giovedì 20 maggio 2021

Il mito reazionario

La circostanza che l'attuale sistema di potere, il quale ha messo al centro del paradigma sociale e culturale, e dunque politico (o meglio antipolitico) l'economia basata sul capitalismo iperfinanziarizzato o neoliberismo, abbia adottato alcuni slogan desunti dalla contestazione sociale che ha occupato i decenni degli anni '60 e '70, non ci deve per reazione far negare di per sé quelle rivendicazioni come se esse fossero la causa dello scivolamento e dell'arretramento sociale e politico dei nostri disgraziatissimi anni.

Alcuni portati, per esempio quelli ecologici, sono in effetti serviti come strumento per la modifica economica: essi, spacciati come amore per la natura, hanno posto e pongono il tema della finitezza delle risorse introducendo il concetto di austerità, con tutti i danni che essa ha provocato, ma altri sono per lo più stati merce di scambio biecamente elettorale per sostituire un'ideologia o almeno una visione del mondo che la politica non aveva più.

Non dobbiamo dunque cadere nell'errore di tornare ai vecchi costumi come fossero sani e risananti dei guai odierni.

Negare temi fondamentali della storia contemporanea come il divorzio o l'aborto, la critica alla famiglia nel suo dipanarsi storico, il libero amore, la critica allo stato come 'ragion di stato', alle religioni come strumento di controllo e simili argomenti non sarebbe salvifico di una situazione sciagurata, ma otterrebbe il fine reazionario contro il quale sono stati formulati.

Che potessero essere formulati meglio è un altro discorso. In una parola, quella ricerca di un nuovo modo di vivere è stata fraintesa come il potere di disporre di tutto a piacimento senza analizzarne i valori e i problemi della loro accettazione, questo è fuori di dubbio ma è questo il loro unico peccato originale e rimangono ancora saldi paradigmi di un pensiero libero.

 R.P.

posteris memoria mea

Renatus in aeternum