sabato 19 ottobre 2019

Canto sumero

In occasione del 19 ottobre, data importante per me, presento, a quei pochi giovani non decerebrati e alle pochissime persone che non hanno una cultura da borghesi del cazzo, una buona idea che mi è venuta riguardo alla forma della poesia. Si chiama “ canto sumero “ e si rifà ai canti più antichi di amore e morte di quel popolo o sia degli argomenti della vita. È pensato come alternanza di versi più brevi con versi più lunghi, qui settenari con endecasillabi. È tutto da definire, come schema, però presenta delle buone possibilità di espansione. L'alternanza della lunghezza dei versi, la ripetizione retorica e declamatoria (forse in origine musicale) da un lato permette di creare una certa suspence, un'attesa del formarsi del canto, dall'altra prende il posto dei lacerti che si trovano negli originali.
 
Ascoltano i meli. 
Cosa ascoltano i meli? 
Cosa ascoltano i platani e i pioppi?
 
Che ascoltano gli alberi 
quando con le cime 
ondeggiano seguendo il vento?
 
Ascoltano le vicende del mondo, 
portate dal vento e viste dal cielo. 
Il cielo che vede tutto da sopra.
 
Cosa vede il cielo? 
Vede, il cielo, dal cielo, 
ciò che da sempre accade sulla terra:
 
vede qui gli amori, 
vede là la guerra. 
Vede l'acqua che scorre nel suo corso,
 
l'erba che cresce, il bosco e la foresta 
la sabbia del mare e i piedi dei monti 
e l'uomo che ogni cosa calpesta.
 
Cosa vediamo noi? 
Cosa ci dice il vento? 
Cosa, a noi, sulle cime dei meli?
 
Sulle cime dei faggi e dei pioppi 
vediamo il cielo che sempre è su di noi, 
vediamo le stelle che son sopra di noi.
 
Sentiamo ciò che il vento ci dice, 
udiamo quel che accade nel cielo, 
sentiamo di che si parlano gli Dei.
 
Ciò che essi ci dicono. 
Se la Dea vuol parlarci 
si rivolge a noi con l'infinito.
 
Le sue parole le porta il vento 
e lei ci parla con l'infinito: 
l'infinito è come lei ci parla.
 
(schema: canto sumero 7-7-11 7-7-11 11-11-11 7-7-11 7-7-11 11-11-11 7-11-11 11-11-11 7-7-11 11-11-11)

Allego un video dei miei, tratto dal “ Delirio amoroso “ di Georg Friedrich Haendel. 


NOTIZIARIO 

Una poesia di Marina Cvetaeva di attualità oggidì.
 
I lettori di giornali
Striscia il serpe sotterraneo,
striscia, trasporta gente.
E ciascuno con il suo
giornale (con il suo
eczema!) tic da ruminante,
cancro osseo dei giornali.
Masticatori di mastici,
lettori di giornali.

Chi, il lettore? Un vecchio? Un atleta?
Un soldato? Né lineamenti, né visi,
né età. Scheletro – poiché non ha
viso: un foglio di giornale!
Di cui tutta Parigi
dalla fronte all’ombelico è vestita.
Lascia stare, ragazza!
Metterai al mondo
un lettore di giornali.
Dondolando – “vive con la sorella”
ruttano – “ha ucciso il padre!”
Si dondolano, il nulla
si pompano dentro.
Che sono per questi signori
il tramonto oppure l’alba?
Divoratori di vuoto,
lettori di giornali!

Di giornali, leggi: di calunnie;
di giornali, leggi: di sprechi.
Ogni colonna, una diffamazione
ogni capoverso: disgusto...
Oh, con che cosa vi presenterete
al Giudizio Universale, all’altro mondo?!
Arraffatori di minuti,
lettori di giornali!

“E’ partito, sperduto, sparito!”
E’ antica la paura delle madri.
Madre! Dei Gutemberg la presse
è più terribile della polvere di Schwarz!

Davvero meglio al cimitero
che nel marcio lazzaretto
dei grattatori di scabbie,
lettori di giornali!

Chi i nostri figli
fa marcire nel fiore degli anni?
I miscelatori di sangue,
gli scrittori di giornali!

Ecco, amici – e anche
più forte che in queste righe! -
che cosa io penso quando
con il manoscritto in mano

sto davanti alla faccia
(posto – più vuoto non c’è)
sicché dunque alla non faccia
di un redattore di giornalistica immondizia.
 
Un saluto ai pochi che leggeranno questo post e un abbraccio ai pochissimi degni del mio abbraccio. 

R.P. 

Posteris memoria mea