domenica 30 maggio 2021

Il razzismo

È razzismo quando nelle leggi di un paese vi è una differenza di legalità fra un gruppo e un altro sulla base di connotazioni fenotipiche, etniche, religiose, culturali ecc... Se non vi sono differenze formali e sostanziali legittimate dalle leggi allora ogni asserzione in quel senso è una manifestazione della libera espressione di idee.

Per esempio, un commento negativo verso una persona di razza diversa, a motivo della sua razza, non è razzismo ma al massimo un insulto poiché contiene un elemento insultante verso chiunque indipendentemente dal colore della pelle. Se all'espressione del pensiero segue qualche fatto non lecito non è razzismo nemmeno quello, ma è un reato e quel reato va punito. Sia coinvolga delle singole persone sia delle associazioni.

Affermare che non vi siano differenze fra gli essere umani è tanto generico e infondato al punto che potrebbe a sua volta essere accusato di ' razzismo ' allo stesso modo per cui il nazismo teorizzava la fine della lotta di classe attraverso la mediazione del partito che avrebbe disinnescato il rapporto di ceto in nome di un'unica casta di stato.

Se diamo come lecito che non vi siano differenze diamo atto di un'inesistente uguaglianza. Allora vediamo che le supposte accuse di discriminazione, in assenza di leggi discriminatorie, non sono altro che auto razzismo o sia non accettazione del proprio stato, vissuto in sé e per sé come 'diverso' e inferiore e che distorce la realtà verso un vittimismo autoassolutorio.

Io non ho mai portato la pelle bianca come qualcosa di strano né affermo la mia eterosessualità come qualcosa di non conforme o di regolare e non ne ho mai avuto delle particolari agevolazioni o dei benefici da parte dei 'miei simili'. Allo stesso modo chi invece giacula contro discriminazioni che hanno l'origine di fondo nella non accettazione del proprio stato indica come un problema politico ciò che invece è un suo problema personale. La forzatura politica e sociale di una tale lettura è una evidente violenza verbale e cognitiva.

R.P.

posteris memoria mea

Renatus in aeternum


 

domenica 23 maggio 2021

Principia architectonica V

Per finire questa serie di post, proviamo a fare un esercizio teorico di lettura e comprensione di un'architettura.

Non proporrò un edificio particolare, ci sono già altri articoli sul blog, ma ipotizziamo come dovrebbe svolgersi il processo di osservazione di un'architettura.

Perciò immaginatevi di contemplare un edificio architettonico.

La prima cosa che dovremo fare è renderci conto di dove si trova. Anche nel senso di luogo geografico, ma soprattutto ci interessa il posto dove sorge, il sito progettuale: città, campagna, qual è l'intorno, cosa c'è vicino, qual è la storia di quel posto, se esiste un tessuto di edificato, lo schema urbanistico e via di seguito. Ponendoci beninteso non solo lo scopo di saperlo ma di interpretarlo alla luce della tipologia che abbiamo di fronte, cioè dello scopo pratico per cui è stato costruito l'edificio.

Poi lo osserveremo nella sua volumetria complessiva. Si tratterà di un unico volume o di un insieme di volumi collegati fra loro o staccati e in tutt'e due i casi appuriamo quali relazioni geometriche, spaziali e funzionali vi siano. Giudicheremo anche il tipo di rapporto proporzionale che ci sia fra le varie parti che compongono la volumetria dell'architettura in esame.

Una volta compresa la volumetria e i nessi che essa esprime potremo scomporlo e analizzare le singole parti consci che non ne stiamo perdendo di vista una importante o ne stiamo separando due che invece sono strettamente relate e significanti.

Di solito il sistema di rappresentazione dell'architettura che dà di più il senso di come sia l'edificio è la planimetria, è la proiezione geometrica che racchiude le maggiori informazioni a colpo d'occhio.

La planimetria è una proiezione ortogonale parallela al terreno per convenzione, se non è altrimenti specificato, a 1,5 metri di altezza. Va considerata a tutti gli effetti come una sezione orizzontale come descritto.

Lì osserveremo la distribuzione degli ambienti, i percorsi, il modo in cui l'edificio (o la parte di esso che stiamo esaminando) si rapporta con l'esterno, con l'entrare, il sostare e l'uscire appunto.

Poi passeremo alle sezioni dove potremo appurare il sistema strutturale o i sistemi strutturali se ve ne fossero più d'uno.

La sezione è una proiezione ortogonale verticale passante in un piano voluto, che va indicato in pianta. Una sezione può essere riferita a più piani di intersezione ma per il momento non è importante.

Sapremo come fisicamente è costruito il nostro edificio e con quale senso le strutture delle varie parti si collegano e si compongono, sia nello sviluppo orizzontale sia in altezza. Per fare un esempio, per essere più chiari, una parte potrebbe essere in setti di calcestruzzo e proseguire in pilastri e travi e vedere perché esiste questa progressione. Oppure, riferito all'altezza, la progressione muro e cupola.

Naturalmente vorremo sapere con che materiali e relative tecniche costruttive è stato realizzato l'edificio. Ognuna di queste informazioni ci sarà utile per comprendere i problemi che si sono posti al progettista nel realizzare l'architettura. Dunque analizzeremo il sistema costruttivo e gli elementi costruttivi che gli sono propri. Anche qui è possibile avere più sistemi costruttivi e anche qui cercheremo di comprenderne il perché. È altresì possibile, nelle architetture moderne che vi siano ibridazioni fra sistemi costruttivi.

In un post precedente vi ho raccomandato di non imparare l'architettura su Wikipedia e lo confermo, ma vorrei spiegarmi meglio. Molti confondono sistema costruttivo con sistema strutturale per un motivo abbastanza banale ma scorretto. Dicono: “ Se ho un edificio in mattoni è ovvio che la cupola sarà in mattoni dunque la cupola in mattoni è il sistema costruttivo di quell'edificio ”. No! La cupola sarà il sistema strutturale dell'edificio, i mattoni il sistema costruttivo, perché il sistema costruttivo tradizionale prevede muri (o pilastri) in mattoni e solai in legno e volte in mattoni. Ma questo non vuol dire che il sistema costruttivo è il sistema strutturale.

La considerazione precedente acquista un senso profondo quando passiamo all'esame più squisitamente artistico dell'architettura: quello formale.

L'analisi formale dell'edificio architettonico parte da una valutazione dei volumi, il che equivale a dire valutare il rapporto fra lo sviluppo in pianta e quello in alzato. Avremo edifici o il complesso delle sue parti tendenzialmente portato a sviluppare più una o l'altra possibilità. Un edificio con una vasta pianta e una bassa altezza privilegia la dimensione orizzontale, viceversa una torre ha la sezione orizzontale molto più ridotta rispetto al suo sviluppo in altezza. Ma questo rapporto può valere solo per una parte e non per le altre: una chiesa e il suo campanile o solo per un punto di vista (un lato per capirci) una facciata tenderà sempre all'orizzontale o al verticale.

La facciata è una proiezione ortogonale posta di fronte all'edificio in cui nessuna parte è sezionata.

Per consuetudine e realtà strutturale, un edificio con decorrenza orizzontale esprimerà il più delle volte un senso o una poetica di stabilità o serenità (prendete queste normalizzazioni un po' come gli accordi maggiori e minori della musica, o sia valgono in generale, per capirsi). Un edificio a sviluppo verticale darà il senso di dinamismo e tensione. Un cubo non ci apparirà mai come la giusta via di mezzo ma apparterrà agli edifici tendenzialmente alti. Quindi mai affidarsi alla geometria pura per definire o per progettare. Ho detto cubo, tridimensionale, non ciò che ha forma quadrata, bidimensionale.

In questa valutazione volumetrica andranno osservati con particolare attenzione le parti curve, sia in planimetria sia in alzato sia in prospettiva.

Prospettiva e assonometria sono rappresentazioni tridimensionali su un supporto bidimensionale (il foglio su cui c'è il disegno).

A questo punto avremo immagazzinato una grande quantità di informazioni per capire bene cosa abbiamo di fronte.

Possiamo passare all'ultimo esame, quello che fa la delizia dell'intenditore, ma che non sarebbe rettamente inteso senza le osservazioni precedenti: il linguaggio architettonico.

Il linguaggio architettonico comincia quando, facendo la sintesi di tutti gli aspetti sopra esposti ne scaturisce una soluzione formale che diventa punto di riferimento per altri edifici, sia che se ne riprenda in toto la forma sia che la si elabori, purché non ci si allontani mai per trovare la soluzione in altro modo.

Per spiegarmi: una finestra classica non è più giusta di una gotica, ma parla un linguaggio diverso pur rimanendo nell'ambito della logica architettonica.

A esempio, se in italiano scrivo sns questa parola non ha senso, perché mancano le vocali. Proviamo a metterle: sansa, sense, sinsi, sonso, sunsu, variando le vocali: sanse, sansi, sanso, sansu ecc... sensa, sense, sensi, senso, sensu, sinsa, sinse, sinsi, sinso, sinsu ecc...

Si vede subito che alcune hanno un significato nella lingua italiana altre no ma forse ce l'hanno in un'altra lingua o dialetti.

Dunque la parola senso (insieme a sansa fra quelle scritte nell'esempio) è una parola usabile perché ci assicura sulla sua comprensione. Se all'interno del discorso uso una parola che non ha significato in italiano ma lo ha in inglese e francese per esempio: sense, non sense, starò immettendo una forma diversa ma adattabile, sta poi a ciò che vogliamo esprimere se l'uso di una parola straniera sia auspicabile o no.

Ecco, stesso discorso trasformato in forme: ogni forma è possibile ma solo alcune entrano nel lessico architettonico.

E qual è il lessico architettonico?

Sono quelle parole, quegli stilemi, che durante il divenire dell'architettura ne hanno comprovato la leggibilità, la hanno ampliata, hanno formato un repertorio con cui fare dei termini di paragone.

Ogni parte o elemento architettonico è stato declinato in un modo diverso nel corso della storia e qualche modo si è perso, ma altri sono divenuti dei veri e propri paradigmi, per assimilazione o per negazione.

Un punto particolarmente interessante del linguaggio architettonico lo si ha quando una forma cita uno stile o canone senza essere reale nel suo comportamento statico e costruttivo. In quel caso siamo in presenza di una prevalenza del lessico architettonico, sulla realtà fisica. Quindi il significato e il suo significante vivono di vita propria rispetto alla realtà oggettiva. È un chiaro uso simbolico del linguaggio esattamente come avviene nella poesia o nelle arti figurative.

L'esempio più immediato è la ripresa classicista, con l'uso di elementi derivati dall'architettura greca o romana, in cui il sistema strutturale è dato da muri e volte o capriate e quello costruttivo da mattoni e legno, ma esiste una maglia di riferimento poetico che riproduce le fattezze degli edifici greco romani. Ho già abbondantemente spiegato come sia scorretto chiamare questo ' decorazione '. Dobbiamo dargli il suo nome: linguaggio architettonico.

Questo era il quinto e ultimo passo. Spero di essere stato di aiuto a chi ha ancora voglia di avvicinarsi all'arte stupenda dell'architettura e a chi interessi ancora parlare di cultura.

R.P.

Posteris memoria mea

Renatus in aeternum


 



venerdì 21 maggio 2021

L'importanza di chiamarsi Ernesto

Una cosa va chiamata col suo nome, perché se è vero che una rosa avrebbe lo stesso profumo anche con un altro nome ciò non ci autorizza a usare i nomi a casaccio soprattutto quando questi sostantivi indicano una cosa precisa e debbano trasmettere un senso comprensibile da tutti senza errori.

Se dico che un animale ha becco e ali a nessuno verrà in mente di chiamarlo ' cane '.La confusione dei termini è invece una caratteristica tipica della neolingua mondialista la quale attribuisce surrettiziamente significati scorretti perché trae vantaggio da questa relativizzazione del lessico per coprire la mancanza di una vera teoria o ideologia o sincero senso delle sue azioni.

Allora, aspettandomi la puntuale censura di Google, devo però dire, giacché l'argomento è di strettissima attualità, che quelli che sono chiamati ' vaccini ' dalla disinformazione mainstream non sono tali.

Un vaccino per essere tale deve contenere il patogeno, in forma attenuata, per suscitare la risposta immunitaria e attivare gli anticorpi a difesa nel caso di infezione.

Vi invito ad andare sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità alla pagina in cui sono descritti i cosiddetti ' vaccini '

https://www.epicentro.iss.it/vaccini/covid-19

vedrete che non ce n'è uno che contenga il patogeno, ossia il coronavirus 19. Sono descritti i tipi di ' vaccino ' che sono disponibili e come sono fatti. Uno solo ha un virus attenuato ma è un adenovirus non un coronavirus.

Allora chiamiamo questi ' vaccini ' col loro nome: terapie geniche sperimentali.

Poi ognuno è libero di pensarla come vuole e di agire di conseguenza.

La mia testimonianza per i posteri l'ho data.


R.P.

Posteris memoria mea

Renatus in aeternum.


 


giovedì 20 maggio 2021

Il mito reazionario

La circostanza che l'attuale sistema di potere, il quale ha messo al centro del paradigma sociale e culturale, e dunque politico (o meglio antipolitico) l'economia basata sul capitalismo iperfinanziarizzato o neoliberismo, abbia adottato alcuni slogan desunti dalla contestazione sociale che ha occupato i decenni degli anni '60 e '70, non ci deve per reazione far negare di per sé quelle rivendicazioni come se esse fossero la causa dello scivolamento e dell'arretramento sociale e politico dei nostri disgraziatissimi anni.

Alcuni portati, per esempio quelli ecologici, sono in effetti serviti come strumento per la modifica economica: essi, spacciati come amore per la natura, hanno posto e pongono il tema della finitezza delle risorse introducendo il concetto di austerità, con tutti i danni che essa ha provocato, ma altri sono per lo più stati merce di scambio biecamente elettorale per sostituire un'ideologia o almeno una visione del mondo che la politica non aveva più.

Non dobbiamo dunque cadere nell'errore di tornare ai vecchi costumi come fossero sani e risananti dei guai odierni.

Negare temi fondamentali della storia contemporanea come il divorzio o l'aborto, la critica alla famiglia nel suo dipanarsi storico, il libero amore, la critica allo stato come 'ragion di stato', alle religioni come strumento di controllo e simili argomenti non sarebbe salvifico di una situazione sciagurata, ma otterrebbe il fine reazionario contro il quale sono stati formulati.

Che potessero essere formulati meglio è un altro discorso. In una parola, quella ricerca di un nuovo modo di vivere è stata fraintesa come il potere di disporre di tutto a piacimento senza analizzarne i valori e i problemi della loro accettazione, questo è fuori di dubbio ma è questo il loro unico peccato originale e rimangono ancora saldi paradigmi di un pensiero libero.

 R.P.

posteris memoria mea

Renatus in aeternum


 

domenica 16 maggio 2021

Principia architectonica IV

Ritorniamo a quando dissi degli edifici di pianta tonda, torri o tombe o qualsiasi altro. A un certo punto, risolvendo il problema della copertura, notarono che al posto delle travi si potevano appoggiare delle pietre piatte sul muro circolare, avendo l'accortezza che fossero appoggiate per almeno 2/3 della loro lunghezza. Queste facevano una corona di pietre che, in virtù del fatto che il baricentro cadeva nel cosiddetto terzo medio (dividendo la lunghezza in tre è quello centrale), si sosteneva da sola. Sopra poggiarono una corona con lo stesso criterio ed essa si sosteneva da sola appoggiando su quella sotto, che naturalmente era più grande. Così via fino a raggiungere il centro e chiuderlo con una sola pietra. Il tetto era fatto e il volume interno risultava terminare con un cono risegato, una specie di cupola seghettata. Oggi si chiamano copertura a tholos che è il nome miceneo di questo tipo di edifici.


Dopo un po' si accorsero che anche i mattoni potevano produrre lo stesso effetto inclinandoli progressivamente in modo che alla base (imposta) fossero verticali e al centro (chiave) finissero orizzontali. Cosa succedeva? Capitava che lo sforzo in cima, che è verticale (il peso agisce secondo la forza di gravità), si distribuisse fra un mattone e l'altro passando sempre dentro il terzo medio in modo da arrivare verticale, e entro il terzo medio, sui ritti (mura e poi pilastri).

I mattoni erano connessi fra loro da malta di calce e dunque non solo la struttura era molto più stabile che nella tholos, ma si poteva modellarla a forma di semi cilindro (volta a botte) e poi in forma di semisfera (cupola).

Questo sistema archivoltato fu notato dapprima negli archi in pietra, che conformano una porta che diventa più alta e larga, e poi esteso utilizzando i mattoni perché voltare in pietra è molto difficile se non impossibile (alla fine si dovrebbero usare dei mattoni di pietra e il cane si morderebbe la coda).

Questo arricchiva lo spazio interno che perdeva il volume della capanna e lo sostituiva con quello delle due figure geometriche suddette. Quindi ad esempio aumentava il volume e l'aria contenuta dando un senso di maestosità e serenità. Ma non solo, la luce fra i ritti poteva aumentare senza dover far ricorso a grandi capriate o enormi travi di legno. E poi una volta a botte ha una dimensione obbligata, la larghezza, e una potenzialmente infinita, la lunghezza. Una cupola invece segna a piombo dalla chiave un punto centrale. Tutte cose insomma che ampliano il lessico espressivo dell'architettura sia a livello formale sia a livello poetico.

 


 
Naturalmente l'archivolto o sistema archivoltato non andò a sostituire l'architrave proprio per il senso profondo che questo sistema riveste nell'architettura, di cui si potrebbe dire ne è la quintessenza.

Esistono più tipi di volte: oltre la botte e la cupola ci sono le volte a crociera, a creste e vele, le volte ribassate e in seguito quelle a base non circolare ma ellittica, ma il senso non cambia se non a livello di linguaggio architettonico, che non abbiamo ancora affrontato in questi post sui principia dell'architettura, ma che potete trovare estesamente trattati nei post sull'architettura di questo blog.

Potete anche lasciare un appunto per i vostri discendenti perché io scrivo, lo sapete, per i posteri. Il mondo di oggi è troppo miserando.

Le volte possono essere visibili all'esterno (le cupole) o possono essere visibili solo dall'interno e avere sopra una copertura architravata, cioè i due sistemi possono essere usati contemporaneamente. Nei casi delle volte è anzi praticamente sempre così. Nell'architettura greca classica invece per scopi di puro significato non si è mai usato il sistema archivoltato.

A questa evenienza si deve la regola che non si volta sulla colonna. Lo si farà in seguito con un accorgimento linguistico di cui ho già parlato, ma non voglio addentrarmi in situazioni specifiche ma dare le basi per una corretta interpretazione dell'architettura. Intendo dire che le cose scritte in questi post sono da tenere in mente sempre, ogniqualvolta dobbiamo leggere un'architettura. Se non le abbiamo presenti rischiamo di perderci in giri inutili e non saremo mai consapevoli di quello che abbiamo di fronte o che stiamo progettando. È inutile preoccuparsi di moduli, proporzioni, elementi di linguaggio, innovazioni, barbarismi o negazioni se non sappiamo da dove provengono e se non siamo consapevoli del loro significato invariante nell'architettura. Invariante nella storia dell'architettura voglio dire.

Un'architettura è un'architettura se sta dentro gli elementi invarianti della storia dell'architettura e noi possiamo renderci conto di questo, quale che sia la forma o il materiale usato e il periodo temporale, solo se ne conosciamo il senso primo dal punto di vista formale, estetico, espressivo e costruttivo. Nessuna di queste voci può mancare.

Qualcuno può aver notato che non ho messo nelle voci indispensabili la funzione. L'ho fatto poiché questa non è invariante nell'architettura. Alcune sì come l'abitare, o il muoversi o il sostare ma altre no. Per esempio le terme o il teatro o il museo non hanno una presenza continua nell'architettura: a volte ci sono in altri periodi no.

Passiamo come abbiamo fatto nel post precedente a vedere come è stato realizzato nei sistemi costruttivi il sistema archivoltato.

Pietra: ritti costituiti da muri e pilastri e volte a tholos o archi. Il caso della colonna è già stato detto e rimando di nuovo agli altri post. I Greci (periodo classico) evidentemente trovavano aberrante costruire muri di pietra e voltare coi mattoni, di conseguenza non usarono mai l'archivolto. E se non lo facevano nel tempio, non lo facevano nemmeno in altri edifici. Usarono la tholos anche in periodo classico però.

Legno: non esiste l'archivolto in legno se non in qualche architettura primordiale (perché non avevano altro, ma dobbiamo intendere uso di legno già curvo in natura e non una modellazione volontariamente architettonica) e con strutture di legno moderne (lamellare) ma è meglio non parlarne qui dal rispetto formale perché il discorso confluisce con quello che sta arrivando del calcestruzzo.

A titolo di curiosità cito un caso primordiale di volta naturale. In India cresce un albero sacro: il ficus religiosa, in sanscrito asvattha, che appartiene alla famiglia dei ficus ma raggiunge un'altezza e soprattutto una larghezza colossale perché i rami dei ficus crescono in lunghezza senza limite fino a quando si piegano e entrano nel terreno dove radicano, come una margotta naturale. Il ficus religiosa forma con i rami penduli dei tronchi, suddividendo lo spazio sotto le fronde, delle vere e proprie camere dove gli uomini si ritirano per riti vari.

Nell'arredamento, che è pur sempre una parte dell'architettura, si possono trovare sistemi archivoltati in legno.

Laterizio: si è già detto. Il mattone è il materiale di elezione per le volte e gli archi, sia quelli visibili sia quelli che stanno con funzione di rinforzo strutturale nella massa muraria. A volte degli archetti ribassati sostituiscono la piattabanda. Se una finestra ha un arco a tutto sesto (semicerchio) si dice finestra ad arco. I ritti saranno muri, pilastri e colonne (ma ricordate che non è normale voltare sulla colonna...). Esco dall'ermetismo perché questi articoli sono dedicati agli esordienti, anche se molti esperti farebbero bene a leggerseli.

I Romani voltavano su muri di mattoni o di calcestruzzo, sulle colonne mettevano la trabeazione. Nel medioevo si può trovare nei portici delle volte su colonne, ma è un caso di barbarismo (cioè se n'erano dimenticati) oppure siamo già in periodo gotico dove se c'è una colonna è un errore perché dovevano metterci un pilastro, errore nel senso detto di confondere la regola classica. Ancora più chiaro: c'è già la volta ma per dare importanza si usa ancora una colonna, poi l'evoluzione dello stile porterà ai pilastri polistili.

Calcestruzzo: dobbiamo fare due discorsi. I Romani facevano volte in calcestruzzo (conglomerato cementizio), la più famosa è la cupola del Panteon, ma ce ne sono parecchie. I muri sono in mattoni o in calcestruzzo o misti di tutt'e due i materiali (i mattoni sono sia in laterizio sia in tufo cioè in pietra).

Dopo finisce la pozzolana, il cemento dei Romani, e non si fanno più perché sarebbero stati troppo costosi (per la scarsità e le spese di trasporto), la poca pozzolana si preferisce usarla nelle malte in casi in cui debba avere una resistenza maggiore di quella di calce. E poi non si sapeva più come fare le casseforme (lo stampo in legno per colare il calcestruzzo). Insomma è andato in disuso.

Nella seconda metà del XIX secolo si trova come produrre il cemento artificiale (il famoso cemento Portland) e si comincia a usarlo nelle malte e si pensa a come riportarlo in auge. Agli inizi del XX secolo si trova il modo di annegare dei tondini di ferro (acciaio) nel conglomerato e si scopre che lavorano come fossero un solo materiale. La prima applicazione è nelle strutture a telaio, già descritte, poi, per un contributo ingegneristico, si cominciano a fare delle volte di varia forma, perché il calcestruzzo prende la forma dello stampo, tecnologicamente si chiamano casseforme o casserature o casseri. Nel secondo dopoguerra si cominciano a vedere delle coperture di volume curvo, dapprima negli edifici tipicamente ingegneristici come industrie (un esempio non di copertura sono le torri di raffreddamento a forma di clessidra, per capirci) o hangar, poi anche in tipologie architettoniche come palazzetti dello sport, teatri, auditorium ecc... . Dico questo per due motivi. Il primo è per dimostrare che certe ricerche formali non sono all'ultimo grido ma esistono almeno da settant'anni, il secondo è che la genesi di queste forme non è architettonica ma ingegneristica. Dunque ai nostri fini il discorso è molto sdrucciolevole. Rimando ai post: “ Come è morta l'architettura ” e “ Quando si cambia stile ”.

Ferro: be', ritti e volte sono in telaio di ferro ovviamente e dal punto di vista formale tendono a seguire la tradizione architettonica fin dagli inizi nel secolo XIX, pur essendo un contributo ingegneristico al linguaggio architettonico e ai suoi sistemi.

Anche qui spesso il vetro forma le volte, come nelle gallerie di Milano e Napoli per citare le più famose in Italia. Ma abbiamo l'uso del ferro come sostitutivo degli altri materiali in forme invariate: la tour Eiffel che è senz'altro l'edificio in ferro più famoso (non certo il più bello...) o nel Cristal Palace di Paxton o ancora nei ponti ferroviari, nelle stazioni ecc... Il caso più eclatante sono gli edifici neogotici di Viollet Le Duc in cui tutti gli elementi che nel gotico erano in pietra sono riprodotti in ferro, il che dà origine a soluzioni arditissime ma sempre in perfetto stile neogotico.

Naturalmente poi l'architettura in ferro prende delle forme sue proprie. Ma mi fermo qui perché stiamo andando fuori dagli scopi di questa serie di articoli.

Come quarto passo va bene così.


R.P.

Posteris memoria mea

Renatus in aeternum.

 

giovedì 13 maggio 2021

La tratta degli schiavi

Fino a una ventina di anni fa si sentiva dire alle persone quanto fosse bello o piacesse loro il lavoro che facevano, non appena si trattasse di lavori che implicassero un minimo di partecipazione diretta o di capacità decisionale o anche solo di buoni guadagni. 

Oggi non lo dicono più nemmeno le persone famose: gli attori, gli artisti, chi lavora in televisione, i calciatori ecc... Ormai oggi deve loro piacere il lavoro che fanno e come lo devono fare. 

E non mi riferisco alle difficoltà dovute alle scelte gestionali dell'epidemia. No, questo lo notavo già da anni, in questi ultimi anni c'è semmai un affanno crescente e l'aumento della paura di essere esclusi da un mondo di privilegiati che fanno lavori una volta appaganti. 

È un altro modo di ottenere il crollo della qualità culturale e intrinseca, connotativa, delle varie discipline. La paura e la catena un po' più lunga di quella del vicino. 

La tratta degli schiavi serve anche (non solo) a questo.

R.P.

posteris memoria mea

Renatus in aeternum


 


domenica 9 maggio 2021

Principia architectonica III

Abbiamo visto che un modo di classificare e descrivere le architetture è il sistema costruttivo, ossia l'insieme di materiali che sono utilizzati per costruire l'edificio. Perché questo sistema è importante? Perché i materiali, opportunamente modellati, vanno a definire gli elementi edilizi e nel nostro caso architettonici. Vale a dire che essi saranno le parti che assemblate conformeranno l'architettura. Conformeranno l'oggetto architettonico sia dal punto di vista della forma sia dei concetti che vogliono esprimere. Un semplice edificio si conforma solo per l'espletamento di una funzione ossia il soddisfacimento di una necessità, l'architettura deve necessariamente avere delle connotazioni di valore poetico.

Ho già detto della relazione fra necessità → requisito → funzione quando ho parlato dell'architettura moderna. In sintesi il soddisfacimento di una o più necessità determina i requisiti della parte architettonica ed esprime la funzione che quella parte deve avere: ne consegue poi la soluzione formale. Ciò non significa che prima dell'architettura moderna non esistessero le funzioni o i requisiti funzionali, perciò il discorso vale in assoluto, ma non lo affronterò in questa sede, perché la sola risposta al rapporto sopra scritto non è sufficiente a definire un'architettura.

Tornando agli elementi architettonici conviene però affrontare il discorso esaminando i sistemi strutturali cioè le parti che sostengono l'edificio.

Abbiamo visto che il sistema strutturale più antico e spontaneo è il sistema architravato. Questo sistema consiste di due elementi verticali che sorreggono un elemento orizzontale.

All'inizio, e per molto tempo, l'unica era conficcare i ritti verticali nel terreno e appoggiarci sopra l'elemento orizzontale. In statica si dice 'semplicemente appoggiato'.

Qual è quindi il primo elemento architravato? Il trilite. Due massi verticali sul terreno che ne reggono uno appoggiato. Naturalmente si possono erigere quanti triliti servono.

È il trilite un'architettura? Sì, e vi spiego perché e anzi come sia una delle architetture più importanti.

Se dico trilite a tutti viene in mente Stonehenge. Benissimo: è correttissimo. Ma prendiamo solo un trilite di Stonehenge tralasciando tutto il resto del complesso.

 


 
Immaginatevelo in mezzo a una radura.

Con fatica rizzate una pietra, poi l'altra e con ancora più fatica ci poggiate sopra la terza orizzontale.

Vi accorgerete che mentre le pietre verticali non hanno nessun problema a reggere quella sopra, la pietra orizzontale non potrà essere lunga quanto si vuole anzi vi costringerà a mettere i ritti piuttosto vicini fra loro. Altrimenti si spezzerà a metà. È un problema che vi conviene conoscere e risolvere se volete avere un futuro da architetto... anzi se volete avere un futuro da vivo.

Allora, misurate l'altezza del ritto e la distanza fra i due ritti tale per cui siete sicuri che la pietra orizzontale non si spezzi. Ci sarà sicuramente un intorno di questa dimensione ma non sarà molto ampio. Ciò dipende dal fatto che la pietra non resiste altrettanto bene alla flessione, che è lo sforzo maggiore nella pietra orizzontale ͜   quanto i ritti allo sforzo di compressione . In base alla pietra che usate lo spazio vuoto fra i ritti sarà un po' più grande o piccolo, ma non sarà mai ampio. Dunque avrete un'altezza a e uno spazio vuoto, detto luce, che sarà l. Scrivete la frazione a/l che sarà il rapporto o la proporzione fra altezza e luce. A quel punto potrete decidere qual è il rapporto che ritenete più bello, più giusto, più efficace et cetera. Cioè conformerete sulla base di alcuni requisiti formali il rettangolo che deriva fra i tre massi. E già siete in pieno nell'architettura.


Poi osservate il vostro capolavoro e vi renderete conto che potete passare sotto l'architrave e questa è una funzione primaria dell'architettura. E ci potete andare sia in un senso sia in quello di ritorno. Già ma ritorno da dove o da cosa? Allora potrete definire una parte di prato come 'fuori' e quella dopo la porta come 'dentro'. Cioè avete definito una qualità dello spazio circostante.

Se posizionate il trilite verso il punto in cui sorge il sole all'equinozio di primavera o stabilite che passare per quella porta produce simbolicamente un cambiamento in voi o altre considerazioni di questo genere vedrete questi tre sassi in modo diverso da prima e non più solo secondo la loro configurazione geometrica e vi diranno qualcosa.

State usando il materiale, la forma, la geometria reciproca delle parti per esprimere qualcosa che rimarrà lì in quella posizione e in quel modo potenzialmente in eterno (almeno questa deve essere la vostra intenzione).

Questa è l'architettura.

Quando comincerete a vedere le tre pietre come le prime tre lettere di una parola e di un discorso, comincerete a pensare a esse come tre elementi operabili, o sia comincerete a fare considerazioni non solo sul loro rapporto strutturale ma anche sulla forma di ognuno di essi. Forma- espressione: ormai dobbiamo pensarla così.

La luce determinerà lo spazio vuoto, vorrete ridurre la dimensione dei ritti, o farli di una forma significante: quadrati, tondi, con sezione non più casuale ma voluta, costante o mutevole al salire dell'altezza. Stesso per l'architrave che comincerete a chiamare trabeazione.

Ecco adesso possiamo tornare al sistema costruttivo.

Prima però un avvertimento: conditio sine qua non per non sparare minchiate e rompere la medesima a chi ha studiato seriamente Architettura:

Non studiate l'architettura su Wikipedia ”.

Tornando appunto ai nostri materiali vediamo come essi hanno generato gli elementi del sistema architravato.

Pietra: valga quanto detto finora ma in seguito avremo pilastri, colonne e trabeazione (e tutto il resto dell'architettura). La chiusura fra le strutture (i pieni) sarà in pietra dunque un muro di pietra. Il muro di pietra può sostituire i pilastri come ritti quindi va annoverato fra le parti strutturali.

Legno: i ritti sono pilastri e la trabeazione è una semplice trave (ricordate sempre la capriata perché la possiamo vedere come una specie complicata di trave). I tamponamenti saranno in legno o in laterizio ma non sono una parte resistente cioè non sono una struttura. Quindi non abbiamo muri di legno, ma solo pareti. Si intende: muro architettonico, non venitemi a dire che se pesa almeno 17 kg/mq è per legge un muro perché comunque è una parete o tamponamento. Col legno saranno fatte un po' tutte le parti dell'edificio anche se da un certo periodo al legno si affiancherà il laterizio, per esempio le tegole che possiamo trovare anche in pietra (ardesia o altra pietra leggera e facilmente tagliabile). Per questo vi ho detto che era meglio affrontare il discorso come sistemi strutturali.

Laterizio: avremo più frequentemente muri di mattoni pieni ma non è infrequente, anzi, avere pilastri di mattoni pieni e persino colonne (la colonna è sempre tonda se ha un'altra sezione è un pilastro). Le strutture orizzontali saranno travi in legno. La capriata la si può considerare sia come struttura sia come elemento portato: se il tetto è equiparabile a un solaio allora è una struttura, se non è calpestabile ma solo una copertura allora è un elemento portato o corpo di fabbrica. Ma non è necessario perdersi in queste definizioni edilizie.

L'accoppiata laterizio e legno è il sistema costruttivo che nella storia dell'architettura è stato il più frequente. I motivi sono anche qui di resistenza: il muro di mattoni è più resistente alla compressione e il legno è il materiale più elastico alla flessione prima dell'arrivo del calcestruzzo armato e del ferro. Ovviamente il muro può essere di pietra e le travi di legno.

In effetti una trave può essere solo di legno oppure di pietra, nei limiti detti, non sarà mai di mattoni e questa è una considerazione da tenere presente quando parleremo di sistemi archivoltati. C'è solo un caso in cui i mattoni formano una struttura: la piattabanda cioè la piccola trave di una finestra. Appunto per luci molto limitate.

Calcestruzzo: se non è armato o sia è conglomerato cementizio, è un muro di calcestruzzo, ma lo usavano solo i romani. Se è armato cioè contiene annegato il ferro è un muro o setto di calcestruzzo armato. Le travi sono nel primo caso di legno e nel secondo in calcestruzzo armato, ma il sistema strutturale si chiama a telaio e non architravato. Il nome cambia in base al tipo di vincolo statico che unisce pilastri o muri e travi. Questo che vi sto dicendo non è una lungaggine ma è importante quando parleremo di linguaggio architettonico. La trave di legno appoggia semplicemente sui ritti (toglie un grado di libertà nello spazio) la trave di calcestruzzo armato è incastrata coi pilastri o coi setti (toglie i tre gradi di libertà).

Tamponamenti in quello che vi pare.

Ferro: pilastri e travi sono tre pezzi di metallo, con sezioni caratteristiche a I H ecc... , uniti da chiodature o saldature o a vite e bullone. Il metallo è isotropo cioè resiste in egual modo agli sforzi in ogni direzione quindi concettualmente è un vero e proprio telaio. Non dite la stessa cosa del calcestruzzo, cioè che è isotropo, perché cambia proprio la forma e la dimensione del ferro contenuto nel conglomerato in un pilastro o in una trave.

Tamponamenti in quello che vi pare anche se è classico trovare il ferro associato al vetro.

Esistono altri tipi di forma nel calcestruzzo armato o nel ferro, per esempio la travature reticolari ma in architettura sono poco utilizzate tranne che nei deliri degli ultimi decenni.

Parlando di sistemi strutturali (quali strutture ci sono) e sistemi costruttivi (quali materiali si usano) è stato inevitabile parlare di tecnologia, ma non mi sembra niente di impossibile da capire.

Torniamo al nostro trilite. Abbiamo visto che è già un'architettura, anzi fra le più importanti. Abbiamo anche detto che questo sistema architravato può essere composto da vari elementi differenti per forma e materiali.

La domanda è: ce n'è uno che sia meglio degli altri? Cioè c'è un modo di costruire un'architravatura che sia migliore, più perfetta delle altre? La risposta è naturalmente no, ma la domanda non è senza senso.

Abbiamo molti modi di costruire un sistema architravato, ma la cosa che li accomuna tutti, e che ne dà la definizione, è che c'è quella forma complessiva di un rettangolo formato dai due ritti e dalla trabeazione e dalla luce che essa comprende. Dunque è il concetto di architravato che è importante in ultima analisi.

Come terzo passo può bastare.

R.P.

Posteris memoria mea


Renatus in aeternum.