, secondo i famigerati trattati europei, un paese non potrebbe stare in surplus sparato delle esportazioni, per il principio della solidarietà europea (risata generale), ma naturalmente la Germania se ne sbatte le balle al dritto e al rovescio. E nessuno dice niente.
Questo a grandissime linee quello che succede e spero di non aver detto troppe fesserie. Il succo comunque è questo  anche se non sono in grado di descriverlo in modo tecnicamente migliore.
Dopo son successe cose che mai mi sarei aspettato da Paesi democratici e che potevo comprendere subito nella loro pericolosità politica.
Il campanello d’allarme suonò quando l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, fu sollevato dall’incarico dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e sostituito da un Presidente del Consiglio non eletto da nessuno: Mario Monti. Poi si seppe di pressioni da parte di Berlino (o Francoforte) affinché si sollevasse con metodo non democratico il Presidente del Consiglio in carica per sostituirlo con un cosiddetto ‘tecnico’ di nomina ‘europea’. Una cosa che se non è un colpo di stato ci assomiglia parecchio. Ricorderete che Napolitano, per pararsi, la sera prima nominò, con procedura super rapida, Monti senatore a vita, giusto perché non si dicesse che al governo andava uno non eletto e nemmeno in politica. Non hanno nemmeno vergogna del ridicolo.
Ora, Berlusconi non l’ho mai votato e antropologicamente è agli antipodi di quello che sono. Ma non lo demonizzo, per esempio mi fa meno schifo della cosiddetta sinistra eurista. Ma non ho mai votato nemmeno la sinistra, figuriamoci. Diciamo che ho praticato l’astensionismo anarchico contro il partito unico.
Frattanto la crisi finanziaria, la decrescita, l’austerità, la disoccupazione programmata, l’avvitamento nella deflazione e tutto quello al quale stiamo assistendo. Più la Grecia e poi la crisi degli emigranti, la Polonia, il Portogallo, l’Ungheria. E da pochi giorni la Francia e fra poco la Finlandia. E in Italia gli altri due presidenti del consiglio non eletti da nessuno: Letta e Renzi (gli unici contenti sono i fiorentini che se lo sono levato dai coglioni come sindaco). E alla BCE un signore che dà e toglie soldi a suo piacimento e non è stato eletto da nessuno e non risponde a nessuno stato o governo, ma ai suoi padroni.
Non voglio fare il compendio delle vicende antidemocratiche degli ultimi decenni della storia del mio continente e del mio Paese. Come per le vicende economiche, altri possono farlo molto meglio di me.
Sembra chiaro che ormai questo sistema è all’occaso. Quando succederà non sarà mai troppo presto. Come succederà, ahimè, non è facile saperlo, ma non sarà facile, speriamo non sia troppo atroce.
Dunque, alcuni punti che voglio dire prima e non dopo. Come mera testimonianza intellettuale, se ne sono in grado, o almeno civile.

L’euro (volutamente minuscolo) è una moneta disfunzionale e criminale politicamente. Ha lo scopo di mettere in mano alla grande finanza privata i governi degli stati privandoli della loro sovranità economica e politica. Per fare questo sono stati firmati (e messi in Costituzione dall’Italia, peraltro in modo illegittimo e senza che ce ne fosse richiesta, ma noi  dobbiamo sempre essere più realisti del re) i trattati sul funzionamento dell’Unione Europea: Maastricht e Lisbona, e Schengen ecc... Con questi trattati si sancisce la preminenza delle direttive europee sulle leggi e financo sulle Costituzioni nazionali.

Questa affermazione è una menzogna.

Nessun trattato internazionale, come è stato affermato dalla Corte Costituzionale Italiana, che ogni vent’anni si sveglia, è preminente sulla legge fondamentale della Repubblica Italiana cioè la Costituzione Repubblicana del 1948.
L’euro (che sia una moneta farlocca è dimostrato anche dal fatto che è stato scelto un nome che si pronuncia in modo diverso in ogni paese) eliminando l’aggiustamento del cambio fra le varie monete, scarica il costo della cosiddetta produttività (che se non sbaglio è il prodotto di beni industriali o servizi pro capite, cioè per lavoratore, o qualcosa del genere ma non chiedetemi di essere troppo preciso e tecnico), che in questo sistema deve sempre aumentare, sull’altra variabile in gioco, ossia sulla retribuzione del lavoro. Lo scopo politico è dunque l’abbattimento del costo della mano d’opera. Ciò si ottiene attraverso la delocalizzazione, la programmazione di una quota di disoccupazione che renda ‘a buon mercato’ la retribuzione del lavoro e la creazione di un ‘esercito industriale di riserva’ attraverso l’ingente afflusso di emigranti da Paesi in cui il costo del lavoro è infinitamente più basso. Questi cosiddetti ‘migranti’ sono accolti con motivazioni umanitarie, pelosissime, che io chiamo da sempre: il ricatto della pietà. Sono chiamati o respinti in base alle esigenze di forza lavoro necessaria a un paese per controllare i lavoratori interni o supplire alla bassa produttività oppure per accrescere i propri profitti illimitatamente o ovviare al mancato miglioramento tecnico. È una vera e propria tratta di schiavi. Questi schiavi sono messi in concorrenza con i lavoratori interni perché accettino una retribuzione inferiore o condizioni sindacali peggiori.
Continuate a credere che siano poveri disperati che fuggono dalla fame, pagando migliaia di euro per essere traghettati in Europa fra l’altro, e cominciate a vederli per quello che sono: strumenti, alcuni coscienti altri vittime, di un preciso calcolo economico, che ci metterà gli uni contro gli altri. Quello che mi fa ridere sono le preoccupazioni di chi pensa che gli italiani possano essere poco accoglienti o peggio che si comportino da razzisti. Anime belle! Le prime violenze sugli stranieri saranno fra gruppi di stranieri diversi: sudamericani cattolici contro mediorientali e africani musulmani, slavi contro filippini ecc... chi sarà arrivato prima respingerà gli ultimi arrivati, e o farà con la violenza di chi proviene da paesi dove la vita è dura e la legalità stentata. E gli italiani saranno tutti disoccupati o emigrati in Germania o negli USA.
La famosa frase “ gli stranieri fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare ” è una sonora idiozia, a meno di aggiungere: “ non vogliono più farli rinunciando a metà del reddito e con le tutele che i loro padri avevano per fare lo stesso lavoro ” cosa che invece gli stranieri fanno: ci sono per questo.

Le norme costituzionali che sanciscono il pareggio di bilancio, che ha come scopo l’indebitamento degli stati verso soggetti privati, le grandi banche, implicano una quota programmata di disoccupazione che contrasta col principio costituzionale italiano del diritto al lavoro e a una consona retribuzione. E questo principio è uno fra quelli definiti non emendabili dalle riforme costituzionali se non in senso migliorativo.

L’euro è dunque incostituzionale.   

Lascio a chi capisce di economia, quanto l’austerità sia, in un regime di deflazione, come dicono a Venezia ‘pezo el tacon che ‘l buso’ (peggio il rattoppo del buco: il rimedio peggio che il male) la cosa che assolutamente non si deve fare.
Conseguono le politiche di tagli verso il sistema sociale: scuola, sanità, pensioni, cultura, infrastrutture per renderli, in virtù della loro indispensabilità, appetibili dal mercato privato. E chi non ha abbastanza soldi sono cazzi suoi.

Concludo con alcuni passi che devono essere fatti per forza, per uscire da questo incubo della moneta unica. E non saprei dire se l’incubo è più la moneta o chi ancora non capisce quanto sia esiziale per tutto quello che abbiamo conosciuto in anni migliori.
Forse i giovani stanno capendo che l’euro e questa UE gli stanno fottendo la vita e il futuro, io ho capito che tutto quello che mi è andato male nella vita (quasi ogni cosa), così come tutti i problemi della mia generazione e delle successive, non dipendeva da me, dalla mia insipienza, ma era un disegno scientemente voluto.

Dunque i punti:

Primo punto: uscire dalla moneta unica, in modo concordato (ma praticamente è quasi impossibile) oppure unilaterale. Si può fare, non sarà semplice gestirlo, ma si può fare. La balla che dall’euro non si può uscire perché non è prevista nessuna procedura d’uscita è appunto una balla. Che la nuova moneta sarà svalutata all’istante è una balla terroristica (anzi potrebbe persino rivalutarsi o non svalutarsi di quello che servirebbe, per impedirci di essere troppo competitivi nelle esportazioni), che l’inflazione salirà alle stelle non ha nessun fondamento. E una cosa è il valore di una moneta rispetto alle altre e altra cosa il suo potere di acquisto interno.

Secondo punto: uscire ormai anche da questa criminale Unione Europea, ‘un’altra Europa’ non è possibile. L’Europa delle nazioni e della cultura è sempre esistita e sempre esisterà, c’è sempre stata una unione culturale dei popoli europei, ci sono sempre stati scambi durante la millenaria esistenza di questo continente, in più in questi ultimi decenni sono aumentati moltissimo i matrimoni fra persone di nazioni diverse, le collaborazioni di lavoro, gli studenti in trasferta all’estero. E tutto prima dell’euro! Insomma i popoli europei si sono massacrati troppo nella storia per non amarsi oggi.

Terzo punto: riprendersi la sovranità monetaria e politica nazionale. Dotarsi di una nuova moneta nazionale e di una Banca Centrale Italiana. Depurare la Costituzione dagli articoli illegalmente inseriti a seguito dei trattati sulla UE. Oltretutto uscendo dall’euro decadrebbero di fatto anche i trattati, da cui per giornalistica definizione terroristica ‘non si può uscire’, per il semplice fatto che si riferirebbero a un dato non più esistente. Per la verità l’unico fine economico esplicitato dai trattati è la stabilità dei prezzi, nient’altro...

Quarto punto: annullare la decisione del cosiddetto ‘divorzio’ fra la Banca Centrale Italiana e il Ministero del Tesoro. Dovuta a Beniamino Andreatta: che Satana l’abbia in gloria. La Banca d’Italia deve poter emettere la sua moneta su indicazione del Governo che deve poter riprendere a spendere in deficit, unico modo d’uscire dalla crisi e rilanciare l’economia.

Quinto punto: ripristinare la separazione fra banche di risparmio e credito e banche d’affari. Se uno vuol rovinarsi con le speculazioni internazionali lo faccia, ma non ci vadano di mezzo i risparmiatori e la possibilità dell’accesso al credito delle imprese.

Sesto punto: porre dei limiti allo strapotere dei mercati. La fiducia cieca nell’autoregolamentazione del mercato è una forma di latria inspiegabile. La libertà d’impresa può benissimo conciliarsi con regole che impediscano una finanziarizzazione dell’economia e favoriscano un legame più saldo del mercato con l’economia reale.

Queste mi sembrano le cose urgenti e indispensabili da fare. Uscire semplicemente dall’eurozona senza gli altri punti non servirebbe a niente.
Consideriamo che questa crisi economica è la peggiore dell’Italia da quando esiste come stato unitario, escludendo la seconda guerra mondiale nella quale vanno contate però, fra le perdite di PIL, le distruzioni belliche che ancora non si sono verificate a oggi. Non ne usciremo mai a meno di una catastrofe, leggi guerra o fallimento generale del sistema.
Le decisioni economiche imposte perché ‘ce lo chiede l’Europa’ nascondono, si fa per dire, un disegno politico reazionario di portata storica che mira alla distruzione del continente e alla sostituzione degli autoctoni con masse di disperati provenienti in massima parte dall’Africa e dal Medio Oriente da schiavizzare.

È un altro discorso ma, fra l’altro, ho i miei dubbi che la cultura arabo-islamica sia compatibile, in senso assoluto, con la nostra cultura. Perciò: o noi o loro. Non mi riferisco ai singoli individui, ché per giudicare una persona occorre conoscerla, ma al lavaggio del cervello che la religione islamica e la cultura tribale araba hanno fatto sui popoli che io chiamo ‘arabizzati’, popoli che avevano una loro cultura propria e indipendente, spesso molto avanzata, che è stata azzerata durante i secoli dal dogma arabo-islamico.
A proposito, si narra che il conquistatore di Alessandria d’Egitto abbia chiesto al suo capo cosa ne dovesse fare del milione di libri conservati nella biblioteca della città. La risposta fu che se i libri contenevano delle falsità andavano bruciati perché contrari alla rivelazione del Corano, se invece contenevano delle verità andavano bruciati comunque, perché la verità è contenuta nel miglior modo possibile nella rivelazione coranica e dunque quei libri erano inutili.
Dite che anche noi abbiamo fatto così? Certo, ma abbiamo smesso da secoli, e da secoli lodiamo il contrario: loro lo fanno ancora e sono convinti che sia giusto. Guardate però che in molti casi quando un musulmano difende le sue tradizioni oscurantiste lo fa per paura della ritorsione che potrebbe avere dalla sua comunità. Loro sono le prime vittime di sé stessi.
Possiamo andare d’accordo con una cultura simile? Possiamo andare d’accordo con un’Europa come quella attuale?
Tenendo presente che se cambia la seconda probabilmente cambia anche la prima?

Vi esorto a informarvi sulla situazione economica e politica in cui duriamo. C’è un modo molto semplice: leggete i giornali di regime (la Repubblica [niente paura: ho l’esorcista], il Corriere, la Stampa, il Sola 24ore ecc...) e ribaltate tutto: sono la fabbrica delle balle. Oppure andate su internet e cercate i professori: Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Vladimiro Giacchè, Antonio M. Rinaldi, Nino Galloni, Luciano Barra Caracciolo e altri correlati a loro. Cercate i loro blog (Goofynomics, Quarantotto, Scenari economici) o i loro siti o articoli in rete (non mi chiedete i link attivi che mi salta l’impaginazione per delle minchiate e poi non so come fare...). Ci sono molti video su Youtube, fra l’altro sono tutte persone che è anche piacevole ascoltare e sono molto chiari. Non vi fidate? Cominciate da un giornalista vero: Marcello Foa (altri giornalisti non me ne vengono in mente... chissà perché, ma ce ne saranno). È tutta gente di varie connotazioni politiche, da destra a sinistra, uniti dall’aver compreso il disastro dell’euro (e quello che comporta), che ha capito e che aiuta chi non è del mestiere a capire. Queste persone intellettualmente oneste seguo da qualche anno e approfitto di questo post confuso per ringraziarli. Non mi sono mai appalesato nei loro blog per non sparare minchiate economiche, ma ormai è tempo di uscire allo scoperto almeno per senso civico. D’altra parte io, in effetti, non ho più nulla da perdere.
Oppure trovate i vostri preferiti: devono solo dire che l’euro è il problema, punto. Senza  aggiungere i: sì ma, il problema è un altro, l’euro è solo una moneta, più Europa, un’altra Europa è possibile, il problema è se uscire da destra o da sinistra, in retromarcia o con le luci di posizione accese ecc.... Se non dicono queste cose probabilmente diranno la verità. C’è il blog di Messora, Livia Undiemi, Magdi Allam. Insomma vedete voi, ma informatevi e rigettate tutto il putridume dell’informazione di regime, quelle mezze seghe di giornalisti col culo al caldo. O i grandi vecchi malefici che odiano l’Italia: Eugenio Scalfari tanto per non fare nomi. Non seguite i soliti leccaculo del potere, che spacciano vergognosamente bugie da decenni: sono tutti quelli delle trasmissioni televisive e dei giornali filo euristi. Mandateli a cagare.
Non vi fidate ancora? Leggetevi (se siete proprio all’ultima spiaggia) l’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI e confrontatela con i buonasera e buon pranzo del papa attuale. Così capirete perché Benedetto XVI, che era teologicamente un falco mica una pasta d’uomo, ha dovuto dimettersi. Altro che complotti massonici e influenza dei Rettiliani.
Adesso gli anarchici mi verranno a dire che il problema vero è la lotta al capitalismo, alla ragion di stato (il vero anti-stato dell’anarchia secondo me), al partito unico, alla fallacia della democrazia ecc... Tutto vero, ma amici o compagni anarchici: qua stiamo. Guardate se state dalla parte dei princìpi anarchici o vi siete azzerbinati al catto-fascio-comunismo eurista imperante del partito unico, sempre in nome della lotta al Potere, ovviamente, eccheccazzo!
Questo era un post eccezionale (nel senso che fa eccezione) sia per i temi che affronto da semplice cittadino e con tutti i miei limiti, sia perché ho derogato dalla ultima affermazione che avrei parlato in tono impersonale, ma qui sono cazzi, amici cari. Dopo di che, e in ogni senso: io speriamo che me la cavo...

E ora si riprende a parlare di poesia e di arte.

venerdì 13 novembre 2015

Simboli e allegorie


Vorrei precisare su un argomento che a mio avviso è spesso fonte di malintesi e di interpretazioni sulla semantica della poesia: la differenza fra simbolo e allegoria e immagine. O, per essere ancora più precisi, sull’uso cosciente che si fa in poesia di queste  categorie di segni. Il tutto sempre nell’ottica di uscire dalla poesia come sfogo dell’acne giovanile, nel tentativo di giungere a una poesia puramente, o principalmente, estetica. Tentativo che, con tutta la mia limitatezza, cerco di perseguire. Una poesia, intendo, libera da alcuni paradigmi di nobiltà culturale, ma anche un po’ da paraculi, cito a caso: i monumenti romani,  “ l’urne de’ forti ”, la lotta partigiana, il ‘ sociale ’, la denuncia, il linguaggio giovanile... insomma avete capito.
Ho già detto che la mia fonte di ispirazione, anche il primo motore della voglia di far versi, è un’immagine, e non starò a rifarvi tutto il discorso. A volte ci sono dei riferimenti a qualcosa che potrebbe essere chiamato un simbolo. Spesso, credo, si fa un uso troppo disinvolto o generico di questa parola. Per esempio, non so perché, la poesia di Marina Cvetaeva è stata catalogata come simbolista.
A proposito: siete dei cattivelli. Potevate darci una scorsa, povera Marina...

Simbolo è una parola di origine greca che significa ‘ messo insieme ’, ‘ associato ’ e indicava la metà di un sigillo di possesso comune con altri. Da qui il significato di una parte che rappresenta il tutto, un tutto che appunto non è qui ma da un’altra parte, perciò il simbolo rimanda a qualcos’altro.
Sembrerebbe che qualsiasi immagine evocativa, se rispetta questa condizione, possa essere un simbolo.
Ma è vero?
Ho una certa conoscenza di simboli esoterici e ognuno di essi rimanda a una o più qualità, cioè a un insieme più vasto. Ma allora ogni cosa che mi fa pensare a qualcos’altro da sé stessa è un simbolo? Forse in senso lato, ma appunto si rischia di fare un po’ di confusione.
Il problema è che i simboli, nel corso della storia sono certi e invarianti.
Faccio un esempio di simboli invarianti e uno di un simbolo che petrolinianamente “ ha variato ”.

Lo dico per i non italiani, se ve ne sono in lettura. Ettore Petrolini fu un comico molto bravo e famoso fra le due guerre e diceva, alludendo al regime fascista, “ Il mondo è bello perché ha variato... ” e credo intendesse non solo il gioco di parole fra la locuzione popolare ‘ il mondo è bello perché è variato ’ ma anche al suono di ‘ avariato ’.
Del resto, pare certo che mentre Petrolini aveva difficoltà con la censura del regime, soprattutto per la sua parodia di Nerone (che arriva in bicicletta, coi ‘coretti’ greci della corte venuti “ tecnicamente proprio bene ” e il mitico pezzo del discorso di Nerone dal balcone alla folla: Nerone (parlando di Roma): “Tornerà più bella e più forte che pria!”; Folla: “Bravo!”; Nerone: “Grazie!”, e che nell’accelerazione parossistica della folla acclamante finiva in: Nerone: “Grazie!”; Folla: “Bravo!”) pare certo, dicevo, che fra i suoi estimatori ci fosse proprio Benito Mussolini, che arrivava in teatro in incognito, con la bombetta (che non portavano più nemmeno Stanlio e Ollio) a ‘ simboleggiare ’ (forse...) che la perfida Albione non era poi così perfida e a occhieggiare al suo amico Churchill. Ma lasciamo correre. Cosa volete che sia rimasto oggi di quella storia nella meravigliosa Unione Europea che ci affratella tutti?! Dal Portogallo alla Grecia, dalla Polonia all’Ucraina. Che ci fa amare sempre più la Germania (a proposito: rispetto a qualche post fa anche ai finlandesi hanno cominciato a dire ‘ fate skifen ’).
Per inciso: sto usando molto le parentesi perché Umberto Eco dice che non bisogna usarle.

Torniamo ai simboli invarianti. Nelle raffigurazioni delle divinità hindu vedete spesso quattro o sei o più braccia che tengono un oggetto. Ognuno di quegli oggetti simboleggia una qualità della divinità. Sempre a caso: il cappio è il potere di legare alla materia, il pungolo la spinta a liberarsene, la fiaccola è simbolo lunare, le mudra (gesti delle mani e delle dita) hanno ognuna il loro significato (benedizione, scaccia paura, meditazione ecc...), la lingua di fuori è segno di purezza ecc... in più le armi sono specifiche per ogni divinità, così gli animali (in sanscrito vahana: veicoli, con cui la divinità arriva e si manifesta). Questi simboli hanno sempre il loro significato e sono sempre quelli. Servono anche a riconoscere di quale divinità si tratti. Certo, a volte un simbolo può apparire nelle mani di una divinità al posto o in aggiunta dei soliti. Per esempio la Devi Parvati o Ganesha possono reggere il tridente, ma non vuol dire che il tridente lì abbia un altro significato rispetto a quello di Shiva. Indica semplicemente l’affinità fra queste divinità. Il significato è invariante e appunto il simbolo è invariante.

Lakshmi, Durga, Sarasvati

Voglio dire che nella storia i simboli sono sempre gli stessi, sono ben precisi, e non sono suscettibili di esprimere un significato diverso da quello per il quale sono stati selezionati.
Quasi sempre... Ci sono casi nei quali il significato è stato stravolto o, almeno, è stato occultato sotto un altro nuovo e imposto.
Vi dice niente questo simbolo?


La croce è uno dei simboli più arcaici nella storia dell’umanità. Per diversi millenni ha avuto molti significati (e li ha tuttora): centramento rispetto a forze opposte, misurazione dello spazio attraverso i punti cardinali (e i loro significati), simbolo solare (come centro),
equilibrio fra movimento orizzontale e verticale, Cielo e Terra ecc...
Come tutti sapete, da un paio di millenni ha anche altri significati (in realtà meno perché i primi secoli non era un simbolo usato nel Cristianesimo o molto poco).
Anche in questi casi però il significato tende, anche se non in maniera così assoluta come per i simboli esoterici, a stabilizzarsi. Per quanto la croce diventi il crocifisso solo fra XIII e XIV secolo, ovviamente dopo il de cuius.

Adesso evoco un’immagine: un lago chiuso fra montagne. Possiamo chiederci: che forma ha il lago? Come sono le montagne? É uno dei laghi morenici del Nord, giustamente famosi e decantati per la loro bellezza, o è un lago vulcanico, come il mio splendido e amato Lago di Nemi?

Vicino a Novara, Milano, Bergamo e Verona i primi e a Roma il secondo, lo dico per i non italiani naturalmente. Anzi colgo l’occasione per informarvi che fonti istituzionali ormai non ci chiamano più italiani ma siamo ufficialmente definiti gli ‘ autoctoni ’.

E provate chiedere ai vostri amici che effetto gli fa stare sulle rive di un lago. Si passa da rilassamento, pace, serena riflessione a cupezza, tristezza, incubo, fobia... Provate.
E che tempo immaginate ci sia sul lago? Sole? Nebbia? Pioggia? E che effetto fa la pioggia sul lago? Dolcezza, languidezza, senso di appartenenza alla natura? O depressione, freddo, umidità, spinta al suicidio?

Allora se io guardo la raffigurazione simbolica di una stella





so che i significati a essa collegati sono molti, ma certi: una luce nel buio, la luce interiore, la conoscenza essoterica e esoterica, la divinità interiore, il corpo umano, il pianeta Venere ecc... Persino chi vuole attribuire ai significati propri del simbolo una sua interpretazione non si sogna di mutarli. Dei luciferisti, per fare un esempio noto a tutti, avranno un loro concetto di conoscenza diverso da quello cristiano, ma attribuiranno sempre alla stella i medesimi contenuti, magari girandola o capovolgendola, ma il significato non può mutare.

Un’altra delle mie inutili passioni è l’arte araldica. Anche lì la stella ha gli stessi sensi, in più è distintivo di parte imperiale o ghibellina. Purtroppo c’è ancora chi fa deprecabili confusioni fra pentalfa, stella a cinque punte e nodo di Salomone o pentacolo, ma ne parleremo in un’altra occasione, forse.
Così la formula chimica, che ognuno conosce, H2O indica idrogeno e ossigeno e non qualunque parola che inizi con h od o.
Proprio l’araldica mi permette di fare il passo successivo. Sapete che lo sfondo dello scudo si chiama campo e quello che ci sta sopra prende il nome di pezze (le forme geometriche; per semplificare) o figure (le immagini oggettive). Le divisioni del campo si chiamano partizioni e le pezze più antiche e importanti si dicono onorevoli, ma lasciamo stare ché non c’è tempo e non c’entra col discorso che vo facendo.


Un’aquila è, va da sé, un animale che indica la parte imperiale, soprattutto se di smalti naturali: argento, nero, oro, rosso. Se trovate un’aquila verde su campo oro per esempio significa che il possessore dell’arma (volgarmente detto lo stemma) ha invertito gli smalti fra campo e figura per indicare il passaggio dalla parte ghibellina a quella guelfa.
Dunque l’aquila significa comando, autorità, potere, giurisdizione ecc... Un leone: forza, valore guerriero, vittoria ecc... Un cane: fedeltà, guardia e così via. Possiamo quindi dire che questi tre animali sono il simbolo di tutte quelle qualità? Direi di no.
L’aquila è un simbolo solare, da qui diventa sinonimo di imperio e primazia, ma l’aquila non è simbolo di comando o giurisdizione, qualità che gli derivano dal significato simbolico e non di per sé.
Un leone è di sicuro forte, ma allora, allo stesso modo, dovremmo dire che è anche simbolo di folta capigliatura.
Un cane è fedele, ma anche no... può essere rabbioso, i branchi di cani rinselvatichiti sono pericolosissimi. Allora dovremmo dire, allo stesso modo, che il cane è simbolo di pericolo? Il cane è ‘ il miglior amico dell’uomo ’ allora è simbolo di amicizia? No perché è amico dell’uomo, in realtà del suo padrone, ma come può esserlo un cane. L’amicizia umana è altra cosa.

Però si usa di continuo di paragonare qualcosa a un oggetto o a una pianta o animale. È forte come una quercia, si dice, ma la quercia è noto simbolo di Zeus, è questo il suo significato invariante nella storia. Del resto un larice è meno forte di una quercia? Veloce come un fulmine, ma anche il fulmine è simbolo di Zeus e Zeus non è conosciuto fra gli Dei per la sua velocità.
Cosa sono allora questi usi, che hanno un certo valore evocativo ma non sono propriamente e letteralmente dei simboli? Sono allegorie.
Si dice che un cane esprime fedeltà perché si rimanda a una serie di circostanze in cui un certo cane ha mostrato questa qualità e la cosa è nota quanto basta perché chi la legge o la sente la conosca e faccia la relazione fra il cane e la fedeltà. Del resto si parla dei cani anche in termini molto negativi, con lo stesso ragionamento. Oppure si usa il cane per richiamare alla mente qualcosa senza citarla espressamente, per esempio un nemico tenace come il morso di un cane. Quest’ultima è la originaria definizione di allegoria, la prima ne è un’estensione.
Se quello che ho detto è vero, almeno nella sua sostanza, ben poca poesia si potrà definire simbolica. La si potrebbe definire allegorica, metaforica, metonimica o come io la chiamo evocativa, visivamente e emotivamente o sentimentalmente, o poesia dinamica perché mette in atto un processo attivo nella scrittura (quest’ultima definizione è un po’ troppo futurista, vero...?). Come al solito, mi tiro fuori subito dalle classificazioni di tipo logico e ancora di più letterario: i filosofi ne sanno di sicuro più di me.
Quello che mi premeva dire è che il termine poesia simbolica o simbolismo è, se non errato, quanto meno fuorviante. E in generale nell’arte.
Simbolo non è una paroletta: tutta la storia lo dimostra. Sui simboli sono costruite le religioni, le forme di conoscenza, iniziatica e scientifica, le appartenenze politiche e le forme sociali. Naturalmente si può ammettere l’uso discorsivo della parola simbolo o del verbo simboleggiare (simbolizzare si riferisce solo ai simboli matematico-scientifici), ma consiglio più riflessione quando si cataloga qualcosa o se ne parla nello specifico.
Se in una poesia accosto il Fuoco con la conoscenza sto usando un simbolo. Se dico che le nuvole velano la luna o il colore delle foglie in autunno mi richiama la forza vegetativa sopita e trasmutata, sto usando delle immagini evocative o delle allegorie (e non mi autocito per fare l’esempio, ma state attenti che potrei farlo...).
Chiudo con un esempio: i famosi ‘ orologi molli ’ di Salvador Dalì. Sono un simbolo del tempo, come si sente dire? Ma no: l’orologio è lo strumento di misurazione del tempo (crono-metro), sarebbe come dire che il bullone è simbolo della chiave inglese (che al massimo è una metonimia). L’orologio molle di Dalì è un’allegoria del concetto di relatività spazio-temporale, è un immagine evocativa del venir meno della sicurezza della nozione di tempo che è trasmessa da un orologio: il tempo comune (non in senso musicale): lineare dal passato al futuro, vetero-scientista. È come se dicessi in poesia: “ l’orologio si scioglie nell’attesa di un tempo che non passa mai (o non viene mai, che forse è più bello) ”.
Dice: ma allora Salvador Dalì non aveva tutta ‘sta gran fantasia! Forse, però sapeva dipingere, che non è affatto poco per un pittore.




Gli ' orologi molli ' di Salvador Dalì