martedì 1 agosto 2017

Ama il tuo prossimo?

La teoria dell'amore assoluto, variamente riassunta in frasi come quella del titolo, o dell'amare gli altri, o amare tutti ecc... non mi ha mai convinto. Ho sempre pensato fosse una scorciatoia dell'anima per mettersi a posto la coscienza facendo al contempo un figurone.
Essa trova espressione originaria per lo più in testi religiosi e già questo dovrebbe metterci in allarme. Mi riferisco al fatto che le religioni nacquero e sono ancora in buona sostanza delle alleanze politico militari. Hanno differenti modi di esprimere questo concetto ma l'imprinting originale resta loro peculiare. Quindi l'amare il prossimo o il fratello assume un significato letterale e fattuale molto diverso dalla semplice affermazione dottrinale.
Detto questo, perché dovremmo amare tutti gli altri, l'umanità in quanto tale intesa come totalità e singolo essere allo stesso tempo a noi accomunato dalla specie ma a noi differente nell'individualità? Alcuni allargano questo assunto addirittura a tutti gli esseri viventi.
Attenzione il problema è il verbo amare. Che tutto ciò che esiste sia correlato, a volte in modo evidente a volte in modo ancora sconosciuto, sia esso un postulato o un assioma, appare evidente e incontestabile. Ma questo rende indispensabile amare? O non basterebbe un senso di responsabilità derivante dal fatto che ogni cosa compiamo ha un riflesso sul resto dell'esistente.
Si dice che l'applicazione di questo principio d'amore dovrebbe valere per tutti indipendentemente dal fatto che questo tutti sia o non sia prossimo. Troppo facile, si dice anche però, amare i Lapponi o i Maori, occorre partire con il tuo prossimo, con le persone con cui hai a che fare quotidianamente. E qui c'è già un'insanabile contraddizione. Se il mio amore deve essere totale e incondizionato perché dovrebbe contare la distanza e la percezione sensoriale?
Forse perché amare significa fare qualcosa di bene all'altro, e se questo è lontano... Sì, qualche monaco buddhista si metterà a meditare per il bene di tutta l'umanità ma questo dimostra non tanto la certezza del risultato, che è stentato diciamolo, quanto il fatto che i buddhisti tendono a volte a dare risposte meno cretine di altri, e stanno molto sul generico.
Quindi se voglio amare tutti, ma alcuni di questi tutti sono lontani, non posso, semplicemente non posso, se non a chiacchiere.
Dunque devo amare quelli che ho intorno, ma siccome ce li ho intorno, sono certo che alcuni non meritano di essere amati. Meritava d'essere amato Hitler? Merita d'essere amato Totò Riina? Merita d'essere amato chi massacra di botte la moglie? Continuate con gli esempi voi. Le risposte che otterrete di amore universale sono pure teorie, belle parole che certo fanno fare una gran bella figura e costano niente.
Approfitto per fare queste considerazioni perché non fa troppo caldo, ma fra un po' ricomincerà e dunque cercherò di farla breve.
Ho detto sopra che il problema è il verbo amare, ovviamente inteso qui, di necessità, nella sua accezione attiva. Se dicessi: amo la musica di Mozart ma non l'ascolto mai... Dovrei dire, semmai, che vivo nella contemplazione del mio potenziale amore per la musica di Mozart... Ma voi pensereste, giustamente, che ho qualche rotella fuori posto.
Il sostantivo da cui deriva il verbo amare è amore. Prima che di amore se ne occupassero le religioni, qual era il significato di amore?
Be', il primo significato di amore era il senso di attrazione sessuale per un altro essere umano e la voglia di congiungersi sessualmente. Non ve n'erano altri. E non ve ne sono altri poiché da questo derivano tutti gli altri possibili.
Gian Lorenzo Bernini - Ade e Persefone - particolare
Per spiegarmi ho bisogno dell'aiuto di uno specialista che è sempre citato quando si parla di amore, o come scrivevano gli antichi Amore: Socrate.
Alla fine della fiera cosa dice Socrate di Amore? Che un essere umano a un certo punto della vita vuole sopravviversi. La persona semplice lo fa attraverso un figlio che gli sopravviva e nel ricordo che questi potrà portare avanti, e così via di generazione in generazione. L'uomo evoluto vorrà sopravviversi con un'opera del suo ingegno. Quindi Amore è volersi trascendere, voler diventare un uomo migliore di quanto non lo fosse prima del suo atto d'Amore.
Questo, se può interessare, è anche la mia fede divina: la continua autoevoluzione, che mi porterà... non so dove, ma sarò allora migliore di quanto non lo sia stato prima.
Torniamo all'amore sessuale. Anche essere innamorato, congiungersi con la persona che si ama, il desiderio e il piacere sono stati che alterano la nostra normale percezione di veglia e ci permettono di trascenderci. Se queste sensazioni sono molto radicate e profonde vorremo fonderci con l'altra persona e dunque diventare di più di quello che siamo normalmente e prima che ciò avvenga.
Antonio Canova - Amore e Psiche
Mi sto accorgendo, di passata, che anche la mia prosa 'prosaica', ossia da dissertazione, e come la mia poesia: butto lì e lascio che il lavoro lo facciano gli altri. Forse è per questo che non piaccio ai più: perché non do la pappa pronta.
La tesi è che se sarò migliore forse potrò realmente aiutare e “amare” qualcun altro. Che se lo merita, aggiungo io. Del resto se avessi la facoltà di annichilire chi secondo me non merita di vivere aiuterei lo stesso l'umanità, ma questa è una mia opinione, e comunque non ho questa facoltà dunque è tutta roba teorica.
Allora come ci si deve comportare gli uni con gli altri se non ci si può amare tutti e non si ha la facoltà di annichilire i bastardi (se non ve ne siete accorti sto prendendo per il culo chi in questo momento in Italia vuole introdurre la censura per prevenire gli hate speeches via internet, media ecc... in pensieri, parole, opere e omissioni).
Ho sempre pensato che bastino queste parole, molto meno impegnative di “amare”, ma immediatamente operabili: rispetto, educazione, sensibilità e gentilezza. La mia libertà non finisce dove comincia la tua o dove inizia il danno, finisce quando capisco che posso fare qualcosa che potrebbe limitare la tua libertà e potrebbe arrecarti un disagio. E se inavvertitamente lo faccio, mi scuso e pongo rimedio. Del resto, a tempo e modo giusto e luogo adatto si può fare quasi tutto e non si deve rinunciare a quasi nulla, niente di indispensabile comunque. A meno che non ci si senta liberi sparando la musica a manetta di notte o giocando a pallone in strada, o facendo casino o lasciando che i figli agiscano come psicopatici. Se uno si accontenta di una libertà così raffazzonata e folcloristica è un poverino o un poveraccio.
In termini politici tutto si riassume in un concetto: 'giustizia sociale'. Non carità, solidarietà e termini analoghi che fanno tanto impegno politico e umanitario: giustizia sociale. Non solo giustizia giuridica, non solo giustizia filosofica, non certo giustizia divina. Giustizia sociale.
Diritti veri, non di carta, un diritto se non è fruibile non esiste. Non solidarietà ai perdenti o ai cosiddetti sfortunati ma riconoscimento della dignità di tutti e di ciascuno.
Equa redistribuzione del reddito e delle ricchezze, giusta retribuzione del lavoro, sicurezza e dignità sui luoghi di lavoro, diritto a un'abitazione decente, sanità e istruzione pubbliche e gratuite e efficienti. E magari possibilità di realizzarsi secondo i propri talenti e interessi.
Autodeterminazione nelle scelte politiche, partecipazione alla comunità, libertà di espressione e di dissenso. Libera espressione e condizioni che rendano massimo lo sviluppo della propria personalità e rispetto delle individualità.
Charles Frederick Naegele - Ritratto di Ragazza, da me ribattezzata La Speranza
In milanese, lingua rustica e scabra, non esiste il verbo amare: si dice “a te vöri ben” ti voglio bene, cioè voglio il tuo bene. In modo concreto. Allora forse se invece di “amare” tutti, volessimo il bene di tutti? Volere il bene degli altri non solo rimanda a qualcosa di concreto, ma porta a chiedersi cosa sia il bene nostro e da noi per gli altri, in modo razionale. Per il singolo individuo e per la collettività, senza che uno sia a scapito dell'altra. Non può essere un bene soffocante dietro il quale possiamo nascondere la soddisfazione del nostro egotismo o le nostre insicurezze. E soprattutto se passiamo dalle parole e dai gesti simbolici che non servono a un cazzo, e in genere peggiorano la situazione e nascondono spesso la malafede, dobbiamo chiederci cosa realmente possiamo fare. E la nostra possibilità di essere utili agli altri dipende linearmente da quanto siamo utili a noi stessi, come conditio sine qua non, cioè da quanto siamo capaci di migliorare.
Se ci amiamo senza sconti forse potremo “amare” gli altri.
Sempre che gli altri vogliano essere amati da noi... è ovvio.

1° p.s. se non faceva caldo non avrei probabilmente scritto un post così banale.
2° p.s. leggete i post sulla composizione architettonica, per il vostro bene, per capire di più sull'arte, perché tanto ne farò altri fin quando qualcuno capirà che la composizione architettonica è scuola di vita e di cultura, anche se ai non adepti questo sembra una battuta.
3° p.s. leggete i post sulla composizione architettonica: è un ordine!