Il
titolo di questo blog nasce dall’associazione che fondai quando insegnavo
kenjutsu. Fu proprio in quell’anno 2004 che cominciai l’insegnamento dell’arte
della spada giapponese e iniziai a scrivere le mie prime poesie. Ogni anno
tenevo una o due conferenze per i soci su temi disciplinari o ad essi
correlati. Il testo delle conferenze, mie o di qualche altro amico, riportavo
poi sui Quaderni dell’Associazione insieme a altre questioni tecniche. Alla
fine di ogni quaderno componevo una antologia di poesie o di testi letterari
proposti quasi sempre da me ma anche da altri amici. Questo perché la
tradizione giapponese indica tre discipline che connotano la figura del vero
bushi: l’arte delle armi (soprattutto spada, lancia e arco), la poesia e la
disposizione dei fiori (ikebana)
Di
tutti i testi mi sembra il più interessante questo che segue nel quale mi
diverto a fare un parallelo, puramente estetico, fra gli haiku di quattro
maestri indiscussi della poesia giapponese e alcuni frammenti di poeti lirici greci
che sono spesso fonte di ispirazione per la mia poesia e amo in modo
particolare.
Segue
il testo preso direttamente dal Quaderno della Libera Associazione della Spada.
Siamo nel maggio del 2009.
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Quest’anno voglio proporre degli haiku, di quattro autori fra i maggiori:
Bashō, Issa, Buson e Shiki, che coprono un tempo che va dalla fine del XVII
sec. alla fine del XIX sec. e sono considerati fra i maestri che hanno dato
forma definitiva e carattere agli haiku.
Lo
haiku è una forma della poesia giapponese, la più conosciuta all’estero, che è
composta da tre versi: un quinario al primo, un settenario al secondo e un
quinario al terzo. Per meglio dire: cinque sillabe al primo verso, poi sette e
infine cinque perché naturalmente in giapponese con diciassette sillabe si
possono dire molte più cose che in italiano, non in maniera assoluta ma basta
pensare che una sola sillaba può voler significare un intero concetto astratto
oltre che cose concrete.
In
genere la poesia giapponese, e cinese e indocinese in genere, è costituita da
un testo più o meno lungo, da una pittura che lo rappresenta e da uno spazio
bianco che è un po’ il luogo dell’azione diretta dell’osservatore. Sia il testo
sia il disegno o pittura hanno lo scopo, differentemente dall’arte occidentale,
di trasmettere quasi più lo stato d’animo del poeta ancora che un senso
letterale vero e proprio.
Per
fare un esempio questi versi di Bashō: “ Oh come canta l’usignolo dietro ai
salici prima del boschetto! ” assunti letteralmente non sono altro che un’informazione
della quale potremmo anche disinteressarci non sentendoci affatto dei bruti
senza remissione. Quello che il poeta, aiutato spesso dal pittore, cerca di
dirci è il suo stato d’animo mentre nota che l’usignolo canta. Si fa
riferimento ‘ ai ’ salici e ‘ al ’ boschetto cioè a due realtà stabili e
consuetudinariamente note al poeta e a chi lo intende. Anzi chissà quante volte
Bashō avrà sentito cantare un usignolo in quello stesso luogo. Allora il senso
della poesia per il poeta diviene: perché stavolta ho notato l’usignolo, che
cosa scorre nel mio animo e nelle mia mente? È troppo perché lo possa dire
tutto, ma con un’immagine posso ricreare nel lettore, se egli lo vuole, la
stessa sensazione. E il pittore leggendo può immaginare a suo modo il testo e fare
la stessa operazione. Sullo spazio bianco, che deve rimanere intonso, il
fruitore dell’opera d’arte può compiere, una o più volte, a ogni lettura, la
stessa operazione. Diviene interessante domandarsi che cosa stavolta è nato in
me leggendo queste parole? Era diverso dalle altre volte?
Come
si fa? Per esempio possiamo immaginarci il moto di sorpresa del poeta che alza
il capo dai suoi pensieri quando all’improvviso sente il suono dell’usignolo,
oppure perché non se lo aspettava a quell’ora. Possiamo concentrarci su una
prospettiva pittorica che disegna dei salici prima di arrivare a un boschetto.
Ognuno ha i suoi salici e il suo boschetto. Per esempio a me viene in mente “
dietro ai pini del boschetto ” un verso della Canzonetta sull’Aria delle ‘ Nozze
di Figaro ’ (la musica è di Mozart e il testo è di Lorenzo da Ponte) con cui
Susanna e la Contessa vogliono incastrare il Conte infedele, dandogli Susanna
un appuntamento “ dietro ai pini del boschetto ”. Possiamo anche fare
un’interpretazione analogica chiedendoci cosa possono essere i salici, il
boschetto e l’usignolo. Possiamo chiederci cosa avrà l’usignolo da cantare così
forte. Eccetera. Non che nelle forme d’arte occidentali non lo si possa fare,
anche se in genere l’arte occidentale è più intellettuale e di matrice
concettuale, ossia l’opera d’arte tende a esprimere la poetica dell’artista in
modo diretto, però nella poesia giapponese, nella pittura, nella musica è
proprio così che funziona.
In
ogni caso appunto, ciò che vorrei far notare con la scelta che ho fatto fra i
tanti haiku possibili, è che anche questa impostazione canonica è vera, come
tutte le verità, fino a un certo punto. In molte delle composizioni che ho
scelto, l'immediatezza dei sentimenti, delle emozioni, dei particolari
veristici è molto evidente e costituisce senz’altro l’interpretazione guida
dell’intera poesia. Spesso ai giapponesi viene attribuito a torto un carattere
di freddezza che è più un abito mentale e una specie di paracadute nel modo di
comportarsi. Molti haiku danno ragione a pieno invece della loro umanità
spontanea. E va tenuto conto che i quattro autori sono divenuti tutti, a un
certo punto della loro vita, dei monaci zen, anche se non dobbiamo
immaginarceli chiusi a pregare in un monastero. Anzi tratto comune, tranne in
Shiki che era malato, è che a un certo punto, per volere o forza, si trovano a
essere dei monaci itineranti. Qualcuno di loro si è anche sposato e hanno avuto
diverse vicissitudini nel corso della loro vita.
Va
aggiunto solamente, a questo punto, che lo haiku è una forma di poesia che
deriva dal tanka che è la forma poetica base delle letteratura giapponese. Il
tanka prevede cinque versi di cinque, sette, cinque, sette e sette versi, si
vede che lo haiku è la parte iniziale del tanka. Naturalmente la lettura di una
poesia giapponese direttamente dai caratteri ideografici arricchisce moltissimo
(anche per possibilità di permutazione) l’interpretazione, ma questo è
possibile solo per i giapponesi e per chi conosce la loro lingua molto bene.
Noi ci dobbiamo accontentare ma è molto piacevole lo stesso. Gli haiku che
presento sono tratti dalle belle edizioni Acquaviva.
Gli
haiku sono esposti secondo l’antichità degli autori, su una sola riga per
economia di spazio.
Io
penso che le poesie siano come le barzellette cioè non vadano spiegate. Alla
poesia si torna dopo aver superato lo shock delle spiegazioni scolastiche che,
invece di limitarsi a chiedere cosa sia nato nella capoccia dello studente dopo
la lettura, cominciano il lavaggio del cervello con interpretazioni e
contestualizzazioni da fucilazione immediata. Sono come le prefazioni ai libri:
vi prego non leggetele, se le conoscete le evitate, se non potete farne a meno
leggetele dopo.
Succede
però che nello stesso tempo in cui sto scrivendo il Quaderno dell’Associazione,
per altre mie ricerche, mi è capitato di rileggere i lirici greci, poeti del
VII-VI sec a.c., a volte di questi poeti conosciamo i versi in forma mutila da
papiri, pochissime volte abbiamo interi canti. Non ho potuto, leggendoli, fare
a meno di compararli con gli haiku, per la brevità dei lacerti, e spesso ne
assocerò alla lettura degli haiku, finendo con un brano di Saffo che è uno
stupendo tanka, volendo. Oppure altre poesie in un gioco di richiami a ruota
libera che è più divertente e stimolante di esegesi dotte che fanno scappare a
gambe levate, buone solo per passare gli esami. Non ho messo note biografiche
dei poeti che sono accostati ai quattro giapponesi per non fare confusione, ma
di ciascun lirico si riconoscerà lo spirito e l’indole diversa: Archiloco e
Alceo furono opliti mercenari, dunque bushi, Saffo aveva un tiaso per
l’educazione sentimentale delle ragazze, Ipponatte ha il gusto quasi blasfemo
della provocazione, altri erano cantori pubblici ecc… Le comparazioni sono
dettate dall’istinto, dal momento o dalla similitudine dell’argomento.