Fino a una ventina di anni fa si sentiva dire alle persone quanto fosse bello o piacesse loro il lavoro che facevano, non appena si trattasse di lavori che implicassero un minimo di partecipazione diretta o di capacità decisionale o anche solo di buoni guadagni.
Oggi non lo dicono più nemmeno le persone famose: gli attori, gli artisti, chi lavora in televisione, i calciatori ecc... Ormai oggi deve loro piacere il lavoro che fanno e come lo devono fare.
E non mi riferisco alle difficoltà dovute alle scelte gestionali dell'epidemia. No, questo lo notavo già da anni, in questi ultimi anni c'è semmai un affanno crescente e l'aumento della paura di essere esclusi da un mondo di privilegiati che fanno lavori una volta appaganti.
È un altro modo di ottenere il crollo della qualità culturale e intrinseca, connotativa, delle varie discipline. La paura e la catena un po' più lunga di quella del vicino.
La tratta degli schiavi serve anche (non solo) a questo.
R.P.
posteris memoria mea
Renatus in aeternum