domenica 4 febbraio 2018

# 4 marzo 2018

Mi scuseranno i lettori esteri, ma mi voglio occupare delle elezioni politiche nazionali italiane.
Manca un mesetto alle elezioni. Non voglio dire per chi votare, anche perché so che ognuno di voi voterà per il partito che ritiene più giusto. Ma ecco, vorrei dire qualcosa sul concetto di 'più giusto'.
Questo sì mi ritengo in dovere di testimoniare.
Vi chiedo di votare per il partito che pensate sì, ma di riflettere anche su una cosa.
È chiaro quali partiti siano stati a favore dell'Unione Europea, quali abbiano detto che le decisioni non andassero prese per l'interesse nazionale italiano ma per l'interesse dell'UE. A questi traditori della patria dovete dire di no. Degli altri votate chi vi pare. Ci sono partiti antieuropeisti a destra come a sinistra: votate per uno di essi, purché mettiate fine alla dittatura di sistema europeista che ha sancito la rovina di questo paese. Verificate nella vostra coscienza se il partito che vi accingete a votare sia o no sincero rispetto al recupero di sovranità dell'Italia su sé stessa. Ma votate un partito sovranista.
Articolo 1 della Costituzione Italiana
È superfluo aggiungere che nessuno vuole l'isolamento dell'Italia rispetto al resto del mondo, ma affermiamo il principio di sovranità del nostro paese: sovranità politica, giuridica, economica, monetaria. È un dato di fatto che tutti i paesi europei si stanno comportando secondo i loro legittimi interessi nazionali, solo i nostri partiti di governo sono supini alle direttive europee. Lo siamo a un livello di autolesionismo altrimenti dicibile come tradimento della patria.
E se qualcuno non fosse d'accordo che vada a rompere il cazzo altrove coi principi anarchisti, apolidisti, globalisti, o statunitari. Gli Stati Uniti d'Europa non ci saranno mai, almeno nei prossimi secoli, perché nessuno li vuole. La Germania, il paese che più d'ogni altro ha profittato del mito unitario europeo, favorendosi di una moneta sottovalutata per esportare oltre ogni misura, ha fatto inserire esplicitamente nei trattati che non intenderà mai confluire in unità federale in Europa oltre il livello attuale, cioè non vuole condividere eventuali trasferimenti finanziari di solidarietà fra aree diversamente sviluppate dell'unione, ma solo avvalersi di una moneta svalutata in un mercato comunitario per andare in surplus nel saldo delle partite correnti in un modo che comincia a stare sul cazzo a tutto il mondo. Ricchezza che per altro non ricade sulla qualità di vita dei cittadini tedeschi.
Cose che sapete, o se non sapete è perché non le volete sapere.
Riuscire a smantellare la struttura europeista in modo concorde è il modo migliore, altrimenti vi sarà un aggiustamento economico che non guarderà in faccia a nessuno o, purtroppo, una soluzione bellica come nelle volte precedenti. Stavolta della Germania faranno un grande pascolo per bovini, espressione post bellica del 1945, ma l'Europa sarà passata sotto la terza guerra mondiale e chissà cosa ne resterà.
Senza Europa il mondo sarà senza un quarto dell'economia complessiva... e chissà cosa ne resterà.
L'unico modo, per noi italiani che ci accingiamo al voto, è quello di far prevalere quei partiti che, con qualunque segno politico, vorranno far recuperare all'Italia la sua autodeterminazione rispetto a qualunque patto scellerato di asservimento a un sogno-incubo europeo. Svegliamoci! I partiti europeisti sono noti da decenni: mandiamoli a casa! Traditori del loro stesso paese, delle loro stesse ideologie di sinistra, negatori di un vero spirito europeista nella libertà, autonomia e diversità dei grandi popoli europei che sono ritenuti da tutti la storica guida dell'intera umanità. La cultura europea li guarda e li condanna dall'alto dei secoli, loro negatori dei valori europei più alti. Loro che vorrebbero un'uniformità per tutto affinché tutto sia sottomettibile ai loro disegni distruttivi di ogni identità per fini di profitto e mercantilismo. Loro che non fanno gli interessi dei loro popoli ma delle multinazionali del commercio mondiale globalizzato. Loro che sono per la finanziarizzazione dell'economia e della mercificazione di ogni aspetto della vita
I nomi di questi partiti o dei loro rappresentanti sono noti a tutti, nessuno può essere così stupido da ignorarli. Ripeto, a destra e a sinistra ci sono partiti contro di essi: valutate quale sia il voto più utile per voi. Dico solo di guardarsi da quei movimenti che hanno detto tutto e il contrario di tutto. Che appaiono come rivoluzionari ma mai hanno detto, anzi!, una parola contro l'euro e l'UE.
Più chiaro di così, senza essere di parte, non potevo essere. Se non avete capito amen e auguri...
Viva l'Italia, viva l'Europa di popoli indipendenti, diversi (e unici perché diversi) e dialoganti nel rispetto di tutti. È l'ultima occasione prima della catastrofe.
Mettetevi una mano sulla coscienza, per voi e per i vostri figli: scegliete la vita, il futuro.
A me in fondo non me ne frega più di nulla: non so perché perda tempo a fare questi appelli. Sarà perché le pietre di questo paese e di questo continente, il mio paese e il mio continente, gridano per me più del sangue di Abele dalla terra.
4 marzo 2018


domenica 21 gennaio 2018

Mi sono rotto, sequel

Il clamoroso successo del post “Mi sto rompendo il cazzo” soprattutto dall'Ucraina e li capisco (l'unica cosa che mi incresce è che sono troppo poco per aiutarli ma mi riempie d'orgoglio che mi seguano) quasi mi impone di farne un sequel.
Naturalmente quel post era uno sfogo, forse una speranza. La situazione europea non promette nessun progresso, ma al contrario suggerisce una fine al solito tragica.
Allora vediamo di aggiungere qualcosa per aggiornare l'incazzatura.

Oggi in Italia il dibattito si sta facendo un filo più centrato sui problemi della dittatura dell'UE, ma nessuno o quasi prende il coraggio di dire le cose come stanno. Siamo oltretutto in campagna elettorale.
Poi adesso stiamo partendo per il Niger, oltre le altre missioni di guerra in ballo.
Forse qualcuno pensa ancora che “quando l'Africa si piglia, si fa tutta una famiglia” (mi pare sia un verso di “Faccetta nera”) ma nessuno s'è preoccupato di avvertirli che le Nigeriote, si dice così?, non sono belle come le donne del Corno d'Africa.
Zeudi Araya
Se fossero come le donne del Burkina Faso s'andrebbe ancora col vento in poppa.
Bella guagliona dell'Alto Volta
Al fratello di questa bella gnoccolona, e lo dico con tutta la tenerezza che devo a questo bel sorriso, lo sapete quanto sia cultore della bellezza femminile, gli facciamo fare il poliziotto e ai figli gli facciamo vincere i 100 metri o gli diamo un premio cinematografico: e loro sono tutti contenti e noi tanto buoni... All american style.

A parte l'aneddoto, qualche considerazione integrativa del post sunnominato si può fare.
Bisognerebbe stabilire se in Niger ci stiamo andando perché 'ce lo chiede la Francia' dopo che è tramontato il mitico 'ce lo chiede l'europa' (volutamente minuscolo). O perché lo scopo è di ricreare, boot on the ground, una presenza militare colonialista che a un tempo garantisca l'uranio per la Francia e una soluzione militare al problema delle fonti di immigrazione clandestina (sarebbe una buona soluzione egoisticamente...). E forse se l'unione monetaria del CFA (Colonie Francesi d'Africa=Comunità Finanziarie d'Africa: non è una battuta...), collegata all'euro, abbia per scopo la creazione di stati poverissimi pronti a fornire mano d'opera servile. Anyway...
Oggi in Italia il dibattito più avanzato inclina verso un'interpretazione dell'eurozona come una delle tante riedizioni del conflitto lavoro-capitale. In cui, ovviamente, Eurolandia agisce in favore della mobilità dei capitali e dell'altrettanto mobile e ricattabile forza lavoro, da cui discende l'immigrazione a manetta per produrre schiavi da occupare al posto di quei choosey di bianchi europei che pretenderebbero di usufruire delle conquiste sul lavoro costate sudore et sanguine ai loro nonni.
Tutto giusto, ma da ingenuo qual sono faccio notare: se io sono contro il capitalismo, perché dovrei porre la questione come conflitto perpetuo fra capitale e lavoro?
Se sono contro il capitalismo vorrei che esso sparisse dalla storia. Se pongo sempre la questione fra lavoro e capitale, mi sorge il sospetto che abbia bisogno dell'esistenza del capitalismo per sapere da quale parte sto: da quella del lavoro.
Ma se sono per il superamento del capitalismo non dovrebbe interessarmi della lotta fra lavoro e capitale: se la categoria lavoro dipende dalla categoria capitale di fatto non sto superando il concetto di capitalismo.
Questo, a mio avviso, rimanda alla questione irrisolta della dottrina collettivista che ebbe la sua forma storica nel materialismo storico o comunismo, voglio dire del problema del superamento del capitalismo attraverso la categoria marxista-leninista del capitalismo di Stato.
Intendo significare che se supero il problema del capitalismo storico, in soldoni se voglio superare il principio che i soldi producano soldi, attraverso la soluzione che il capitalista sia uno solo, e allora può essere anche monopolista, cioè lo Stato, non faccio altro che riprodurre lo schema liberocapitalista in modo autarchico attraverso l'azione unica dello Stato.
Ma, mi viene il sospetto, se sono anticapitalista non dovrei invece volere e perseguire l'estinzione del capitalismo, piuttosto che una sua mimesi, o parruccamento, in altre forme subdole?
Ma se elimino il capitalismo come faccio poi controllare le masse se non le irreggimento nella vagheggiata classe operaia?
E perché non lo voglio? Ossia perché le dotte dissertazioni dei colti non lo vogliono?
Se rispondo che ciò è perché sono dei borghesi di merda, torniamo al post di partenza. Ovvero sia che ce lo stanno di nuovo mettendo al culo.
Non so che dirvi, del resto non pensavo neppure di poter essere un punto di discussione per questi temi, voi sapete che mi occupo d'arte e di bellezza, non di queste miserie.
Però la visione dall'Italia è questa, voglio dire che questa è la più avanzata qui da noi. Sento dire che all'estero è peggio: peggio mi sento, come dicono i romani.
Io sono un poeta, un architetto, uno che si occupa di bellezza e di arte, non son filosofo o sapiente. Prendo 'lo dolce per lo dolce' e nel mio piccolo rifletto, sapendo quanto sia inutile.
Ma quando so che della gente si passa parola e legge quel che ho scritto sono felice. E rido con la mia margherita in bocca.

giovedì 11 gennaio 2018

Occhio architettonico - La casa di Dio

Sono stato indeciso se scrivere prima un post sul periodo tardo romano, comprendendo in questa categoria il Paleocristiano, il Bizantino e il Romanico, ma alla fine preferisco dire due cose sul più importante stile anticlassico, ovverosia il Gotico. Credo sia più pedagogico chiarire prima gli elementi essenziali dell'occhio architettonico rispetto a questo periodo e alla sua ripresa eclettica dal XIX secolo.
Il vero significato del termine gotico non si conosce. In genere si propende per un senso allargato di goto per tedesco, ma in effetti i primi esempi di questo stile non sono in Germania ma in Francia quando quest'ultima era già molto ben distinta dai popoli germanici non ostante l'origine comune. Quella che noi chiamiamo Francia è il risultato dell'evoluzione del Regno dei Franchi (cioè provenienti dalla Franconia, che è in Germania) dopo l'arrivo dei Normanni (cioè i Vichinghi) e l'annessione del Regno di Provenza. Insomma coi Goti non c'entrano nulla.
Un'altra ipotesi fa risalire il termine Gotico alla radice indoeuropea *ghūta (invocato) nelle lingue germaniche da cui viene, per esempio, il tedesco gott cioè Dio. Ho chiamato questo post “La casa di Dio” perché l'edificio principe del periodo gotico, il solo monumentale per i primi secoli, fu la chiesa e i suoi eventuali annessi monasteriali.
Anche come sia nato lo stile gotico è avvolto nella bruma delle foreste dell'Europa centrale. Partiamo sempre dal dato pratico. In Europa nel medioevo le relazioni commerciali, soprattutto nelle zone interne che non potevano avvalersi della navigazione, hanno senz'altro reso più raro se non fatto sparire alcuni materiali del sistema costruttivo romano e di conseguenza anche la conoscenza di come costruire. Dunque si è dovuto spesso, per non dire sempre, adattare la maniera romana alle esigenze e possibilità del periodo o trovare delle nuove soluzioni.
Allora immaginate di essere un muratore italiano o un maçon francese del medioevo.
Se un muratore italiano doveva costruire un edificio si trovava di fronte una montagna di mattoni, d'argilla perché al nord e anche in altre zone ci sono terre argillose, o mattoni di pietra tagliata, i Romani usavano il tufo per esempio. E spesso era più conveniente voltare in mattoni che fare solai e capriate in legno, dipende dalla zona.
Un maçon francese vive sul Massiccio Centrale. Intendendo non solo la regione propriamente detta ma tutto l'altopiano roccioso dell'Europa centrale che è una struttura geologica che da miliardi di anni è, per dir così, la struttura scheletrica del continente. Per un mattone il maçon deve vendere la madre, ma ha intorno tutta la pietra che vuole e tutto il legno che vuole perché esisteva ancora la foresta di querce che ricopriva tutto il continente. Viene più facile pensare che usasse questi materiali. Se deve costruire una casa userà di preferenza il legno perché è inutile che si fa il culo per tagliare la roccia e per trasportarla, visto che è dura e pesa una cifra. Se gli richiedono una chiesa o un monastero userà la pietra.
Il nostro muratore italiano coi suoi mattoni farà muri e volte. Ma come farà una volta il suo collega francese? Il mattone si può mettere a spina di pesce e svolge una buona funzione autoportante, la pietra no perché, essendo appunto una volta, aggetta e ha uno sforzo di taglio notevole. Allora, probabilmente facendo tesoro delle sue esperienze come carpentiere, farà in modo che tutto il peso della volta gravi sulle nervature e basta, lasciando agli spicchi il compito di reggersi solamente, che è già abbastanza.
Diciamolo in un altro modo. Se voi avete della plastilina e vi dicessi di fare un arco, conformereste una barretta di plastilina e poi la pieghereste in tondo. Ora la pietra non la si può piegare dunque bisogna scomporre l'arco in pezzi, che sono i conci. Osservando gli alberi e facendo un po' di prove col legno capite che un arco acuto è più favorevole di uno a tutto sesto per sostenere una volta in modo che la parte fra le nervature sia scarica se non del solo peso proprio. Poi vi spiego in dettaglio.
Credo che la nascita del Gotico dipenda dai materiali usati e sia la lenta evoluzione nell'uso di quei materiali fino a portarli alla loro massima efficienza.
È un cambiamento mentale per cui nel blocco di pietra si vede già la forma della struttura che servirà alla costruzione. Quando il gotico approderà in Italia, spesso sarà fatto usando i mattoni, ma allora la forma sarà imitativa di quelle in arrivo dall'Europa, non dipenderà dal materiale. Se volete, il Gotico italiano è già un caso di linguaggio architettonico.
Bisogna dire che il periodo gotico è molto più lungo nel resto d'Europa che in Italia. In Italia arriva come nuovo stile europeo a rimpiazzare appunto le molteplici declinazioni della tradizione romana nel XIII secolo e sarà progressivamente sostituito dallo stile Rinascimentale dal XIV secolo. Nel resto d'Europa compare all'inizio del XII secolo e rimarrà di fatto fino al XVI.
Naturalmente il grande successo del Gotico è lo spirito europeista di quei secoli, il vero spirito europeo, quello che a esempio faceva partire i lapicidi comacini dalla loro piccola città per campagne di lavoro in tutto il continente, che pose fine al Romanico in Italia. Il Romanico fu l'ultima nota dello stile romano, perché dopo il gotico s'era spezzato il filo continuo con la tradizione latina. Resta, questo stile, lo stile legato alla celebrazione di uno dei migliori momenti della storia italiana: quello dei liberi comuni. Il Gotico corrisponde alla nascita dei regni nazionali e alla formazione della relativa aristocrazia.
Il Gotico è in Italia l'adesione allo spirito di comunicazione, di confronto, di apertura verso una nuova civiltà di tutto il continente europeo. Ribadisco, anche con un po' di fastidio a doverlo precisare: non ha niente di paragonabile all'europeismo della UE di oggi, che è globalista, apolide e imperialista.

Planimetricamente una chiesa gotica conserva l'impostazione basilicale accentuando però il percorso ingresso-presbiterio con l'incorporamento dei campanili in facciata e con una vasta zona absidale per il coro. Già qui si vede un elemento che deve guidare l'osservazione nell'analisi delle architetture gotiche: esse sono fortemente direzionali, sia in planimetria sia nelle sezioni. Dall'entrata si va sparati verso l'altare, niente transetti fino al XIII secolo (in generale in tutti gli stili) come non ci sono Crocifissi fino a quel periodo in pittura. Da terra si va sparati verso l'alto decine di metri sia all'interno sia continuando all'esterno con le guglie. Ricordate, anatroccoli, quanto si è detto a proposito dell'orizzontalità del Rinascimento o alla cercata solidità generale della classicità o del classicismo.
Qui vi metto la planimetria della cattedrale di Reims, iniziata nel 1211, in cui ho evidenziati i campanili e della quale ho già messo la facciata in un altro post.
Cattedrale di Reims - planimetria

Un altro elemento che descrive immediatamente l'architettura gotica è la forma del suo sistema strutturale che è archivoltato ma con caratteristiche nuove e proprie. Lo stilema più evidente e decisivo per ascrivere al gotico un'architettura è la presenza di archi e volte a sesto acuto e non a tutto sesto. Ma vediamo perché.
Le strutture verticali appaiono al profano come delle strane colonne. In realtà sappiamo che non possiamo definirle colonne, sia perché non appartengono ai vari e tanti stili visti nell'architettura greca e romana, ma soprattutto perché manca un vero capitello.
Lo si vede bene dall'interno della basilica di San Denis, vicino a Parigi, forse la prima chiesa gotica essendo del 1135. Questa basilica fu restaurata in forme gotiche dall'abate Sugier il quale scrisse anche dei piccoli trattati del nuovo stile, suggerendo le soluzioni, questi trattati hanno un'enorme importanza storica poiché sono i primi dopo quelli romani di Vitruvio.
Qui sotto vedete un interno e un deambulatorio, senz'altro di Sugier, che mostra le prime soluzioni strutturali gotiche che confluiscono ancora però in una colonna. (Vi consiglio di allargare il più possibile le immagini del post).
Basilica di Saint Denis - interno

Basilica di Saint Denis - deambulatorio
Il capitello di una colonna ha la funzione statica di ridurre la luce fra una colonna e l'altra, in altre parole la trabeazione appoggia su una base più ampia che ci garantisce che lo sforzo assiale finisca con sicurezza nel terzo medio. Se non vi ricordate più cosa vuol dire avete due possibilità: o rileggervi i post sull'occhio architettonico precedenti o chiedere all'amico ingegnere. Nel gotico questo principio è risolto con tutto un altro tipo di approccio.
Quando osserviamo un'architettura o un edificio in genere, abbiamo la tendenza a partire da terra e salire verso l'alto. Questo è istintivo visto che si comincia a costruire dalle fondazioni e poi si sale.
Nell'analisi di un edificio gotico dobbiamo fare l'opposto. Dobbiamo partire dal cielo, nel senso astronomico o in quello architettonico di intradosso (la parte sotto del soffitto, eddai...). Vedremo delle volte a sesto acuto dette crociere.
(Attenzione: la crociera non è solo gotica, può essere generata anche da un arco a tutto sesto, saranno quattro spicchi di sfera.)
La crociera è segnata da costoloni in pietra che si uniscono in chiave. I costoloni o nervature hanno il compito di sopportare il grosso dello sforzo della volta, che è, come sapete, il peso di quello che ci sta sopra. Il sesto acuto riporta più rapidamente il carico in verticale, che, come sapete, non è mai perfetta: c'è sempre un po' di spinta laterale, questo lo aggiungo per dopo.
È chiarissimo in questa veduta completa dell'interno della cattedrale di Sain Jean di Lione iniziata nel 1180.
Cattedrale di Saint Jean a Lione - navata centrale
Potete provare a fare una semplice prova. Disegnate un arco a tutto sesto e lo dividete in conci regolari, di forma approssimativamente quadra (sono dei trapezi con le basi ad arco di cerchio che non so come si definiscano in geometria...) e lo stesso fate con un arco a sesto acuto (acuto quanto vi pare). Ora nel baricentro dei conci mettete due frecce, una verticale e una orizzontale. La prima è la forza peso, la seconda è la spinta laterale. Non ha importanza la dimensione grafica, ma fate più grande la freccia verticale ovviamente. Disegnate la risultante e poi sommatela alle due frecce del concio successivo. Vedrete che lo sforzo si dispone secondo la verticale molto prima nell'arco a sesto acuto o ogivale (che sarebbe la puntina superiore, o cuspide).
Se la spinta laterale è troppa vedremo dopo come si fa, o meglio come facevano nel gotico.
Ma qui non si può sbagliare perché non ci sono capitelli o mensoloni che aiutano e nemmeno si può usare una catena (la catena è un elemento orizzontale interno alle strutture verticali che assorbe le spinte laterali costanti o accidentali, caso dei terremoti). Costruire una cattedrale gotica e dover mettere una catena, intendo dire appena fatta non per restauro o sicurezza del monumento storico, sarebbe stata una clamorosa figura di merda.
Allora occorre che gli sforzi se ne stiano tutti belli divisi, in modo da sapere dove vanno, quanti sono, di chi sono, quando iniziano (da una guglia, dal tetto, dal solaio...) e quando finiscono (si scaricano a terra o su una struttura maggiore?). Ogni linea di forza è evidenziata da una nervatura una sua colonna o pilastro che scende fino a concentrarsi nel sito della struttura puntiforme. Attenzione: se una struttura scarica su un muro, dentro quel muro la linea di forza va verticale solo in quel punto preciso, a fianco è per così dire scarico (porta solo il peso proprio, e le spinte laterali in senso longitudinale a essere precisini).
Il risultato di questo mazzo di linee di sforzo sono le strane colonne. Si chiamano pilastri polistili, ossia pilastri 'a più colonne' in greco e appoggiano su una base che segue il loro perimetro. Si chiamano anche pilastri polilobati perché il loro perimetro è fatto di pezzi di colonne, tonde, e di pilastri, angolari o piani. Qui o ogni parte del pilastro ha un suo piccolo capitello, più o meno di derivazione classica o di fantasia, oppure vi è un coronamento di tutto il pilastro polistilo.
Qualche anatroccolo è annegato, ma qualcuno sta mulinando le rotelle. Dai che ci siete! L'ipotesi è: ma se io riduco il peso fra un pilastro e l'altro (fra una nervatura e l'altra non si può perché si cade al piano di sotto, con nocumento del vostro prezioso benché transeunte scheletro, o si vedono le travi del solaio tutte buie e ragnatelose e il ragno vi casca a voi nel coppino e alle vostre anatroccole nella scollatura) allora potrei avere delle strutture meno caricate di spinta laterale e quindi più snelle. You've got it brotha or sista! E che possiamo fare con siffatta virtù? Le facciamo più alte verso il cielo! Ma poiché più una struttura è alta più c'è la spinta laterale per via di quello che si chiama il carico di punta, cioè la struttura tende a oscillare attorno all'asse longitudinale, meno il carico è disturbato nel suo corso verso la verticale più possiamo fare strutture alte. Ricordate il principio di azione e reazione: in architettura ogni massa esercita una spinta laterale. Se quello che oggi si chiama tamponamento è di vetro (dobbiamo pur chiuderla 'sta chiesa o diventa un portico) è logico che la massa diminuisca notevolmente e di conseguenza la spinta.
E se purtroppissimo la spinta laterale è ancora troppa? Perché di solito ci appoggia una capriata del tetto. Aggiungiamo all'esterno una struttura ad hoc detta arco rampante, anch'esso a sesto acuto che controbilancerà con la sua massa la spinta laterale del corpo di fabbrica. Ma è un arco, dunque sotto non ci sono muri ma ci si può passeggiare o seminare olezzose erbe di campo o ameni fiori alla lor stagione. L'arco rampante scarica su un contrafforte grosso quanto ci serve.
Questo schema strutturale riassume tutti gli elementi detti.
Schema strutturale gotico

Questo è quello che c'è da sapere sull'architettura gotica: il resto viene in conseguenza della comprensione degli sforzi strutturali. Non l'ho detto ma allora non avevano strumenti matematici per effettuare nessun calcolo dimensionale: solo l'esperienza, l'osservazione e forse qualche manualetto per sommare le linee di sforzo o qualche regola pratica per dimensionare le parti a uso dei muratori e capomastri.
Ma qual è il resto? Be' c'è il discorso sulla decorazione ricchissima, quasi ossessiva, delle chiese gotiche, ma ne parlerò in uno dei post delle Muse perché è un discorso molto tipico di rapporto fra le arti e anche lunghetto che non posso fare qui. Dico solo qui, tornando all'origine del Gotico, che la natura concettuale eminentemente scultorea dello stile non poteva avere prevenzioni per la decorazione statuaria e plastica. Tutta una chiesa o un edificio gotico è in fondo una enorme scultura. Per esempio anche laddove non c'è necessità strutturale la forma gotica si comporta con la stessa logica, per esempio nei protiri. Ne vedete uno qui nella basilica di San Petronio a Bologna, chiesa meravigliosa, uno dei più grandi monumenti italiani in assoluto, di uno dei gotici italiani possibili. Il protiro di San Petronio non ha un portale ad arco acuto ma il discorso non cambia. È un protiro romanico ma il romanico prende la strombatura e i pilastrini dal gotico. Notate anche un'altra cosa. Guardate che po' po' di arco di scarico è stato necessario per aprire il portale, e notate anche che il muro di sopra l'arco di scarico è alleggerito dal grande finestrone gotico: non era facile costruire con queste dimensioni.
Basilica di San Petronio a Bologna - facciata
L'ultimo elemento, ultimo perché il post è già molto lungo, è l'elemento forse più connotante della poetica gotica. Aver eliminato i muri mettendo a tamponamento delle finestre polifore vetrate implica uno scambio continuo della luce da fuori verso l'interno ed è l'aspetto a tutti noto, ma anche dall'interno verso l'esterno, in modo che la luce passi colorata dalle finestre e si veda da fuori e da lontano di sera durante le celebrazioni illuminate da bracieri. Le chiese gotiche sono molto luminose dentro e fuori, costituendo insieme alle sculture narranti il richiamo per il passante e una sorta di libro di pietra.
Qui lasciatemi mettere una delle bellissime finestre del Duomo di Milano, illuminata di sera.
Duomo di Milano - finestra absidale
Faccio solo notare che le finestre devono essere anch'esse in pietra traforata perché le vetrate devono avere una cornice che sia sufficientemente robusta da assorbire le spinte laterali delle masse dei pilastri o dei pezzi di muro, altrimenti il vetro andrebbe in frantumi. Anche delle vetrate gotiche ne parlerò fra le Muse.
Altre cose comuni le trovate nei normali libri di storia dell'arte.

giovedì 21 dicembre 2017

Le Muse: il rapporto reciproco fra le arti - La Grecia

Le Muse: il rapporto reciproco fra le arti - La Grecia 

Con questa nuova serie di post voglio affrontare un tema poco dibattuto, ma di singolare importanza. Voglio tentare una veduta a volo d'uccello, nei vari periodi, sui rapporti fra le arti: se ne esistano e quali oppure se non ne esistano affatto. Considererò le arti tradizionali: pittura, scultura, architettura, musica e scrittura.
Un paio di esempi, sufficientemente noti a tutti, per chiarire cosa vi propongo sulla base della mia esperienza: una cattedrale gotica ha una commistione piuttosto forte di arti diverse che portano il loro contributo viceversa la ricerca avanguardistica moderna procede in sostanza per parti separate.

Il primo periodo che considero è la Grecia e prenderò in esame la classicità greca, come paradigma su cui inserire poi l'evoluzione e i cambiamenti ellenistici, che lascio ad altra sede più specialistica di trattare. Il senso di questi post è avere un quadro di riferimento rispetto all'azione artistica: se tendenzialmente separata o unitaria per vedere appunto qual è il loro rapporto reciproco nelle epoche storiche convenzionali.
Va detto, rispetto all'arte greca, che se noi abbiamo una vasta conoscenza della scultura e dell'architettura o abbastanza buona della poesia non possiamo dire lo stesso per la pittura o per la musica. Dobbiamo basarci sui reperti archeologici ed è questo anche il motivo per il quale non parto da più lontano nel tempo. La storia ci ha negato una quantità enorme di arte greca, o precedente ancora, ciò nonostante essa è la base della nostra conoscenza artistica e non solo.
L'arte che conosciamo di più è la scultura perché possiamo essere ragionevolmente sicuri che le copie in marmo romane siano identiche a quelle in bronzo greche. Conosciamo sia la bravura degli scultori romani sia le loro tecniche di rilievo e riporto. I romani avevano molti degli originali greci in bronzo poi perduti perché banalmente furono fusi per farci altro. Allo stesso modo possiamo valutare la conoscenza dell'architettura, fra quanto è rimasto e quanto si è detto sui canoni un po' in tutte le epoche.
Purtroppo il Cristianesimo ha distrutto dei tesori, in quanto forme dell'arte pagana, in quantità e qualità tale che è meglio non pensarci. L'idea che il Partenone sia saltato in aria perché trasformato in polveriera, durante una delle tante guerre fra europei e turchi, dà un'idea di come la violenza iconoclasta delle religioni sia stata folle e perpetrata nel tempo. Ma ricordatevi, anatroccoli, che le religioni sono delle alleanze politico militari: di spirituale non hanno nulla. A proposito, il post sulla “Chanson de Roland” ha sempre più successo con mia estrema soddisfazione e orgoglio. Leggetela la “Chanson de Roland” è davvero un capolavoro.
La poesia è conosciuta, ma solo in parte e qui non siamo sicuri che i monaci cristiani abbiano tenuto le migliori tragedie. Qualche anno fa fu rinvenuta in Italia una villa romana con centinaia di papiri bruciati provenienti dalle biblioteche della domus. Come sapete nelle case romane c'erano due biblioteche: quella greca e quella latina, sul modello della colonna traiana). Esiste una tecnica che permette di svolgere i rotoli arsi e riportare alla vista le lettere, si spera in qualche grande scoperta inedita, ma sono processi molto complessi e lunghi, che portano via decenni.
Poi manca quasi tutto dei lirici: della mia amatissima Saffo son rimasti solo lacerti o poco più. Ci mancano le cosiddette 'piccole Iliadi' o 'piccole Odissee' e tutto il resto.
La pittura è quasi sconosciuta, se non per descrizioni. Abbiamo sì quella ceramica, ma niente delle altre se non pezzi di pigmento su qualche muro, ma roba per archeologi, nulla più. Ci può essere d'aiuto la pittura parietale della tombe etrusche che con ogni probabilità sono state eseguite da pittori greci, ma solo provenienti della Magna Grecia.
Tomba di Tarquinia
La musica poi è del tutto sconosciuta se non de relato da parte di qualche filosofo. Ma che musica suonassero i greci non lo sa e non lo saprà mai nessuno, almeno in questa vita. Di trovare un vecchio 78 giri di Euripide non se ne parla. Poi vi spiegherò perché dico proprio Euripide.
Stando così le cose direi che conviene esplorare i casi in cui le arti hanno collaborato.
Un primo caso, il più conosciuto, è il rapporto tra architettura e scultura. Ne ho già parlato ed è molto conosciuto.
Nel video sul concerto per clarino di Mozart, che vi ostinate a non guardare come l'altro, perché come anatroccoli avete o dimostrate un cervello da gallus gallus domesticus e una prosopopea da pavo cristatus, ho messo le tre stupende Dee del fregio del Partenone: Estia, Dione e Afrodite. E se quando sarò morto incontro quello che le ha decapitate dovo lo trovo lo lascio.
Frontone del Partenone
Ma il rapporto fra scultura e architettura non si risolve solo nell'uso di statue in alcuni punti dell'edificio: timpano e metope, ma anche nella genesi delle stesse forme di linguaggio architettonico. Anzi questo tema, che ho già ampiamente trattato e che tratterò di sicuro di nuovo parlando d'arte, permette di introdurre una classificazione fondamentale per descrivere il rapporto fra le arti. In alcuni casi abbiamo che l'architettura prevede dei siti di allocazione di altre opere d'arte, queste parti dell'edificio possono essere molto ben definite, un timpano appunto, o più genericamente definite, una parete a mosaico bizantina a esempio. Oppure si può avere una fusione fra le due forme di arte. È il caso dei canoni architettonici, dalle modanature alla definizione dei capitelli et cetera.
Dunque nell'arte greca vi è una fusione fra architettura e scultura. Ma si sa che sia gli edifici sia le statue erano dipinti a colori. Ogni parte del tempio aveva un colore, vedete per questo il post “Anatema”. Ma anche le statue erano dipinte e al naturale. La pelle era dorata o rosata, gli occhi dipinti, la bocca o i capelli, le Dee erano truccate... a volte ci potevano essere persino gioielli o vestiti.
Ricostruzione di una kore
Questo testimonia che per i greci le divinità avevano aspetto umano ed erano riprodotte per sembrare persone vive. Naturalmente per la nostra sensibilità, che è dovuta al fatto che le vediamo secoli dopo e ci siamo abituati così, appaiono molto più affascinanti i tenui cromatismi del bronzo o del marmo o lo sguardo senza pupille, così 'olimpico'...

C'è però un luogo dove le arti si sono congiunte, praticamente tutte: il teatro.
Due parole sull'origine del teatro o meglio delle rappresentazioni drammaturgiche.
All'inizio era il coro... e il coro era presso di Dio, e il coro era Dio... Sembra una battuta ma probabilmente è andata proprio così. La più antica forma di dramma greco che possediamo sono i Ditirambi di Bacchilide, autore greco subito precedente ai grandi storici del V secolo: Eschilo, Sofocle e Euripide. Anche i ditirambi non sono integri e ne abbiamo solo dei pezzi.
L'azione consisteva nel coro che intonava un canto che narrava un mito. Non è certo se il dramma fosse da ascrivere al culto di Dioniso o di Apollo, alcuni pensano che siano due forme diverse: il ditirambo per Dioniso e il peana per Apollo e non sappiamo se nei Ditirambi di Bacchilide siano presenti anche dei peana. Si immagina che il coro cantasse dapprima in cerchio, un po' come i cori sardi di oggi, e in seguito nel tempo si disponesse in linea o a triangolo per rivolgersi a un pubblico. Si suppone che già in Bacchilide fosse possibile che un corifeo uscisse a recitare o a cantare solisticamente. Dal dialogo che si instaurava fra corifeo e coro sarebbe nata l'azione teatrale, il dramma. I tre grandi del V secolo avrebbero introdotto via via il protagonista, l'antagonista, la parodo o entrata laterale del coro (quindi il primo movimento coreutico), poi ancora gli altri attori e le varie sezioni della tragedia. Non specifico troppo perché sono nozioni che potete trovare con facilità anche in rete, a differenza di quelle che vi do sulla composizione architettonica: e quando lo capirete, anatroccoli, sarà sempre troppo tardi.
Non sappiamo con certezza come fosse alla fine una tragedia o un altro tipo di dramma del teatro greco. Magari era del tutto simile a una nostra opera lirica ma non si può affermare con certezza. Di sicuro abbiamo l'unione strettissima almeno della poesia, della musica e del movimento coreutico. Anche a voler essere pessimisti non è da folli pensare che a un certo punto comparissero delle danze.
Fra l'altro, per dire della complessità di questa forma di arte, sappiamo che erano usati in pratica tutti i dialetti greci nelle varie parti della tragedia: dorico per i cori secondo la tradizione spartana (e qui si può pensare a quelle parti cantate come arie, diremmo noi, piuttosto che a quelle dialogiche con gli attori), eolico per le arie liriche e ionico o attico per i dialoghi e come lingua di base del recitato.
Una forma di pittura era senz'altro presente nelle maschere che avevano lo scopo di rendere riconoscibili i personaggi anche a distanza e immediatamente. Non escluderei forme di scenografia, statuaria e macchine per l'azione, anzi sarei stupito del contrario.
Euripide
Prima citavo Euripide. Di questo grande autore si sa che componeva sia il testo, sia le musiche delle sue opere, e si sa che era un pittore di un certo livello, aveva delle 'mostre' al suo attivo, dunque potremmo pensare a una pittura su tavola e non solo parietale. Perciò sembra strano che non utilizzasse anche la pittura nelle sue tragedie.
L'architettura probabilmente si aggiunse dopo. All'inizio il 'teatro' non era che un prato dove si riunivano i partecipanti, poi venne logico che fosse sulle pendici di una collina, le ripe per gli spettatori e il paesaggio, fosse campagna, mare o città, come fondale scenico. Poi si decise che almeno i posti più importanti si facessero in pietra e si mise qualche quinta e annesso per far sostare coro e attori quando non fossero in scena e da lì nacque il teatro architettonico con il proscenio e l'orchestra, ancora dopo il la quinta di fondo architettonica, in epoca ellenistico-romana.
Del resto che l'architettura arrivasse per ultima è logico se si pensa che il teatro è appartenente al culto di Dioniso e questo Dio non ha mai avuto templi: la sua liturgia si faceva nel bosco e dopo nel teatro, quando la sua venerazione fu ammessa dalle autorità e prese le forme di rito urbano e della polis. Prima della rappresentazione teatrale si faceva un sacrificio ed è probabile che la vittima fosse un capro, da qui il termine tragedia o 'canto del capro'.

Abbiamo quindi ottenuto un primo risultato di compresenza e collaborazione fra le arti, cioè fra le Muse, da questa sommaria analisi, ma saranno tutte sommarie perché ve l'ho detto che se non mi pagano non voglio far fatica. Ma chi vi parla di Bacchilide o del culto di Dioniso normalmente? su, siate sinceri...
A proposito, siamo a Natale. Oltre al significato cristiano, il motivo per cui si festeggia il solstizio invernale è la nascita del Sole: il Natalis Solis Invictus dei Romani. Ma tutte queste feste invernali erano già nella tradizione greca: quelle del solstizio si chiamavano Piccole Dionisie o Dionisie Rurali, quello che oggi si chiama Carnevale si festeggiava nelle Antesterie (le 'feste dei fiori') dove Dioniso, che non aveva templi fissi, arrivava in città sul suo carro a forma di nave, il carrus navalis romano, da cui Carnevale. Questo carro ricompariva un mese dopo, forse per indicare la partenza del Dio dalla città, anche alle Grandi Dionisie o Dionisie Urbane che cadono all'incirca alla Domenica delle Palme, o sia la domenica prima della luna piena passato l'equinozio di primavera (cioè la prima luna piena di primavera). Forse è per questo che la Chiesa Cattolica ha scelto la domenica dopo come Pasqua...
Dunque le feste natalizie sono le feste della nascita del Sole e dell'Anno (Cesare scelse il primo gennaio come capodanno nel senso che in quel giorno entravano in carica i consoli, infatti era un giorno lavorativo, dunque sarebbe una festa solo amministrativa, a me infatti l'ultimo dell'anno sta sulle palle).
E dunque vi spetta il video di auguri di Buon Natale d'Anno! Eeh, ve tocca...
È la versione di Benny Goodman di “On the sunny side of the street”.

giovedì 7 dicembre 2017

Messaggio a reti unificate: tre anni di blog

Carissimi anatroccole e anatroccoli, comprendendo nella nomea ogni specie di bipedi in visione, oggi è il 
terzo compleanno di questo blog.
Il 2017 è l'anno in cui ho pubblicato il mio primo libro di liriche “Nato di Marzo” e l'anno in cui questo volume è stato premiato come vincitore della sezione Poesia Impressionista del Premio Nazionale Leandro Polverini.
Terzo compleanno del blog
Io mi sto divertendo a scriverlo questo blog e voi pare vi divertiate a leggerlo. Ormai ho capito quali argomenti vi stanno più a cuore e quali no, ma dovete capire che alcune considerazioni di carattere politico sono una testimonianza, che devo dare in certi momenti, di un disagio culturale e sociale mio ma non solo, poiché certi di questi stanno avendo un boom di letture.
Piano piano leggete anche quelli sull'architettura più specifica e non solo quelli sulla storia dell'arte. Leggete anche quelli sulla composizione architettonica per capire meglio, sono un po' meno usuali ma basta un minimo d'attenzione in più e vi si aprirà un mondo.
Anatroccolo/a designa soprattutto l'appassionato/a di architettura, che grazie anche a quello che trova nei miei post potrà diventare un bellissimo cigno (ma deve volerlo).

Avete un solo difetto: siete dei fifoni. Non ce n'è uno di voi che per qualche via mi porti all'attenzione il suo apprezzamento o le sue critiche. E sì che mi pare evidente che io sia una persona educata e affabile (è una vita che me lo dicono tutti) anche se a volte faccio dell'ironia o dico parolacce. E che i miei post, che non sono pochi, contengano tanti spunti di riflessione e argomentazione.
Le statistiche del blog dicono che è consultato e ha dei lettori affezionati. È brutto però essere sempre osservati dal buco della serratura. D'altra parte se non so chi siete, come tipologia non m'interessano il nome e cognome, non so proprio come interagire con voi. E lo vorrei, penso si capisca. Cos'è: siete tutti giovanissimi e non volete parlare con quello che potrebbe essere vostro padre o il prof? Non credo, ci sarà bene qualcuno un po' più maturo. E poi comunque non sono padre e non più insegnante, se non qui. Dunque?
C'è qualche problema tecnico? Fatemelo sapere. Non avete tempo? Auguri per i vostri gravosi impegni. Vi spavento? Nooo... Siete abituati a spolliciare e basta: like e dislike e via? Mandatemi segnali sintetici, due parole. Siete abituati a trollare e avete capito che qui non è aria per voi? Smettete di leggermi.
Anche a me è capitato di mettere dei commenti da qualche parte ai quali non ho ricevuto risposta, ma non mi sembra sia il mio atteggiamento, ho già detto che risponderei a tutti.
Pensate che oggi si vada solo di social del cazzo e il blog come social è desueto, troppo riflessivo? E siete d'accordo che sia così? Se sì: smettete di leggermi.
I commenti, il rapporto umano diretto, sono l'unica cosa che manca ormai al blog.

Comunque ho la testa dura.
C'è un post che non l'ha letto nessuno: “Al Andalus” è l'unico. Non so perché. In quel post pubblicavo due video di Mozart, che non potete perdervi nel modo più assoluto, e quindi li ripubblico qui come festeggiamento: oggi è anche Sant'Ambrogio, o sia la festa di Milano, il 7 di dicembre si mettono di tradizione le decorazioni natalizie. Come saprete è anche il giorno dell'inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala. Dunque festeggiare con la musica è appropriato.
Per la verità c'è un'altra tradizione ben più antica per Sant'Ambrogio: si mangia la gloriosa casöla con la polenta. Nella polenta che avanza si mette un pezzo di gorgonzola e si ricopre. Il formaggio si scioglie e si mangia condito di burro fuso (soffritto con aglio e salvia o sciolto a crudo, a piacere) e grana: una delizia. Io li accompagno col vino novello, ma è una mia tradizione. Come dolce, il Panettone, c'è bisogno di dirlo?
Ecco i video con il copia e incolla.
' Vi propongo due pezzi di Mozart che amo. Sono ambedue brani per fiati.
Wolfgang amava molto i fiati, tranne il flauto traverso, che odiava ma penso fosse perché era di moda fra i nobili del suo tempo e temeva che qualcuno gli chiedesse di suonare assieme. Avveniva spesso che i musicisti professionisti facessero da comprimari ai nobili dilettanti, così il primo violino teneva la viola accompagnando il principe appassionato di violino ecc... Amava soprattutto il corno e il clarinetto, che ha un'estensione maggiore dell'oboe classico. Stimava i fagottisti (i 'mangialegno') perché erano il basso del pezzo.

Il primo brano è un estratto del secondo movimento del Quintetto per pianoforte e fiati, del 1784, KV 452, composto a Vienna.
Nel video il larghetto è in si bemolle maggiore, clarinetto e corno sono in do maggiore.
Qualcuno ritroverà l'antenato del “...♪♫ I can't help falling in love with you ♫♪...” di Elvis Presley.

In una sua lettera al padre Leopold, del 10 di aprile 1784, Mozart scrive:

“ … Ho composto 2 grandi concerti e poi un quintetto che ha ottenuto un successo straordinario, io stesso lo considero come la migliore cosa che abbia mai scritto in vita mia. È scritto per 1 oboe, 1 clarinetto, 1 corno, 1 fagotto* e il piano forte*. Avrei voluto che voi aveste potuto sentirlo! E come è stato bene interpretato! D'altronde (per confessare la verità) alla fine mi sono stancato a forza di suonare e mi fa un onore non piccolo il fatto che i miei ascoltatori non si siano mai stancati. … ”.
[* in italiano nel testo]

I due concerti nominati nella lettera sono quelli per piano, in si bemolle maggiore KV450 e in re maggiore KV 451.

Se vi è piaciuto e lo volete tutto, è qui .

L'altro pezzo è un estratto del secondo movimento del famoso Concerto per clarinetto e orchestra, in la maggiore, KV 622, composto a Vienna nel 1791.
Quell'anno Mozart ha la testa piena di note, più piena del solito intendo, perché sta componendo “La clemenza di Tito”, “Il flauto Magico” e il Requiem oltre questo grande concerto. Era felice Wolfgang e non sapeva che quell'anno sarebbe morto.
Il tema dell'adagio è molto simile a “Pupille amate” da “Lucio Silla” messo in scena da Wolferl a Milano nel 1772. Questa opera fu una specie di consacrazione di Mozart come compositore adulto, dopo gli anni di bambino prodigio. Così ritroviamo lo stesso tema all'inizio e alla fine della sua parabola esistenziale.
Non mi stancherò mai di dire che “Lucio Silla” è un'opera bellissima e di straordinaria importanza per la lirica italiana del secolo successivo, anche se non mai superata ovviamente, con un gusto milanese e scaligero che farà epoca, anche se poi così malamente reinterpretato.
Suona una dolcissima clarinettista islandese: Arngunnur Arnadottir.

Se vi è piaciuto e lo volete tutto, è qui . '

Un bacio alle anatroccole e una virile stretta di mano agli anatroccoli.
Fine del messaggio a reti unificate. Sigla.