In
questo mese di marzo trascorso ho avuto il record di visualizzazioni
di sempre. Ciò è avvenuto in modo del tutto inaspettato. Anche se
le statistiche potrebbero essere menzognere però vorrei festeggiare
l'evento con un post. Non che il blog riprenda la sua attività
coordinata, rimango in 'sonno' ma pubblico un articolo su un tema
che ritengo importante anche se non sarà letto da nessuno.
Ritengo
ci sia da fare chiarezza sulla differenza fra Movimento Moderno e
Modernismo. Questo mi darà l'opportunità di fare dei cenni sui
diversi approcci che si possono tenere nel cominciare l'azione
progettuale. In un successivo post mi riprometto di tentare alcune
definizioni che distinguano fra progettazione architettonica e
composizione architettonica.
La
maggioranza dei lettori se n'è già andata, ma cominciamo questo
post per super appassionati o specialisti.
Nel
XV secolo furono fondate le Accademie di Belle Arti e nel loro ambito
era insegnata l'architettura. Questa situazione va avanti fino al
secolo XIX quando alcuni architetti ritengono che i principi ivi
insegnati siano superati e si sia insterilito il contributo che le
accademie possano dare. Comincia una serie di esperienze esterne alle
accademie che si definiscono avanguardie. Quindi l'antiaccademismo è
la connotazione definitiva delle avanguardie.
I
tentativi che si distaccano in vario modo, nelle forme e nelle
intenzioni, dall'accademia non si possono ancora definire Movimento
Moderno, ne sono i prodromi. È giusto pertanto definirle
avanguardie. In un certo senso però sono già dei tentativi di
cercare una moda nuova nel fare architettura. Moda è termine tecnico
che non va confuso con fashion: nell'arte c'è la moda e la maniera
come sappiamo. Visto che parliamo di terminologia vale la pena di
dire che foggia è una codificazione della moda. Dal termine moda
deriva moderno, modernità, in senso tecnico. Spero che nessuno
faccia più confusione quando sente questi termini, qui o altrove.
Consiglio
di leggersi due post precedenti: “Come è morta l'architettura”
e “Quando si cambia stile” per levarsi ogni dubbio sulla
terminologia.
L'inizio
dell'Architettura Moderna è fatto risalire ad alcuni architetti o
edifici nei quali il distacco dall'accademia, banalmente riassunto
nello slogan disdicevole 'lotta alla decorazione', si esprime ormai
più con la distanza che con la continuità.
Devo
premettere che non potrò fare nomi di scuole o autori e soprattutto
mettere immagini per ogni argomento trattato altrimenti dovrei fare
un libro di storia dell'architettura: quelli che citerò saranno
utili per recuperare altri casi consimili e trovare l'iconologia
relativa (con la ricerca sulle immagini al computer la vedo dura, ma
insomma provate e confrontate...).
La
nascita ufficiale del Movimento Moderno si data ai Congressi
Internazionali di Architettura Moderna (CIAM) il primo dei quali è
del 1928 a La Sarraz su iniziativa di Le Corbusier. E abbiamo già
citato il convitato di pietra di tutta la questione.
Sempre
su iniziativa dell'architetto svizzero, durante il IV CIAM a Atene
nel 1933 e poi nel 1938 è redatto il documento ufficiale del MM. Si
stabilisce, fra le altre cose, il concetto di funzione e ne vengono
espresse quattro fondamentali per l'uomo: abitare, lavorare,
divertirsi, spostarsi. Ma questo è un altro discorso.
Un
esempio, anzi l'esempio di come l'Architettura Moderna iniziasse
prima del Movimento Moderno è la teorizzazione del Razionalismo,
movimento nel quale il distacco con l'accademismo si può dire
risolto.
Ricapitolando
abbiamo tre termini da non confondere: Architettura Moderna,
Movimento Moderno e Modernismo.
Fatta
questa necessaria premessa ci spostiamo verso tempi più vicini a
noi.
Dopo
la seconda guerra mondiale il cambiamento nel mondo ha evidenziato i
limiti dell'approccio del MM, il quale si basava su una buona
quantità di fiducia nella teoria che le cose sarebbero mutate nel
senso da loro analizzato. Una volta preso atto che il rapporto fra
politica e urbanistica o che lo stile di vita emerso dalla fine del
periodo bellico non era quello ipotizzato e sperato dai promulgatori
e sostenitori del MM è cominciata la fase di revisione dei principi
in esso espressi e più in generale sull'approccio così drastico che
l'Architettura Moderna aveva utilizzato nelle sue proposte
avanguardistiche.
Una
critica all'Architettura Moderna era per la verità già cominciata
anche negli anni fra le due guerre, ma o con il presupposto di una
attenuazione di quello che possiamo definire il 'mito della
modernità' oppure francamente reazionario com'è il caso del
Novecentismo.
Occorrerà
anche ricordare due emergenze che hanno avuto importanza nel piegare
la crescita delle città verso il disastro: la ricostruzione dopo le
distruzioni belliche (questo soprattutto in Europa, ma anche in
Giappone per esempio) e, rimanendo al caso europeo e segnatamente
italiano, le migrazioni interne che si vennero a sommare con la
continuazione del processo di inurbamento in atto da decenni.
Le
soluzioni di quegli anni immediatamente successivi risentono della
fretta della ricostruzione e della sistemazione di centinaia di
migliaia di persone che si spostavano verso le città.
In
estrema sintesi vediamo quali furono le principali critiche
all'approccio progettuale moderno che sono state fatte nel secondo
dopoguerra, finché è esistita l'Architettura.
Dell'eccesso
di teorizzazione ho già accennato.
Un
altro tema fu l'indifferenza dell'edificio al sito progettuale, e di
conseguenza all'esistente, alle varie scale urbanistiche e
architettoniche. In conseguenza ci fu la messa in discussione del
dogma dell'unico approccio progettuale alle diverse scale: il famoso
'dal cucchiaio alla città'.
Sul
piano linguistico avvenne la presa d'atto che l'eliminazione di ogni
elemento di linguaggio architettonico che non fosse derivato dalla
funzione aveva senso solo se la realtà fosse mutata nel senso
ipotizzato e propugnato dal MM.
Infine
la spersonalizzazione dell'architettura e l'allontanamento dai
cittadini.
Quello
che ne è venuto fuori possiamo chiamarlo Modernismo. A nessuno sano
di intelletto venne in mente di buttare nel cesso tutta l'esperienza
fatta dall'Architettura Moderna, anche perché, se era vero che il
mondo non era quello ideale, giusto o sbagliato che fosse, concepito
dal MM e nel quale doveva muoversi l'architettura, comunque alcuni
fattori si erano consolidati: il concetto di progresso, il rapporto
sempre più stretto con l'industrialesimo, la dipendenza della vita
dalla tecnica in misura sempre crescente.
Si
ebbero in un primo momento tre tipi di atteggiamento. Il primo
consisteva nella mitigazione dell'Architettura Moderna, rifiutandone
l'eccessivo purismo o l'astrattezza, il secondo nel ribadire invece
la teorizzazione moderna con moderati accenni di autocritica, infine
il terzo nella continuazione della guerra sotto altre forme, se
possiamo dir così.
Per
fare degli esempi, nel primo caso ricade l'ingenua esperienza
dell'Architettura Vernacolare o, in chiusura, il Post Modernismo. Nel
secondo appaiono la maggior parte dei tentativi che formarono il
dibattito architettonico fino a parte degli anni '90 del secolo
scorso e di cui accennerò in relazione ai diversi approcci nella
prassi progettuale. Nel terzo caso abbiamo la riduzione a un estremo
realismo, rispetto alle forme politiche, economiche e culturali,
delle forme linguistiche dell'Architettura Moderna, e questo è
universalmente conosciuto come International Style. E chi poteva
essere l'inventore dell'International Style (così lo chiamò egli
medesimo)? Il nostro uomo della sciagura: Charles-Édouard
Jeanneret detto Le
Corbusier.
Prendiamo
ora in considerazione il secondo gruppo, il più interessante.
L'analisi che metteva in luce le mancanze dell'approccio moderno
all'architettura e alla città presupponeva poi di trovare, senza
lasciare la connotazione dell'insieme, delle nuove regole
compositive. I tentativi e le scuole di pensiero sono state molte e
nessuna portò a una soluzione canonica del problema, ma tutte
diedero il loro contributo.
Nel
primo gruppo di cui sopra la tesi era un più o meno diretto rapporto
di rifiuto con l'Architettura Moderna, utilizzando la ripresa formale
degli stilemi storici (Post Modern) o un ritorno edenico a
un'edificazione spontanea secondo il luogo di edificazione
nell'architettura vernacolare. Nel terzo gruppo, lo Stile
Internazionale prevede edifici uguali in ogni parte del mondo, una
standardizzazione della vita e un atteggiamento supino alle esigenze
speculative dell'industria edilizia. Naturalmente Le Corbusier
(noblesse oblige...) ci arriva attraverso un percorso articolato e
fra mille parentesi ma la sostanza dei suoi deliranti piani
regolatori o delle unitè d'habitation hanno questo fine. Il resto è
quella che viene oggi definita impropriamente architettura. Non
fatemi far nomi.
Dunque
il secondo gruppo è il più interessante e serio fra i tentativi.
Darò
alcuni cenni dei diversi approcci progettuali, tenendo presente che
ciò che fa il progetto è la prassi di ogni singolo architetto. Vale
a dire che vi è un'evoluzione o involuzione nelle opere e nel tempo
di attività di ogni autore.
Uno
dei punti più controversi dell'Architettura Moderna e soprattutto
direi del Movimento Moderno è lo sganciamento dal sito progettuale e
del sito dalla città. Alcune scuole di pensiero, siamo sempre in una
fase avanguardistica e stilisticamente eclettica come ho già
specificato nei due post precedenti suggeriti, mantengono questo
paradigma sulla base della considerazione che il linguaggio
dell'Architettura Moderna rappresenta una soluzione di continuità
con la storia.
Di
questo sottogruppo abbiamo la scuola tipologista, che ha un suo
caposaldo in Aldo Rossi, la quale mantiene l'unità con l'esperienza
moderna, e la storia in genere, attraverso lo studio delle tipologie
architettoniche ma se ne discosta con la prevalenza di questa scelta
su ogni altra. Un'altra scuola, forse più feconda e interessante, è
lo Hi-Tech che vede nell'uso della tecnica l'elemento di linguaggio
che deve conformare il manufatto architettonico. Una via di mezzo fra
continuità moderna e 'ritorno al passato' è la scuola che possiamo
chiamare neo-percettivista (non in senso pittorico, attenzione) per
la quale il rapporto dialogico fra gli edifici si risolve nel loro
rapporto di percezione, a tutte le scale. Un po' come dire che il
rapporto con il sito non è molto importante ma lo è quello con le
emergenze architettoniche della città. O che il nuovo edificio si
ponga come emergenza rispetto all'esistente.
Si
intuisce che queste tre linee di pensiero sono in forte rischio di
scivolamento verso lo stile internazionale o verso il branding
dell'archistar.
Un'altra
scuola fa invece della collocazione nel sito progettuale la base
dell'approccio progettuale. Il rapporto con il sito progettuale
avviene attraverso lo studio del tessuto edilizio esistente cercando
di armonizzare il nuovo con la regola con cui è venuto su
l'esistente, anche facendo prevalere quelle esperienze, se ce ne
fossero, che si considerano o più legate alla tradizione locale o di
miglior qualità degli esempi presenti.
Un'altra
linea poetica, abbastanza rara rispetto alle altre, tenta la
risoluzione per mimesi con l'esistente o con la negazione dell'idea
di nuovo o addirittura di costruito attraverso il celamento nella
natura (in un caso di mimesi molto estremizzato e addirittura
negante, ma non privo di senso, anche se portato all'eccesso).
Un
caso accostabile a quest'ultimo è il destrutturalismo il quale nega
filologicamente la continuità progettuale. Ma questo è un approccio
molto arduo che porta ai limiti della disciplina architettonica e a
mio parere può valere solo in casi particolari che in ultima analisi
rientrano nella mimesi naturalistica.
Basta,
non me ne vengono più in mente che non si possano far ricadere nelle
categorie precedenti.
L'ultima
domanda è con quale linguaggio architettonico sono state tentate
queste esperienze?
Direi
in genere, a parte nel post-modernismo o in altri deliri comunque
collocabili nell'esperienza della reazione anti moderna (Cesar Pelli,
Jean Nouvel e compagnia cantante), è stato mantenuto il linguaggio
architettonico moderno, tentando di inserire dei nuovi segni, siano
essi tecnicistici o di ritorno ai materiali e a qualche citazione di
stilema storico. Quindi l'analisi degli edifici così concepiti passa
per l'analisi di singole parti del linguaggio in una sorta di
neologismo dell'architettura. Senza dubbio ha avuto invece molta più
importanza la conformazione volumetrica negli edifici. In un certo
senso si può dire che questa è stata la più notevole addizione
linguistica di tutte le esperienze citate.
R.P.
RENATUS
IN AETERNUM
Posteris
memoria mea.