domenica 16 maggio 2021

Principia architectonica IV

Ritorniamo a quando dissi degli edifici di pianta tonda, torri o tombe o qualsiasi altro. A un certo punto, risolvendo il problema della copertura, notarono che al posto delle travi si potevano appoggiare delle pietre piatte sul muro circolare, avendo l'accortezza che fossero appoggiate per almeno 2/3 della loro lunghezza. Queste facevano una corona di pietre che, in virtù del fatto che il baricentro cadeva nel cosiddetto terzo medio (dividendo la lunghezza in tre è quello centrale), si sosteneva da sola. Sopra poggiarono una corona con lo stesso criterio ed essa si sosteneva da sola appoggiando su quella sotto, che naturalmente era più grande. Così via fino a raggiungere il centro e chiuderlo con una sola pietra. Il tetto era fatto e il volume interno risultava terminare con un cono risegato, una specie di cupola seghettata. Oggi si chiamano copertura a tholos che è il nome miceneo di questo tipo di edifici.


Dopo un po' si accorsero che anche i mattoni potevano produrre lo stesso effetto inclinandoli progressivamente in modo che alla base (imposta) fossero verticali e al centro (chiave) finissero orizzontali. Cosa succedeva? Capitava che lo sforzo in cima, che è verticale (il peso agisce secondo la forza di gravità), si distribuisse fra un mattone e l'altro passando sempre dentro il terzo medio in modo da arrivare verticale, e entro il terzo medio, sui ritti (mura e poi pilastri).

I mattoni erano connessi fra loro da malta di calce e dunque non solo la struttura era molto più stabile che nella tholos, ma si poteva modellarla a forma di semi cilindro (volta a botte) e poi in forma di semisfera (cupola).

Questo sistema archivoltato fu notato dapprima negli archi in pietra, che conformano una porta che diventa più alta e larga, e poi esteso utilizzando i mattoni perché voltare in pietra è molto difficile se non impossibile (alla fine si dovrebbero usare dei mattoni di pietra e il cane si morderebbe la coda).

Questo arricchiva lo spazio interno che perdeva il volume della capanna e lo sostituiva con quello delle due figure geometriche suddette. Quindi ad esempio aumentava il volume e l'aria contenuta dando un senso di maestosità e serenità. Ma non solo, la luce fra i ritti poteva aumentare senza dover far ricorso a grandi capriate o enormi travi di legno. E poi una volta a botte ha una dimensione obbligata, la larghezza, e una potenzialmente infinita, la lunghezza. Una cupola invece segna a piombo dalla chiave un punto centrale. Tutte cose insomma che ampliano il lessico espressivo dell'architettura sia a livello formale sia a livello poetico.

 


 
Naturalmente l'archivolto o sistema archivoltato non andò a sostituire l'architrave proprio per il senso profondo che questo sistema riveste nell'architettura, di cui si potrebbe dire ne è la quintessenza.

Esistono più tipi di volte: oltre la botte e la cupola ci sono le volte a crociera, a creste e vele, le volte ribassate e in seguito quelle a base non circolare ma ellittica, ma il senso non cambia se non a livello di linguaggio architettonico, che non abbiamo ancora affrontato in questi post sui principia dell'architettura, ma che potete trovare estesamente trattati nei post sull'architettura di questo blog.

Potete anche lasciare un appunto per i vostri discendenti perché io scrivo, lo sapete, per i posteri. Il mondo di oggi è troppo miserando.

Le volte possono essere visibili all'esterno (le cupole) o possono essere visibili solo dall'interno e avere sopra una copertura architravata, cioè i due sistemi possono essere usati contemporaneamente. Nei casi delle volte è anzi praticamente sempre così. Nell'architettura greca classica invece per scopi di puro significato non si è mai usato il sistema archivoltato.

A questa evenienza si deve la regola che non si volta sulla colonna. Lo si farà in seguito con un accorgimento linguistico di cui ho già parlato, ma non voglio addentrarmi in situazioni specifiche ma dare le basi per una corretta interpretazione dell'architettura. Intendo dire che le cose scritte in questi post sono da tenere in mente sempre, ogniqualvolta dobbiamo leggere un'architettura. Se non le abbiamo presenti rischiamo di perderci in giri inutili e non saremo mai consapevoli di quello che abbiamo di fronte o che stiamo progettando. È inutile preoccuparsi di moduli, proporzioni, elementi di linguaggio, innovazioni, barbarismi o negazioni se non sappiamo da dove provengono e se non siamo consapevoli del loro significato invariante nell'architettura. Invariante nella storia dell'architettura voglio dire.

Un'architettura è un'architettura se sta dentro gli elementi invarianti della storia dell'architettura e noi possiamo renderci conto di questo, quale che sia la forma o il materiale usato e il periodo temporale, solo se ne conosciamo il senso primo dal punto di vista formale, estetico, espressivo e costruttivo. Nessuna di queste voci può mancare.

Qualcuno può aver notato che non ho messo nelle voci indispensabili la funzione. L'ho fatto poiché questa non è invariante nell'architettura. Alcune sì come l'abitare, o il muoversi o il sostare ma altre no. Per esempio le terme o il teatro o il museo non hanno una presenza continua nell'architettura: a volte ci sono in altri periodi no.

Passiamo come abbiamo fatto nel post precedente a vedere come è stato realizzato nei sistemi costruttivi il sistema archivoltato.

Pietra: ritti costituiti da muri e pilastri e volte a tholos o archi. Il caso della colonna è già stato detto e rimando di nuovo agli altri post. I Greci (periodo classico) evidentemente trovavano aberrante costruire muri di pietra e voltare coi mattoni, di conseguenza non usarono mai l'archivolto. E se non lo facevano nel tempio, non lo facevano nemmeno in altri edifici. Usarono la tholos anche in periodo classico però.

Legno: non esiste l'archivolto in legno se non in qualche architettura primordiale (perché non avevano altro, ma dobbiamo intendere uso di legno già curvo in natura e non una modellazione volontariamente architettonica) e con strutture di legno moderne (lamellare) ma è meglio non parlarne qui dal rispetto formale perché il discorso confluisce con quello che sta arrivando del calcestruzzo.

A titolo di curiosità cito un caso primordiale di volta naturale. In India cresce un albero sacro: il ficus religiosa, in sanscrito asvattha, che appartiene alla famiglia dei ficus ma raggiunge un'altezza e soprattutto una larghezza colossale perché i rami dei ficus crescono in lunghezza senza limite fino a quando si piegano e entrano nel terreno dove radicano, come una margotta naturale. Il ficus religiosa forma con i rami penduli dei tronchi, suddividendo lo spazio sotto le fronde, delle vere e proprie camere dove gli uomini si ritirano per riti vari.

Nell'arredamento, che è pur sempre una parte dell'architettura, si possono trovare sistemi archivoltati in legno.

Laterizio: si è già detto. Il mattone è il materiale di elezione per le volte e gli archi, sia quelli visibili sia quelli che stanno con funzione di rinforzo strutturale nella massa muraria. A volte degli archetti ribassati sostituiscono la piattabanda. Se una finestra ha un arco a tutto sesto (semicerchio) si dice finestra ad arco. I ritti saranno muri, pilastri e colonne (ma ricordate che non è normale voltare sulla colonna...). Esco dall'ermetismo perché questi articoli sono dedicati agli esordienti, anche se molti esperti farebbero bene a leggerseli.

I Romani voltavano su muri di mattoni o di calcestruzzo, sulle colonne mettevano la trabeazione. Nel medioevo si può trovare nei portici delle volte su colonne, ma è un caso di barbarismo (cioè se n'erano dimenticati) oppure siamo già in periodo gotico dove se c'è una colonna è un errore perché dovevano metterci un pilastro, errore nel senso detto di confondere la regola classica. Ancora più chiaro: c'è già la volta ma per dare importanza si usa ancora una colonna, poi l'evoluzione dello stile porterà ai pilastri polistili.

Calcestruzzo: dobbiamo fare due discorsi. I Romani facevano volte in calcestruzzo (conglomerato cementizio), la più famosa è la cupola del Panteon, ma ce ne sono parecchie. I muri sono in mattoni o in calcestruzzo o misti di tutt'e due i materiali (i mattoni sono sia in laterizio sia in tufo cioè in pietra).

Dopo finisce la pozzolana, il cemento dei Romani, e non si fanno più perché sarebbero stati troppo costosi (per la scarsità e le spese di trasporto), la poca pozzolana si preferisce usarla nelle malte in casi in cui debba avere una resistenza maggiore di quella di calce. E poi non si sapeva più come fare le casseforme (lo stampo in legno per colare il calcestruzzo). Insomma è andato in disuso.

Nella seconda metà del XIX secolo si trova come produrre il cemento artificiale (il famoso cemento Portland) e si comincia a usarlo nelle malte e si pensa a come riportarlo in auge. Agli inizi del XX secolo si trova il modo di annegare dei tondini di ferro (acciaio) nel conglomerato e si scopre che lavorano come fossero un solo materiale. La prima applicazione è nelle strutture a telaio, già descritte, poi, per un contributo ingegneristico, si cominciano a fare delle volte di varia forma, perché il calcestruzzo prende la forma dello stampo, tecnologicamente si chiamano casseforme o casserature o casseri. Nel secondo dopoguerra si cominciano a vedere delle coperture di volume curvo, dapprima negli edifici tipicamente ingegneristici come industrie (un esempio non di copertura sono le torri di raffreddamento a forma di clessidra, per capirci) o hangar, poi anche in tipologie architettoniche come palazzetti dello sport, teatri, auditorium ecc... . Dico questo per due motivi. Il primo è per dimostrare che certe ricerche formali non sono all'ultimo grido ma esistono almeno da settant'anni, il secondo è che la genesi di queste forme non è architettonica ma ingegneristica. Dunque ai nostri fini il discorso è molto sdrucciolevole. Rimando ai post: “ Come è morta l'architettura ” e “ Quando si cambia stile ”.

Ferro: be', ritti e volte sono in telaio di ferro ovviamente e dal punto di vista formale tendono a seguire la tradizione architettonica fin dagli inizi nel secolo XIX, pur essendo un contributo ingegneristico al linguaggio architettonico e ai suoi sistemi.

Anche qui spesso il vetro forma le volte, come nelle gallerie di Milano e Napoli per citare le più famose in Italia. Ma abbiamo l'uso del ferro come sostitutivo degli altri materiali in forme invariate: la tour Eiffel che è senz'altro l'edificio in ferro più famoso (non certo il più bello...) o nel Cristal Palace di Paxton o ancora nei ponti ferroviari, nelle stazioni ecc... Il caso più eclatante sono gli edifici neogotici di Viollet Le Duc in cui tutti gli elementi che nel gotico erano in pietra sono riprodotti in ferro, il che dà origine a soluzioni arditissime ma sempre in perfetto stile neogotico.

Naturalmente poi l'architettura in ferro prende delle forme sue proprie. Ma mi fermo qui perché stiamo andando fuori dagli scopi di questa serie di articoli.

Come quarto passo va bene così.


R.P.

Posteris memoria mea

Renatus in aeternum.