domenica 28 giugno 2020

Prometeo, Epimeteo e i giovani d'oggi

Il problema dei giovani d'oggi è che credono più nell'esperienza che nel pensiero. Ho riflettuto e sono arrivato alla conclusione che una delle cose, fra le più importanti, che sono cambiate rispetto a una volta è il tipo di cultura che è presentata ai giovani, in generale a tutti ma questo vuol essere un post sui 'giovani'. Essa è incentrata sull'esperienza, sul saper fare qualcosa piuttosto che a conoscere e condividere un'idea, un pensiero, un sistema articolato come un'ideologia o una tesi filosofica. Ne deriva una sostanziale sfiducia verso l'analisi e le possibilità di realizzare quello che si ritiene utile per una vita nuova, ossia aumenta il pessimismo per la trasformazione progressiva della società e del mondo. Di conseguenza mutano anche quelle che si chiamano le immagini del mondo con la disponibilità acritica ad accettarne di ogni tipo. O a non porsi il problema che il mondo debba avere delle immagini che lo rappresentino. Che la tecnica oggi possa essere uno strumento operabile ed efficace per modificare la realtà è abbastanza lampante e di per sé non è cosa negativa, ogni epoca ha i suoi mezzi più a portata di mano, diciamo così. Il problema si pone sul fatto che per fare una cosa dobbiamo sapere come farla e soprattutto perché. Il modificare le cose come se la mutazione abbia di per sé un significato positivo è una grave lacuna. Anche un tumore è una mutazione e se se ne stesse lì per gli affari suoi, come spesso per fortuna fa, non costituirebbe un problema. I guai cominciano quando la sua mutazione, potremmo dire non ragionata, epimeteica, dal fratello di Prometeo, che cioè non considera le conseguenze, porta alla trasformazione distruttiva di altre cellule e tessuti e poi organi. Prometeo ' che riflette prima' ha una radice semantica vicina a progettare ' gettare avanti '. Ma per progettare occorre analizzare le proprie intenzioni, poi il campo dove si lavorerà, poi come e perché. Modificare il mondo è avere un progetto per l'esistenza, ma questo sarà tanto più valido quanto più sarà il prodotto di una riflessione approfondita, discussa, verificata. Se sono belle frasi, un atteggiamento autosuggestivo o sussurrato dall'esterno, per correttezza politica o fini commerciali, o, peggio, solo una serie di azioni fine a sé stesse, slegate, contraddittorie, un apparire senza sapere nemmeno dell'esistenza di un essere, allora avremo solo la supremazia dell'esperienza sul pensiero. Per esempio, conoscere le lingue significa saper fare qualcosa: saper parlare in una lingua, ma preso a sé stante non implica nient'altro: non la conoscenza delle origini, dell'evoluzione, della struttura, della cultura dei popoli che usano quella lingua. Ecco questo, nel particolare e in casi analoghi per significato, è ciò che accade alla maggioranza dei giovani in questa società autolimitante, dove puoi fare tantissime cose (per il momento e sempre meno) ma non è ritenuto importante riflettere su di esse, di sé e sul mondo, se non per slogan e 'frasi motivazionali'. Oppure continuare a rimuginare su sé stessi come monade autoreferente e screditare l'individuo come parte del mondo organizzato della società. Uno dei compiti che ci dobbiamo porre nella nostra lotta per la riconquista della cultura è ripristinare la centralità del pensiero. Esso avrà forme nuove, si distaccherà criticamente verso il passato (ma per poter fare ciò lo dovrà conoscere) forse non se ne distaccherà, forse ne proporrà una sintesi, ma sarà la ripresa della centralità della consapevolezza e del confronto fra idee e pensieri differenti. Sarà il luogo dell'individuo come atomo del vivere comune. 
R.P. 
Posteris memoria mea 
Renatus in aeternum
Heinrich Fueger - Prometeo