Per
finire questa serie di post, proviamo a fare un esercizio teorico di
lettura e comprensione di un'architettura.
Non
proporrò un edificio particolare, ci sono già altri articoli sul
blog, ma ipotizziamo come dovrebbe svolgersi il processo di
osservazione di un'architettura.
Perciò
immaginatevi di contemplare un edificio architettonico.
La
prima cosa che dovremo fare è renderci conto di dove si trova. Anche
nel senso di luogo geografico, ma soprattutto ci interessa il posto
dove sorge, il sito progettuale: città, campagna, qual è l'intorno,
cosa c'è vicino, qual è la storia di quel posto, se esiste un
tessuto di edificato, lo schema urbanistico e via di seguito.
Ponendoci beninteso non solo lo scopo di saperlo ma di interpretarlo
alla luce della tipologia che abbiamo di fronte, cioè dello scopo
pratico per cui è stato costruito l'edificio.
Poi
lo osserveremo nella sua volumetria complessiva. Si tratterà di un
unico volume o di un insieme di volumi collegati fra loro o staccati
e in tutt'e due i casi appuriamo quali relazioni geometriche,
spaziali e funzionali vi siano. Giudicheremo anche il tipo di
rapporto proporzionale che ci sia fra le varie parti che compongono
la volumetria dell'architettura in esame.
Una
volta compresa la volumetria e i nessi che essa esprime potremo
scomporlo e analizzare le singole parti consci che non ne stiamo
perdendo di vista una importante o ne stiamo separando due che invece
sono strettamente relate e significanti.
Di
solito il sistema di rappresentazione dell'architettura che dà di
più il senso di come sia l'edificio è la planimetria, è la
proiezione geometrica che racchiude le maggiori informazioni a colpo
d'occhio.
La
planimetria è una proiezione ortogonale parallela al terreno per
convenzione, se non è altrimenti specificato, a 1,5 metri di
altezza. Va considerata a tutti gli effetti come una sezione
orizzontale come descritto.
Lì
osserveremo la distribuzione degli ambienti, i percorsi, il modo in
cui l'edificio (o la parte di esso che stiamo esaminando) si rapporta
con l'esterno, con l'entrare, il sostare e l'uscire appunto.
Poi
passeremo alle sezioni dove potremo appurare il sistema strutturale o
i sistemi strutturali se ve ne fossero più d'uno.
La
sezione è una proiezione ortogonale verticale passante in un piano
voluto, che va indicato in pianta. Una sezione può essere riferita a
più piani di intersezione ma per il momento non è importante.
Sapremo
come fisicamente è costruito il nostro edificio e con quale senso le
strutture delle varie parti si collegano e si compongono, sia nello
sviluppo orizzontale sia in altezza. Per fare un esempio, per essere
più chiari, una parte potrebbe essere in setti di calcestruzzo e
proseguire in pilastri e travi e vedere perché esiste questa
progressione. Oppure, riferito all'altezza, la progressione muro e
cupola.
Naturalmente
vorremo sapere con che materiali e relative tecniche costruttive è
stato realizzato l'edificio. Ognuna di queste informazioni ci sarà
utile per comprendere i problemi che si sono posti al progettista nel
realizzare l'architettura. Dunque analizzeremo il sistema costruttivo
e gli elementi costruttivi che gli sono propri. Anche qui è
possibile avere più sistemi costruttivi e anche qui cercheremo di
comprenderne il perché. È altresì possibile, nelle architetture
moderne che vi siano ibridazioni fra sistemi costruttivi.
In
un post precedente vi ho raccomandato di non imparare l'architettura
su Wikipedia e lo confermo, ma vorrei spiegarmi meglio. Molti
confondono sistema costruttivo con sistema strutturale per un motivo
abbastanza banale ma scorretto. Dicono: “ Se ho un edificio in
mattoni è ovvio che la cupola sarà in mattoni dunque la cupola in
mattoni è il sistema costruttivo di quell'edificio ”. No! La
cupola sarà il sistema strutturale dell'edificio, i mattoni il
sistema costruttivo, perché il sistema costruttivo tradizionale
prevede muri (o pilastri) in mattoni e solai in legno e volte in
mattoni. Ma questo non vuol dire che il sistema costruttivo è
il sistema strutturale.
La
considerazione precedente acquista un senso profondo quando passiamo
all'esame più squisitamente artistico dell'architettura: quello
formale.
L'analisi
formale dell'edificio architettonico parte da una valutazione dei
volumi, il che equivale a dire valutare il rapporto fra lo sviluppo
in pianta e quello in alzato. Avremo edifici o il complesso delle sue
parti tendenzialmente portato a sviluppare più una o l'altra
possibilità. Un edificio con una vasta pianta e una bassa altezza
privilegia la dimensione orizzontale, viceversa una torre ha la
sezione orizzontale molto più ridotta rispetto al suo sviluppo in
altezza. Ma questo rapporto può valere solo per una parte e non per
le altre: una chiesa e il suo campanile o solo per un punto di vista
(un lato per capirci) una facciata tenderà sempre all'orizzontale o
al verticale.
La
facciata è una proiezione ortogonale posta di fronte all'edificio in
cui nessuna parte è sezionata.
Per
consuetudine e realtà strutturale, un edificio con decorrenza
orizzontale esprimerà il più delle volte un senso o una poetica di
stabilità o serenità (prendete queste normalizzazioni un po' come
gli accordi maggiori e minori della musica, o sia valgono in
generale, per capirsi). Un edificio a sviluppo verticale darà il
senso di dinamismo e tensione. Un cubo non ci apparirà mai come la
giusta via di mezzo ma apparterrà agli edifici tendenzialmente alti.
Quindi mai affidarsi alla geometria pura per definire o per
progettare. Ho detto cubo, tridimensionale, non ciò che ha forma
quadrata, bidimensionale.
In
questa valutazione volumetrica andranno osservati con particolare
attenzione le parti curve, sia in planimetria sia in alzato sia in
prospettiva.
Prospettiva
e assonometria sono rappresentazioni tridimensionali su un supporto
bidimensionale (il foglio su cui c'è il disegno).
A
questo punto avremo immagazzinato una grande quantità di
informazioni per capire bene cosa abbiamo di fronte.
Possiamo
passare all'ultimo esame, quello che fa la delizia dell'intenditore,
ma che non sarebbe rettamente inteso senza le osservazioni
precedenti: il linguaggio architettonico.
Il
linguaggio architettonico comincia quando, facendo la sintesi di
tutti gli aspetti sopra esposti ne scaturisce una soluzione formale
che diventa punto di riferimento per altri edifici, sia che se ne
riprenda in toto la forma sia che la si elabori, purché non ci si
allontani mai per trovare la soluzione in altro modo.
Per
spiegarmi: una finestra classica non è più giusta di una gotica, ma
parla un linguaggio diverso pur rimanendo nell'ambito della logica
architettonica.
A
esempio, se in italiano scrivo sns questa parola non ha senso,
perché mancano le vocali. Proviamo a metterle: sansa, sense, sinsi,
sonso, sunsu, variando le vocali: sanse, sansi, sanso, sansu ecc...
sensa, sense, sensi, senso, sensu, sinsa, sinse, sinsi, sinso, sinsu
ecc...
Si
vede subito che alcune hanno un significato nella lingua italiana
altre no ma forse ce l'hanno in un'altra lingua o dialetti.
Dunque
la parola senso (insieme a sansa fra quelle scritte nell'esempio) è
una parola usabile perché ci assicura sulla sua comprensione. Se
all'interno del discorso uso una parola che non ha significato in
italiano ma lo ha in inglese e francese per esempio: sense, non
sense, starò immettendo una forma diversa ma adattabile, sta poi a
ciò che vogliamo esprimere se l'uso di una parola straniera sia
auspicabile o no.
Ecco,
stesso discorso trasformato in forme: ogni forma è possibile ma solo
alcune entrano nel lessico architettonico.
E
qual è il lessico architettonico?
Sono
quelle parole, quegli stilemi, che durante il divenire
dell'architettura ne hanno comprovato la leggibilità, la hanno
ampliata, hanno formato un repertorio con cui fare dei termini di
paragone.
Ogni
parte o elemento architettonico è stato declinato in un modo diverso
nel corso della storia e qualche modo si è perso, ma altri sono
divenuti dei veri e propri paradigmi, per assimilazione o per
negazione.
Un
punto particolarmente interessante del linguaggio architettonico lo
si ha quando una forma cita uno stile o canone senza essere reale nel
suo comportamento statico e costruttivo. In quel caso siamo in
presenza di una prevalenza del lessico architettonico, sulla realtà
fisica. Quindi il significato e il suo significante vivono di vita
propria rispetto alla realtà oggettiva. È un chiaro uso simbolico
del linguaggio esattamente come avviene nella poesia o nelle arti
figurative.
L'esempio
più immediato è la ripresa classicista, con l'uso di elementi
derivati dall'architettura greca o romana, in cui il sistema
strutturale è dato da muri e volte o capriate e quello costruttivo
da mattoni e legno, ma esiste una maglia di riferimento poetico che
riproduce le fattezze degli edifici greco romani. Ho già
abbondantemente spiegato come sia scorretto chiamare questo '
decorazione '. Dobbiamo dargli il suo nome: linguaggio
architettonico.
Questo
era il quinto e ultimo passo. Spero di essere stato di aiuto a chi ha
ancora voglia di avvicinarsi all'arte stupenda dell'architettura e a
chi interessi ancora parlare di cultura.
R.P.
Posteris
memoria mea
Renatus
in aeternum