domenica 3 settembre 2017

Properzio o anti perzio?

Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis,
contactum nullis ante cupidinibus.

Al netto della traduzione che non posso valutare, non conoscendo il latino, e che mi lascia sempre un po' stranito, ho letto le elegie di Properzio, poeta contemporaneo di Ottaviano Augusto e del giro di Mecenate. Le ho lette da “Properzio Elegie”, Mursia editore, 1992, Milano.
Le traduzioni saranno senz'altro giuste ma ne ho trovate alcune, non questa, in cui a un verso latino ne corrispondevano due in italiano e, a me che non sono un linguista, sembra strano appunto che una lingua così scabra e sintetica come il latino si debba tradurre con un numero doppio di parole. Tutto questo per dire che l'impressione che la poesia di Properzio mi ha fatto, come quella di qualunque altro poeta latino, è mediata dalle traduzioni sempre in bilico fra resa lirica e correttezza linguistica, per i colleghi che giudicano e gli studenti che imparano.

Properzio scrive in distici elegiaci ossia versi alternati di un esametro e un pentametro.
Dico questo perché mi appare indubbio il seguente passaggio metrico, che non è sfoggio di cultura, sapete che non ho, per fortuna, cultura letteraria, ma tornerà utile nel discorso.
Esametro: _ _ _ _ _ _ _ _ _ u u _ _ od _u
oppure: _ u u _u u _ u u _ u u _ u u _ _ od _ u
l'accento cade sulla prima lunga, ma non ci interessa.
Dunque il pentametro è _ _ _ _ _ _ _ u u _ _ od _u
oppure _u u _ u u _ u u _ u u _ _ od _ u .
L'esametro conta da 13 a 17 sillabe, il pentametro da 11 a 15. Se si prescinde dagli accenti tonali, perché siamo in una lingua tonica come l'italiano, e si considera che anche in greco e latino due brevi contano come una lunga, abbiamo la nascita ufficiale dell'endecasillabo come misura della poesia amorosa: fin amor provenzale e amor cortese italiano. Ritengo che Properzio conti molto di più di quello che gli accademici dicono sull'influsso che ebbe nella poesia cortese e amorosa.

Conosco le composizioni di Ovidio che vertono sullo stesso tema amoroso di quelle di Properzio e la differenza fra le due personalità appare subito evidentissima.
Ovidio fu di famiglia di ordine cavalleresco, di Sulmona, fece studi di legge a Roma ma poi si dedicò alla poesia amorosa: il Dio Amore gli fece perdere un piede e i suoi esametri divennero pentametri, considerati i più adatti per la lirica erotica. Ovidio era uomo di mondo, elegante, colto, con una straordinaria facilità nell'improvvisazione versificatoria che lo rese famoso e amatissimo dalle donne. Il suo rapporto con le donne era facile, immediato, sensuale. Potremmo dire che fu un Casanova dei suoi tempi. Conosceva a tal punto il mondo femminile da dare consigli agli amanti per conquistarle o alle donne per essere conquistate.
Sesto Aurelio Properzio era di buona famiglia, di fisico gracile, non bello, e si recò a Roma per spirito quasi ribelle alla sua nascita provinciale, era di Assisi, per vivere il torbido e attraente mondo degli amorazzi dell'Urbe, fra matrone allupate e cortigiane di ogni grado.
Ah, ovviamente c'era sempre una legge di Augusto per la morale e la difesa dei valori della famiglia, e lo fecero anche gli altri imperatori, ma se ne fregavano tutti.
Ovidio cadde infine in disgrazia presso il Cesare ma per questioni politiche, era nel partito avverso a Mecenate. E finì in esilio sul Mar Nero.
Quanto al nostro Properzio, un bel dì, anzi probabilmente una bella sera, quando era già un po' conosciuto come poeta di belle speranze, fu avvicinato da una cortigiana d'una decina d'anni più matura, lui era ventenne o poco più, che gli apparve bella e affascinante come nessun'altra soprattutto perché fra tanti possibili scelse lui come suo campione di poesia. Il suo nome era Cinzia. Nome d'arte o di poesia, ma è identificata con una certa Hostia che attesterebbe, secondo gli esperti, che era una romana de Roma.
Cinzia viveva nella famosa e malfamata Suburra, ma era una meretrice indipendente e agiata.
Fu subito amore travolgente in cui si intuisce che lui cercava una donna un po' dominante, quella che in gergo si chiama la nave scuola, e lei se lo rigirava ad libitum.
Ora qui si apre la parentesi d'obbligo se queste donne ispiratrici d'amore e di versi esistessero davvero e fossero come i poeti le cantarono, ma noi facciamo finta che sì. Lo faccio notare perché dopo aver pubblicato il suo primo libro, dedicato a Cinzia, Properzio si lamenta che ci ha tutti i cazzi suoi in piazza. Allora viene il dubbio o sull'invenzione oppure, anzi meglio da un punto di vista drammaturgico, dell'esistenza di un gossip da cui sia lei sia lui traevano popolarità. E poi è più bello pensare che fosse tutto vero, o no?
Comunque egli continua a poetare sull'amore che lo lega alla sua Cinzia, amore che lo avvince e che lo fa soffrire, perché lei faceva il mestiere suo e delle volte era, diciamo così, occupata negli affari e rimandava indietro Properzio solo soletto e sconsolato.
Ma lui elabora un concetto d'amore in cui anche la sofferenza fa parte della felicità di una relazione, a volte frustrante ma che vale la pena di essere vissuta.
Insomma la risposta al titolo del post è senza ombra di dubbio: Pro perzio! Ci anticipa tutti i nostri struggimenti sentimentali, le luci e le ombre di una relazione amorosa, gli aspetti esotici dell'erotismo, come un Flaubert o un Prevert.
La sua poesia, complice anche una traduzione che ne coglie questo aspetto e forse lo modernizza, è intrisa di romanticismo e di esistenzialismo e uso questi due sostantivi perché sono i più indicati. La sua vena è tanto più ricca quanto più è immerso nel turbine dei sentimenti che lo legano alla sua Cinzia. Quanto più la sua vita si identifica con il senso di amore assoluto, nelle sue forme rigeneratrici e distruttive. Nell'alternanza fra felicità e abbandono.
Cinthya prima fuit, Cinthya finis erit” (I, 12): “Cinzia fu la prima, Cinzia sarà l'ultima”.
Cinzia morirà ancora giovane, poco prima di Properzio che ebbe vita assai breve morendo a soli trentaquattro anni o giù di lì (le date non sono mai sicure, lo sapete).
Al buon Properzio scassavano in continuazione i coglioni perché scrivesse versi d'epica, quelli che lo avrebbero consacrato come poeta. La sua risposta fu sempre che lui sapeva scrivere solo d'amore e dell'amore per Cinzia. E resisteva a due tipini come Ottaviano e Mecenate, l'imperatore e il suo ministro della propaganda, non proprio due candide colombe. Anche quando, dopo la morte di Cinzia, si decide a scrivere il suo quarto libro, produce una piccola storia di Roma e dei suoi uomini migliori, ma non abbandona mai il tono semplice, confidenziale, verrebbe da dire affettuoso se non fosse che non c'è posto per l'affetto nella storia romana.
Un altro punto sul quale nemmeno il nostro eroe non poté farci nulla fu l'obbligo, per non apparire un burino, di mettere citazioni di miti. Ho già detto che 'sta storia dei miti obbligatori e delle vestigia romane et cetera mi annoia in modo particolare, nei poeti latini e in generale.
Properzio ogni tanto li deve mettere ma sembra lo faccia di malavoglia, come se fosse riluttante a interrompere lo sfogo interiore dei suoi sentimenti amorosi.

Concludo, a proposito di traduzioni dal latino, con tre possibili dell'incipit (I,1-2) dell'opera:

Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis,
contactum nullis ante cupidinibus.

La prima è tratta dall'edizione che ho letto:

Cinzia, con gli occhi d'incanto, d'amor me folle travolse
né mai, prima di lei, altro ardor m'avea preso.

La seconda e la terza l'ho trovate in rete:

Cinzia per prima mi prese, perdutamente innamorato, coi suoi occhi,
mai toccato prima dalla passione.

Cinzia per prima m’irretì, sventurato, con i suoi dolci occhi,
quand’ero ancora intatto dai desideri della passione.

La quarta è una mia proposta:

Cinzia per prima suo, me misero, mi prese cogli occhi,
nessuno mi toccò prima di passione.

Vale la pena concludere ricordando che la cosiddetta pronuncia restituta ricostruita dai linguisti secondo quella classica vera, dà una diversa pronuncia al latino, così come noi siamo abituati, e questa pronuncia sta prendendo sempre più piede. Così il nome del nostro sarebbe da pronunciare, seppure italianizzato, Sesto Aurelio Propertio, e poi Ottauiano, Maekenate, Ouidio, Kaesare ecc...
Il primo verso suonerebbe:

Künthia prima suis miserum me kepit okellis,
kontactum nullis ante kupidinibus.

Si nota subito una allitterazione del suono k all'inizio e alla fine dei versi del distico.

Philippe Parrot - l'elegia