Gaio Valerio Catullo nacque a Verona nel 84 a.c. e morì a Roma nel 54 a.c. a soli trent'anni.
Prima del 66 a.c. si trasferì a Roma dove studiò e entrò nella comunità dei poeti. Abbiamo un giudizio su di lui di Marco Tullio Cicerone: egli lo colloca paternalisticamente e con sufficienza fra i ' neoteroi ' ossia fra i poeti nuovi, ed è questo che ci interessa.
Il motivo per cui Cicerone lo definisce nuovo è da ricercarsi nel fatto che Catullo, come poi farà anche Orazio, riprende nella sua poesia i lirici greci, Saffo fra tutti.
Ritengo però che ci sia anche un altro motivo che è la tesi di questo post.
Verona divenne colonia romana nel 89 a.c.. Nell'area vivevano i discendenti dei Galli Cenomani, dei Veneti, dei Reti ed Etruschi.
Catullo dunque era romano ma della provincia, di una colonia, seppure di diritto romano. La cittadinanza romana per i popoli della Pianura Padana arrivò solo nel 49 a.c..
La vita di Catullo, fin quando si trasferì a Roma, ma anche dopo la morte del fratello (circa il 60 a.c.) quando tornò per un certo tempo in famiglia, la sua vita, dicevo, passò in un ambiente che risentiva di tutte quelle culture diverse e propendo a pensare che la tradizione di questi popoli barbari abbia influito sulla sua versificazione poetica. Mi spiego.
Galli Cenomani e Veneti erano di sicuro di origine indoeuropea. Reti e Etruschi erano autoctoni.
La poesia indoeuropea, pur nella sterminata molteplicità dei vari popoli, aveva dei tratti comuni: versi di uguale numero di sillabe, versi rimati o in consonanza e assonanza, allitterazioni varie, ripetizione di versi interi o variazioni dello stesso.
La poesia greco-romana era invece giunta a una metrica tonale, o sia di alternanza, per altro molto variata, di vocali lunghe e corte e a decretare che la rima era sconsigliata poiché inelegante.
Catullo invece usa in moltissimi casi la metrica indoeuropea originale, pur rispettando, ma è ovvio, le forme della metrica colta.
Dunque la novità che Cicerone attribuisce e imputa a Catullo non è solo quella del ritorno ai lirici greci, ai loro temi esistenziali, alle loro emozioni e sentimenti, anche nelle loro forme come l'Imeneo nel caso di Saffo, al rifiuto dell'epicità. Catullo è poeta d'amore, d'amicizia, di rivalità, di sentimento anche quando agisce nei temi del mito.
La novità di Catullo è la ripresa della metrica barbara delle origini indoeuropee. Cicerone la nota e la sancisce.
A noi vale la pena constatare, il che spesso succede nella storia e nell'arte, come la novità sia un ritorno a ciò che è già stato.
La novità di Catullo consiste nell'aver ripreso autori arcaici e una metrica primordiale ed averla trasferita nella sensibilità cocciuta della romanità.Si sa che le poesie di Catullo, i suoi carmina, sono stati collezionati da un'altra mano. Non sappiamo dunque se così come li leggiamo siano in ordine cronologico o tematico o di qualsivoglia criterio. Questo va a favore dell'assunto poiché casi di metrica barbara si trovano distribuiti in tutta la silloge.
Chi ne fosse interessato trova di seguito un bel po' di esempi di quanto sono andato dicendo. Ho messo poesie brevi o non lunghe per economia di spazio e immediatezza d'esempio. Componimenti più lunghi avrebbero richiesto un'analisi puntuale e sulla struttura architettonica del carme. Compito da specialisti.
Ho messo qualche frase di chiosa, ma è compito abbastanza facile per chiunque trovare le evenienze in tema.
R.P.
Posteris memoria mea
renatus in aeternum
Carme 1
Cui dono lepidum nouum libellum
Arida modo pumice expolitum?
Corneli, tibi; namque tu solebas
Meas esse aliquid putare nugas,
Iam tum cum ausus es unus Italorum
Omne aevum tribus explicare chartis,
Doctis, Iuppiter, et laboriosis!
Quare habe tibi quidquid hoc libelli
Qualecumque, quod, o patrona virgo,
Plus uno maneat perenne saeclo.
Questa poesia è ritenuta da molti non di Catullo ma di chi ne mise insieme i canti. Questa evenienza non tange però l'assunto di base, ma semmai lo rafforza come di cosa tipica e tramandabile di Catullo.
Si nota la ripetizione nella serie di tre parole in -um nel primo e nel quinto verso che prende un ritmo percussivo quasi marinettiano.
I primi sei versi in consonanza danno uno schema: AABBACC...
Carme 2
Passer, deliciae meae puellae,
Quicum ludere, quem in sinu tenere,
Cui primum digitum dare adpetenti
Et acris solet incitare morsus,
Cum desiderio meo nitenti
Carum nescio quid libet iocari
(Et solaciolum sui doloris,
Credo, ut tum grauis adquiescat ardor),
Tecum ludere sicut ipsa possem
Et tristis animi leuare curas!
Tam gratum est mihi quam ferunt puellae
Pernici aureolum fuisse malum,
Quod zonam soluit diu ligatam.
Qui abbiamo sempre tre parole in -ae e, se questa è la prima di Catullo, si spiegano le tre parole della poesia precedente. Inoltre questa tecnica isola la prima parola passer su cui ruota l'intera composizione. Poi si trova la rima in -tenti e l'allitterazione variata di iocari e doloris.
Carme 3
Lugete, o Veneres Cupidinesque
Et quantum est hominum uenustiorum!
Passer mortuus est meae puellae,
Passer, deliciae meae puellae,
Quem plus illa oculis suis amabat;
Nam mellitus erat, suamque norat
Ipsa tam bene quam puella matrem,
Nec sese a gremio illius movebat,
Sed circumsiliens modo huc modo illuc
Ad solam dominam usque pipiabat.
Qui nunc it per iter tenebricosum
Illuc unde negant redire quemquam.
At uobis male sit, malae tenebrae
Orci, quae omnia bella deuoratis;
Tam bellum mihi passerem abstulistis.
O factum male! io miselle passer!
Tua nunc opera meae puellae
Flendo turgiduli rubent ocelli.
In questa celebre poesia abbiamo il terzo e quarto verso che sono in pratica una ripetizione dell'intero verso (vedi i miei canti sumeri), ripetute consonanze in -at e -is e la parola male variamente declinata che allittera con misellee il finale con meae puellae e ocelli
Carme 5
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus
Rumoresque senum severiorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mihi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut nequis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
In questo carme si ha la consonanza iniziale in -us, la ripetizione ossessiva di mille e di centum, che è in rima ostinata, per tre versi, poi la consonanza in -um.
Carme 8
Miser Catulle, desinas ineptire,
Et quod uides perisse perditum ducas.
Fulsere quondam candidi tibi soles,
Cum uentitabas quo puella ducebat
Amata nobis quantum amabitur nulla.
Ibi illa multa cum iocosa fiebant,
Quae tu uolebas nec puella nolebat.
Fulsere uere candidi tibi soles.
Nunc iam illa non uult: tu quoque inpotens, noli,
Nec quae fugit sectare, nec miser uiue,
Sed obstinata mente perfer, obdura.
Vale, puella! iam Catullus obdurat,
Nec te requiret nec rogabit inuitam:
At tu dolebis, cum rogaberis nulla.
Scelesta, uae te! quae tibi manet vita!
Quis nunc te adibit? cui uideberis bella?
Quem nunc amabis? cuius esse diceris?
Quem basiabis? cui labella mordebis?
At tu, Catulle, destinatus obdura.
In questo caso troviamo la ripetizione variata di un intero verso. Ci sono consonanze in -at e in -is e allitterazioni che contengono la particella uiu, inizio di tre versi consecutivi con qu-. Infine il celebre verso amata nobis e amabitur nulla separati da una parola (in qu- oltretutto).
Carme 16
Pedicabo ego vos et irrumabo,
Aureli pathice et cinaede Furi,
Qui me ex uersiculis meis putastis,
Quod sunt molliculi, parum pudicum.
Nam castum esse decet pium poetam
Ipsum, uersiculos nihil necesse est,
Qui tum denique habent salem ac leporem,
Si sunt molliculi ac parum pudici
Et quod pruriat incitare possunt,
Non dico pueris, sed his pilosis,
Qui duros nequeunt mouere lumbos.
Vos quod milia multa basiorum
Legistis, male me marem putatis?
Pedicabo ego vos et irrumabo.
In questo carme vi è la ripetizione di parole comincianti con la lettera p anche doppiati. Lettera p di penis o putium, casualmente...
Carme 25
Cinaede Thalle, mollior cuniculi capillo
vel anseris medullula vel imula oricilla
vel pene languido senis situque araneoso,
idemque, Thalle, turbida rapacior procella...
All'inizio di questa poesia (quella del fazzoletto ricamato) abbiamo questa progressione.
Carme 32
Amabo, mea dulcis Ipsitilla,
meae deliciae, mei lepores,
iube ad te veniam meridiatum...
E qui abbiamo questa. O quella in l.
Carme 34
Dianae sumus in fide
Puellae et pueri integri;
Dianam pueri integri
Puellaeque canamus.
O Latonia, maximi
Magna progenies Iouis,
Quam mater prope Deliam
Deposiuit oliuam,
Montium domina ut fores
Siluarumque uirentium
Saltuumque reconditorum
Amniumque sonantum...
In questo inno a Diana c'è la ripetizione di verso intero variato e consonanze in -am e- um. Poi il carme continua senza ricorrenze come sembra piaccia a Catullo. Una sorta di composizione mista classica e barbara.
Carme 35
… nam quo tempore legit incohatam
Dindymi dominam, ex eo misellae
ignes interiorem edunt medullam.
ignosco tibi, Sapphica puella
musa doctior; est enim venuste
Magna Caecilio incohata Mater.
Qui invece è nel finale che s'incontrano allitterazioni a inizio e fine verso e una citazione diretta di Saffo.
Carme 42
Adeste, hendecasyllabi, quot estis
Omnes undique, quotquot estis omnes.
Iocum me putat esse moecha turpis
Et negat mihi uestra reddituram
Pugillaria, si pati potestis.
Persequamur eam, et reflagitemus.
Quae sit quaeritis? Illa quam uidetis
Turpe incedere, mimice ac moleste
Ridentem catuli ore Gallicani.
Circumsistite eam, et reflagitate:
'Moecha putida, redde codicillos,
Redde, putida moecha, codicillos.'
Non assis facis? o lutum, lupanar,
Aut si perditius potes quid esse.
Sed non est tamen hoc satis putandum.
Quod si non aliud potest, ruborem
Ferreo canis exprimamus ore.
Conclamate iterum altiore uoce
'Moecha putida, redde codicillos,
Redde, putida moecha, codicillos.'
Sed nil proficimus, nihil mouetur.
Mutanda est ratio modusque nobis,
Si quid proficere amplius potestis,
'Pudica et proba, redde codicillos.'
In questa vivacissima e divertente poesia s'incontrano consonanze in -is, ripetizioni di parola e di interi versi rivoltati e variati, e una bella reiterazione della particella ore.
Carme 57
Pulchre conuenit improbis cinaedis,
Mamurrae pathicoque Caesarique.
Nec mirum: maculae pares utrisque,
Vrbana altera et illa Formiana,
Impressae resident nec eluentur:
Morbosi pariter gemelli utrique,
Vno in lecticulo erudituli ambo,
Non hic quam ille magis uorax adulter,
Riuales socii puellularum:
Pulchre conuenit improbis cinaedis.
Abbiamo qui una ripetizione del verso e delle consonanze in -que.
Carme 58
Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa,
Illa Lesbia, quam Catullus unam
Plus quam se atque suos amauit omnes,
Nunc in quadriuiis et angiportis
Glubit magnanimi Remi nepotes.
Si riscontra ancora la formula simmetrica “ Caeli, Lesbia … Lesbia Illa ” in cui resta isolata nostra che è la parola intorno a cui ruota la composizione. Lesbia illa è ripetuto rivoltato all'inizio del secondo verso. Consonanze in – es.
Carme 64
… tene Thetys tenuit pulcerrima Nereine?
Tene suam Tethys concessit ducere neptem
Oceanusque, mari totum qui amplectitur orbem?
Quae simul optatae finito tempore luces
Aduenere, domum conuentu tota frequentat
Thessalia, oppletur laetanti regia coetu:
Dona ferunt prae se, declarant gaudia uultu.
...
Immemor at iuuenis fugiens pellit uada remis,
Irrita uentosae linquens promissa procellae.
Quem procul ex alga maestis Minois ocellis
Saxea ut effigies bacchantis prospicit, eheu,
Prospicit et magnis curarum fluctuat undis, ...
…
Esempi dal lunghissimo carme 64 dove c'è in più di un caso l'inizio con la particella non ostinata che qui non ho riportato per brevità.
Carme 65
Etsi me adsiduo defectum cura dolore
Seuocat a doctis, Ortale, uirginibus,
Nec potis est dulcis Musarum expromere fetus
Mens animi: tantis fluctuat ipsa malis --
Namque mei nuper Lethaeo gurgite fratris
Pallidulum manans adluit unda pedem,
Troia Rhoeteo quem subter litore tellus
Ereptum nostris obterit ex oculis.
. . . . . . .
Consonanze in -us e-is all'inizio del carme 65. Schema: XAABBXAB.
Carme 69
Noli admirari, quare tibi femina nulla,
Rufe, velit tenerum supposuisse femur,
non si illam rarae labefactes munere vestis
aut perluciduli deliciis lapidis.
laedit te quaedam mala fabula, qua tibi fertur
valle sub alarum trux habitare caper.
hunc metuunt omnes, neque mirum: nam mala valde est
bestia, nec quicum bella puella cubet.
quare aut crudelem nasorum interfice pestem,
aut admirari desine cur fugiunt.
Abbiamo qui varie assonanze, nella poesia dell'ascella di Rufo.
Carme 70
Nulli se dicit mulier mea nubere malle
quam mihi, non si se Iupiter ipse petat.
Dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti,
in vento et rapida scribere oportet aqua.
In questo bellissimo carme abbiamo un'interessante progressione ageminata che inizia con le nasali (la m considerata la nasale-labiale come nel sanscrito), il termine mihi introduce l'allitterazione in i e Iupiter la modulazione sulle dentali d e t. Inoltre c'è l'allitterazione di nasale davanti a consonante nt.
Carme 75
Huc est mens deducta tua mea, Lesbia, culpa,
Atque ita se officio perdidit ipsa suo,
Vt iam nec bene uelle queat tibi, si optuma fias,
Nec desistere amare, omnia si facias.
In sole quattro righe c'è il gioco fra tua, mea, suo e il paragone di fias e facias.
Carme 78
Gallus habet fratres, quorum est lepidissima coniunx
alterius, lepidus filius alterius.
Gallus homo est bellus: nam dulces iungit amores,
cum puero ut bello bella puella cubet.
Gallus homo est stultus, nec se videt esse maritum,
qui patruus patrui monstret adulterium.
Questo è uno scioglilingua...
Carme 79
Lesbius est pulcher. quid ni? quem Lesbia malit
quam te cum tota gente, Catulle, tua.
sed tamen hic pulcher vendat cum gente Catullum,
si tria notorum suavia reppererit.
Il trionfo della t. Notare anche qui, come nel primo carme, l'aspetto percussivo di quam te cum.
Carme 82
Quinti, si tibi vis oculos debere Catullum
aut aliud si quid carius est oculis,
eripere ei noli, multo quod carius illi
est oculis seu quid carius est oculis.
Sembrano quei giochi di permutazione delle parole d'epoca tardo medievale (Petrarca).
Carme 84
Chommoda dicebat, si quando commoda uellet
dicere, et insidias Arrius hinsidias,
Et tum mirifice sperabat se esse locutum
Cum quantum poterat dixerat hinsidias.
Credo, sic mater, sic liber auunculus eius,
Sic maternus auus dixerat atque auia.
Hoc misso in Syriam requierant omnibus aures:
Audibant eadem haec leniter et leuiter,
Nec sibi postilla metuebant talia verba,
Cum subito adfertur nuntius horribilis
Ionios fluctus, postquam illuc Arrius isset,
Iam non Ionios esse, sed Hionios.
Scherzi e allitterazioni sulla base della coniugazione e somiglianze giocate sulle affettazioni della pronuncia di Arrio, un avvocato.
Carme 86
Quintia formosa est multis, mihi candida, longa,
Recta est. Haec ego sic singula confiteor,
Totum illud 'formosa' nego: nam nulla uenustas,
Nulla in tam magno est corpore mica salis.
Lesbia formosa est, quae cum pulcherrima tota est,
Tum omnibus una omnis subripuit Veneres.
Allitterazioni nasali e di nasale prima di consonante, rivoltata in magno.
Carme 87
Nulla potest mulier tantum se dicere amatam
Vere, quantum a me Lesbia amata mea es:
nulla fides ullo fuit umquam in foedere tanta
quanta in amore tuo ex parte reperta mea est.
Esempio di marinismo ante litteram.
Carme 89
Gellius est tenuis: quid ni? cui tam bona mater
tamque valens vivat tamque venusta soror
tamque bonus patruus tamque omnia plena puellis
cognatis, quare is desinat esse macer?
qui ut nihil attingat, nisi quod fas tangere non est,
quantumvis quare sit macer invenies.
Nasale prima di consonante e allitterazioni. Mi sa che il buon Catullo conosceva il sanscrito.
Carme 92
Lesbia mi dicit semper male nec tacet umquam
De me: Lesbia me dispeream nisi amat.
Quo signo? quia sunt totidem mea: deprecor illam
Adsidue, uerum dispeream nisi amo.
Consonanze in -am e gioco in finale di verso di flessione sulla stessa radice.
R.P.