La
ragione sociale della pittura è la rappresentazione dello spazio,
della scultura è la sperimentazione delle forme, della musica è la
nascita di sensazioni estetiche, della poesia l'esperienza di stati
d'animo, dell'architettura è la rappresentazione della società.
In
questo post vorrei cercare di definire quali siano le ragioni sociali
delle arti, con ciò intendendo l'utilità che esse arti hanno per la
società. Le ragioni sono verosimilmente più d'una, ma individuerò
la più specifica.
Le
chiamo ragioni sociali perché devono avere il requisito di essere di
utilità per tutti e non solo per chi fa arte o per gli addetti ai
lavori. Per esempio dire che la ragione sociale dell'architettura è
la costruzione di edifici efficienti, in grado di soddisfare una
finalità è senz'altro la prima delle ragioni sociali
dell'architettura ma in definitiva non la più specifica. Infatti in
molti periodi sono state altre le connotazioni più specificamente
architettoniche, come ho spiegato nei post sul linguaggio
architettonico, ma sempre si trattava di edifici in grado di
assolvere la loro finalità architettonica: abitazione, difesa,
divertimento, museo, teatro ecc... Ragione comune di tutte le arti
poi è la celebrazione del potere che le vuole: potere economico,
politico, ideologico, religioso e quant'altro.
A
questo punto apro una digressione molto interessante. Alla fine
dell'ottocento, primi del novecento, come reazione all'accozzo di
stili dell'eclettismo prende vita la riforma dell'architettura
moderna in senso lato. Si identifica proprio nelle funzione di
finalità l'elemento di discrimine della progettazione
architettonica. Questo porta in genere a una critica della
decorazione, come ho già ampiamente detto. Però definire
un'architettura 'funzionalista' ha un significato più preciso. Nel
secondo dopoguerra alcuni architetti individuano in una radicale
ipotesi funzionale, senz'altri contributi, la regola per una corretta
composizione architettonica, mentre anche il Movimento Moderno, nel
primo dopoguerra ammetteva l'intersecazione con altri elementi del
linguaggio architettonico. La teoria funzionalista invece si può
esprimere anche in forma di scrittura scientifica.
Un
edificio appartiene a una tipologia (abitazione, stadio,
chiesa, cinematografo ecc...), questa tipologia porta con sé alcune
funzioni architettoniche (mangiare, dormire, guardare,
muoversi ecc...), l'applicazione di queste funzioni alla tipologia e
al sito definisce dei requisiti, il
soddisfacimento di tali requisiti in forme porta alle soluzioni
progettuali.
Cioè
nell'ambito dell'insieme Tipologia la Soluzione Progettuale è
funzione dei Requisiti e questa è la Funzione Architettonica.
Azzardo
una formula
SP=FA(fR)
∈
T
è
uno dei rari casi in cui è possibile una definizione matematica
dell'architettura.
Quindi
un edificio è corretto se risponde a una funzione. È come un
computer: apriamo un'applicazione e la usiamo. Ma attenzione: cosa
succede se in quella formula implementiamo una funzione non
architettonica? Che l'edificio esiste lo stesso, perché non è sulla
memoria di un computer, ma nella realtà materiale, e non possiamo
accenderlo e spegnerlo quando vogliamo, tuttavia l'edificio non
esprimerà più delle significanze architettoniche ma di altro tipo:
di speculazione finanziaria, di massimizzazione dei profitti, di
rappresentabilità e di qualunque altro genere.
Quindi
possiamo dire che la morte dell'architettura è stata determinata
dall'adozione del principio funzionalista, già declinato in modo
globale, normalizzatore e apolidista con lo International Style,
implementando una funzione estranea all'architettura così come essa
ci appare nel corso dei suoi più di cinquemila anni di storia
conosciuta.
Gli
architetti funzionalisti definivano delle funzioni architettoniche,
cosicché ne usciva un'architettura. Oggi si inseriscono funzioni
aliene e ne escono soluzioni aliene all'architettura.
Ora
veniamo alle ragioni sociali delle arti.
La
pittura ha perso, con l'avvento della fotografia, la ragione della
cronaca, dell'illustrare un momento reale. Così sarebbe banale e
ingiusto attribuirle un solo valore di decorazione o virtuosismo,
facendola diventare una specie di televisione. Naturalmente la
ragione funzionale della pittura è commentare, esporre, dire
un'opinione su un fatto, mi riferisco per esempio ai soggetti sacri o
ai paesaggi ecc... Be', un po' di conoscenza di pittura ce l'ho e
credo di potere dire che il contenuto più profondo, il contributo
sociale, ripeto quindi per tutti, l'educazione che la pittura
esercita, stia nella raffigurazione dello spazio. Ora questa
affermazione ve la dovete prendere così com'è, mi rendo conto che
dietro ci starebbe un trattato, ma non è un compito per un blog. E
poi ve l'ho detto: se non mi pagano non faccio fatica.
Se
guardo un quadro, al di là della descrizione di quello che c'è o
all'apprezzamento per la tecnica e la perizia dell'artista, vedo gli
oggetti disporsi secondo una visione ordinatrice nello spazio. Da ciò
la mia conclusione.
La
scultura invece sta già in uno spazio reale. Certo possiamo
spostarla da un luogo all'altro, ma non cambia nulla: avremo sempre
il suo rapporto con l'ambiente circostante. Dunque il suo proprio
contesto in qualche modo si ripiega su di sé. Nella scultura la
sperimentazione delle forme è totale. Dalle proporzioni del corpo
umano alla plastica di forme astratte. Non solo ma la scultura è
essenzialmente fatta in due modi: o scolpendo o fondendo. Se ci
pensate è la forma in positivo e in negativo, uno sta nel togliere
l'altro nell'aggiungere a una matrice che definisce lo spazio che,
una volta riempito, genera la forma.
Questa
sua qualità di generatrice delle forme la pone al più stretto
contatto con le altre forme d'arte. Sia assumendole in sé o su di sé
come pittura, o contribuendo a formare l'architettura, nel rapporto
di volumi senz'altro, ma di più negli elementi di linguaggio o, come
accade nel teatro, a contribuire all'invaso della scena.
Policleto "Doriforo" - Alberto Giacometti "Uomo e Donna". Paragone di rapporti fra le parti di un oggetto completo e perfetto e la plastica delle allegorie fra oggetti diversi. |
La
musica è suono, vibrazione, anche nelle teoria esoterica si situa a
un livello di manifestazione superiore, sottile. Accenno a questa
teoria: percepiamo una cosa prima sentendone il rumore, senza saper e
altro di essa, poi toccandola, anche senza vederla, nella cecità,
infine vedendola. Il passo successivo è portarla all'interno del
nostro corpo fisico, ma mi fermo qua.
Dunque
la ragione sociale della musica è produrre delle sensazioni. Esse
possono essere di moltissimi tipi, come purtroppo sperimentiamo ogni
giorno. È l'arte che produce delle sensazioni tanto più acute
quanto inconsce. Perciò sarebbe così importante socialmente avere
un'educazione musicale. Del resto quando vogliamo convincere qualcuno
usiamo delle parole che sono un suono anch'esse. Anche la musica
veicola un senso.
La
poesia evoca attraverso le parole, i versi, il ritmo, degli stati
d'animo: riflessione, gioia, tristezza ecc... Attraverso questi stati
d'animo la nostra comprensione si arricchisce del sentimento. Le
parole travalicano il loro senso mero per aprire una comprensione
superiore. Musica e poesia sono molto vicine se non le si confina
nella razionalità esasperata: in musica e poesia non bisogna dire
qualunque cosa, ma avere anzi molta coscienza e consapevolezza di
quello che si fa.
E
qui si capirà perché l'architettura era considerata il punto
d'arrivo delle altre arti, un po' l'apice del cursus honorum
dell'artista figurativo. Allo stesso modo il teatro lo era
dell'artista non figurativo: poeta e musicista (ricordate quello che
dissi di Euripide nel post sulle Muse?).
In
effetti e sintetizzo, considerando ciò che ho già detto prima sulla
funzione materiale dell'architettura, la ragione sociale
dell'architettura è un po' fare la somma di tutte le arti,
rappresentando e costruendo i luoghi sociali, la stessa società del
vivere umano. Non si dà architettura, degli edifici e della città,
se non vi è una società che la sostiene, che la vuole così, che si
vuole così raffigurata. E questa è l'altra ragione, quella non
tecnica, della morte dell'architettura dei nostri giorni.
Gropius, Stabilimento Fagus - Scheeren, Interlace. Ogni paragone fra le società rappresentate è, ahi lasso, superfluo. |
Dai,
ho buttato lì qualche spunto, rifletteteci.