Le Muse: il rapporto reciproco fra le arti - La Grecia |
Con questa nuova serie di
post voglio affrontare un tema poco dibattuto, ma di singolare
importanza. Voglio tentare una veduta a volo d'uccello, nei vari
periodi, sui rapporti fra le arti: se ne esistano e quali oppure se
non ne esistano affatto. Considererò le arti tradizionali: pittura,
scultura, architettura, musica e scrittura.
Un paio di esempi,
sufficientemente noti a tutti, per chiarire cosa vi propongo sulla
base della mia esperienza: una cattedrale gotica ha una commistione
piuttosto forte di arti diverse che portano il loro contributo
viceversa la ricerca avanguardistica moderna procede in sostanza per
parti separate.
Il primo periodo che
considero è la Grecia e prenderò in esame la classicità greca,
come paradigma su cui inserire poi l'evoluzione e i cambiamenti
ellenistici, che lascio ad altra sede più specialistica di trattare.
Il senso di questi post è avere un quadro di riferimento rispetto
all'azione artistica: se tendenzialmente separata o unitaria per
vedere appunto qual è il loro rapporto reciproco nelle epoche
storiche convenzionali.
Va detto, rispetto all'arte
greca, che se noi abbiamo una vasta conoscenza della scultura e
dell'architettura o abbastanza buona della poesia non possiamo dire
lo stesso per la pittura o per la musica. Dobbiamo basarci sui
reperti archeologici ed è questo anche il motivo per il quale non
parto da più lontano nel tempo. La storia ci ha negato una quantità
enorme di arte greca, o precedente ancora, ciò nonostante essa è la
base della nostra conoscenza artistica e non solo.
L'arte che conosciamo di più
è la scultura perché possiamo essere ragionevolmente sicuri che le
copie in marmo romane siano identiche a quelle in bronzo greche.
Conosciamo sia la bravura degli scultori romani sia le loro tecniche
di rilievo e riporto. I romani avevano molti degli originali greci in
bronzo poi perduti perché banalmente furono fusi per farci altro.
Allo stesso modo possiamo valutare la conoscenza dell'architettura,
fra quanto è rimasto e quanto si è detto sui canoni un po' in tutte
le epoche.
Purtroppo il Cristianesimo
ha distrutto dei tesori, in quanto forme dell'arte pagana, in
quantità e qualità tale che è meglio non pensarci. L'idea che il
Partenone sia saltato in aria perché trasformato in polveriera,
durante una delle tante guerre fra europei e turchi, dà un'idea di
come la violenza iconoclasta delle religioni sia stata folle e
perpetrata nel tempo. Ma ricordatevi, anatroccoli, che le religioni
sono delle alleanze politico militari: di spirituale non hanno nulla.
A proposito, il post sulla “Chanson de Roland” ha sempre più
successo con mia estrema soddisfazione e orgoglio. Leggetela la
“Chanson de Roland” è davvero un capolavoro.
La poesia è conosciuta, ma
solo in parte e qui non siamo sicuri che i monaci cristiani abbiano
tenuto le migliori tragedie. Qualche anno fa fu rinvenuta in Italia
una villa romana con centinaia di papiri bruciati provenienti dalle
biblioteche della domus. Come sapete nelle case romane c'erano due
biblioteche: quella greca e quella latina, sul modello della colonna
traiana). Esiste una tecnica che permette di svolgere i rotoli arsi e
riportare alla vista le lettere, si spera in qualche grande scoperta
inedita, ma sono processi molto complessi e lunghi, che portano via
decenni.
Poi manca quasi tutto dei
lirici: della mia amatissima Saffo son rimasti solo lacerti o poco
più. Ci mancano le cosiddette 'piccole Iliadi' o 'piccole Odissee' e
tutto il resto.
La pittura è quasi
sconosciuta, se non per descrizioni. Abbiamo sì quella ceramica, ma
niente delle altre se non pezzi di pigmento su qualche muro, ma roba
per archeologi, nulla più. Ci può essere d'aiuto la pittura
parietale della tombe etrusche che con ogni probabilità sono state
eseguite da pittori greci, ma solo provenienti della Magna Grecia.
Tomba di Tarquinia |
La musica poi è del tutto
sconosciuta se non de relato da parte di qualche filosofo. Ma che
musica suonassero i greci non lo sa e non lo saprà mai nessuno,
almeno in questa vita. Di trovare un vecchio 78 giri di Euripide non
se ne parla. Poi vi spiegherò perché dico proprio Euripide.
Stando così le cose direi
che conviene esplorare i casi in cui le arti hanno collaborato.
Un primo caso, il più
conosciuto, è il rapporto tra architettura e scultura. Ne ho già
parlato ed è molto conosciuto.
Nel video sul concerto per
clarino di Mozart, che vi ostinate a non guardare come l'altro,
perché come anatroccoli avete o dimostrate un cervello da gallus
gallus domesticus e una prosopopea da pavo cristatus, ho messo le tre
stupende Dee del fregio del Partenone: Estia, Dione e Afrodite. E se
quando sarò morto incontro quello che le ha decapitate dovo lo trovo
lo lascio.
Frontone del Partenone |
Ma il rapporto fra scultura
e architettura non si risolve solo nell'uso di statue in alcuni punti
dell'edificio: timpano e metope, ma anche nella genesi delle stesse
forme di linguaggio architettonico. Anzi questo tema, che ho già
ampiamente trattato e che tratterò di sicuro di nuovo parlando
d'arte, permette di introdurre una classificazione fondamentale per
descrivere il rapporto fra le arti. In alcuni casi abbiamo che
l'architettura prevede dei siti di allocazione di altre opere d'arte,
queste parti dell'edificio possono essere molto ben definite, un
timpano appunto, o più genericamente definite, una parete a mosaico
bizantina a esempio. Oppure si può avere una fusione fra le due
forme di arte. È il caso dei canoni architettonici, dalle modanature
alla definizione dei capitelli et cetera.
Dunque nell'arte greca vi è
una fusione fra architettura e scultura. Ma si sa che sia gli edifici
sia le statue erano dipinti a colori. Ogni parte del tempio aveva un
colore, vedete per questo il post “Anatema”. Ma anche le statue
erano dipinte e al naturale. La pelle era dorata o rosata, gli occhi
dipinti, la bocca o i capelli, le Dee erano truccate... a volte ci
potevano essere persino gioielli o vestiti.
Ricostruzione di una kore |
Questo testimonia che per i
greci le divinità avevano aspetto umano ed erano riprodotte per
sembrare persone vive. Naturalmente per la nostra sensibilità, che è
dovuta al fatto che le vediamo secoli dopo e ci siamo abituati così,
appaiono molto più affascinanti i tenui cromatismi del bronzo o del
marmo o lo sguardo senza pupille, così 'olimpico'...
C'è però un luogo dove le
arti si sono congiunte, praticamente tutte: il teatro.
Due parole sull'origine del
teatro o meglio delle rappresentazioni drammaturgiche.
All'inizio era il coro... e
il coro era presso di Dio, e il coro era Dio... Sembra una battuta ma
probabilmente è andata proprio così. La più antica forma di dramma
greco che possediamo sono i Ditirambi di Bacchilide, autore greco
subito precedente ai grandi storici del V secolo: Eschilo, Sofocle e
Euripide. Anche i ditirambi non sono integri e ne abbiamo solo dei
pezzi.
L'azione consisteva nel coro
che intonava un canto che narrava un mito. Non è certo se il dramma
fosse da ascrivere al culto di Dioniso o di Apollo, alcuni pensano
che siano due forme diverse: il ditirambo per Dioniso e il peana per
Apollo e non sappiamo se nei Ditirambi di Bacchilide siano presenti
anche dei peana. Si immagina che il coro cantasse dapprima in
cerchio, un po' come i cori sardi di oggi, e in seguito nel tempo si
disponesse in linea o a triangolo per rivolgersi a un pubblico. Si
suppone che già in Bacchilide fosse possibile che un corifeo uscisse
a recitare o a cantare solisticamente. Dal dialogo che si instaurava
fra corifeo e coro sarebbe nata l'azione teatrale, il dramma. I tre
grandi del V secolo avrebbero introdotto via via il protagonista,
l'antagonista, la parodo o entrata laterale del coro (quindi il primo
movimento coreutico), poi ancora gli altri attori e le varie sezioni
della tragedia. Non specifico troppo perché sono nozioni che potete
trovare con facilità anche in rete, a differenza di quelle che vi do
sulla composizione architettonica: e quando lo capirete, anatroccoli,
sarà sempre troppo tardi.
Non sappiamo con certezza
come fosse alla fine una tragedia o un altro tipo di dramma del
teatro greco. Magari era del tutto simile a una nostra opera lirica
ma non si può affermare con certezza. Di sicuro abbiamo l'unione
strettissima almeno della poesia, della musica e del movimento
coreutico. Anche a voler essere pessimisti non è da folli pensare
che a un certo punto comparissero delle danze.
Fra l'altro, per dire della
complessità di questa forma di arte, sappiamo che erano usati in
pratica tutti i dialetti greci nelle varie parti della tragedia:
dorico per i cori secondo la tradizione spartana (e qui si può
pensare a quelle parti cantate come arie, diremmo noi, piuttosto che
a quelle dialogiche con gli attori), eolico per le arie liriche e
ionico o attico per i dialoghi e come lingua di base del recitato.
Una forma di pittura era
senz'altro presente nelle maschere che avevano lo scopo di rendere
riconoscibili i personaggi anche a distanza e immediatamente. Non
escluderei forme di scenografia, statuaria e macchine per l'azione,
anzi sarei stupito del contrario.
Euripide |
Prima citavo Euripide. Di
questo grande autore si sa che componeva sia il testo, sia le musiche
delle sue opere, e si sa che era un pittore di un certo livello,
aveva delle 'mostre' al suo attivo, dunque potremmo pensare a una
pittura su tavola e non solo parietale. Perciò sembra strano che non
utilizzasse anche la pittura nelle sue tragedie.
L'architettura probabilmente
si aggiunse dopo. All'inizio il 'teatro' non era che un prato dove si
riunivano i partecipanti, poi venne logico che fosse sulle pendici di
una collina, le ripe per gli spettatori e il paesaggio, fosse
campagna, mare o città, come fondale scenico. Poi si decise che
almeno i posti più importanti si facessero in pietra e si mise
qualche quinta e annesso per far sostare coro e attori quando non
fossero in scena e da lì nacque il teatro architettonico con il
proscenio e l'orchestra, ancora dopo il la quinta di fondo
architettonica, in epoca ellenistico-romana.
Del resto che l'architettura
arrivasse per ultima è logico se si pensa che il teatro è
appartenente al culto di Dioniso e questo Dio non ha mai avuto
templi: la sua liturgia si faceva nel bosco e dopo nel teatro, quando
la sua venerazione fu ammessa dalle autorità e prese le forme di
rito urbano e della polis. Prima della rappresentazione teatrale si
faceva un sacrificio ed è probabile che la vittima fosse un capro,
da qui il termine tragedia o 'canto del capro'.
Abbiamo quindi ottenuto un
primo risultato di compresenza e collaborazione fra le arti, cioè
fra le Muse, da questa sommaria analisi, ma saranno tutte sommarie
perché ve l'ho detto che se non mi pagano non voglio far fatica. Ma
chi vi parla di Bacchilide o del culto di Dioniso normalmente? su,
siate sinceri...
A proposito, siamo a Natale.
Oltre al significato cristiano, il motivo per cui si festeggia il
solstizio invernale è la nascita del Sole: il Natalis Solis Invictus
dei Romani. Ma tutte queste feste invernali erano già nella
tradizione greca: quelle del solstizio si chiamavano Piccole Dionisie
o Dionisie Rurali, quello che oggi si chiama Carnevale si festeggiava
nelle Antesterie (le 'feste dei fiori') dove Dioniso, che non aveva
templi fissi, arrivava in città sul suo carro a forma di nave, il
carrus navalis romano, da cui Carnevale. Questo carro ricompariva un
mese dopo, forse per indicare la partenza del Dio dalla città, anche
alle Grandi Dionisie o Dionisie Urbane che cadono all'incirca alla
Domenica delle Palme, o sia la domenica prima della luna piena
passato l'equinozio di primavera (cioè la prima luna piena di
primavera). Forse è per questo che la Chiesa Cattolica ha scelto la
domenica dopo come Pasqua...
Dunque le feste natalizie
sono le feste della nascita del Sole e dell'Anno (Cesare scelse il
primo gennaio come capodanno nel senso che in quel giorno entravano
in carica i consoli, infatti era un giorno lavorativo, dunque sarebbe
una festa solo amministrativa, a me infatti l'ultimo dell'anno sta
sulle palle).
E dunque vi spetta il video
di auguri di Buon Natale d'Anno! Eeh, ve tocca...
È la versione di Benny
Goodman di “On the sunny side of the street”.