Questo
passo è ricavato dal “Yvain ou le chevalier au lion” di Chretien
de Troyes databile fra il 1176 e il 1180. La versione (tratta da “I
romanzi cortesi” di Oscar Mondadori a cura di G. Agrati e M.L.
Magini, ristampa 2017) è in prosa mentre l'originale sono poemi di
ottonari in rima o consonanza. Cosa cui tocca rassegnarsi ma
comprensibile se si voglia concentrare in un unico volume i grandi
poemi di Chretien.
Nei
suoi viaggi, Ivano incontra Lunetta che gli propone di difendere una
pulzella nei suoi diritti ereditari. Egli accetta e cammin facendo
arriva al castello della Pessima Avventura. In breve, qui dovrà
combattere contro due figli di una donna e un demòne. Entra nel
castello e incontra delle pulzelle lacere e malnutrite, dedite a un
lavoro pregiato di tessitura e ricamo della seta. Esse piangono la
loro sorte. Ivano le chiede il loro stato. Saltando il preambolo,
esse dicono:
“Di
pane ne otteniamo a gran pena, la mattina poco e la sera ancor meno:
col lavoro delle proprie mani, ognuna di noi non avrà mai per
sopravvivere più di quattro danari di una lira. Con così poco non
possiamo avere carni e vesti a sufficienza , ché colei che guadagna
venti soldi alla settimana non è per questo affrancata dalla
miseria. E siate certo che nessuna di noi ricava dal proprio lavoro
cinque soldi o più. Ci sarebbe da far la fortuna di un duca! Ma noi
siamo qui in povertà, mentre colui per cui lavoriamo si arricchisce
con il nostro guadagno. Vegliamo gran parte della notte e lavoriamo
tutto il giorno per il profitto di quel padrone che minaccia di
storpiarci se ci fermiamo, così non osiamo prenderci alcun riposo”.
Ivano
sconfigge, con l'aiuto del leone, i due demòni e libera le fanciulle
e la maledizione del castello.
A
parte il fatto che rimango stupito ogni volta dell'importanza del
ciclo arturiano nei poemi e nella mitologia cavalleresca posteriore e
della loro persistenza nella produzione letteraria fino e oltre il
XVIII secolo, qui abbiamo un dato di 'rivendicazione sindacale' con
tanto di cifre.
La
prigionia di schiave lacere e nude richiama de Sade ma questo è già
per addetti ai lavori più disincantati e lo tralascio (il potere
economico e sociale come prepotere sessuale o viceversa o meglio la
sua allegoria).
Voglio
dire: notate la differenza fra le interpretazioni accademiche dei
cicli cavallereschi o cortesi e la concretezza dei testi originali?
Dico
questo mentre va in scena l'ultimo, si spera, psicodramma della
dittatura dell'Unione Europea. Probabilmente fra poco fallirà la
Deutsche Bank e sarà necessario nazionalizzarla. Traduco: la gran
fretta della UE di risolvere il problema degli NPL o crediti
deteriorati (senza peraltro contare il buco nero dei cosiddetti
'titoli tossici'), implicherà che la Germania dovrà stampare soldi
a manetta per nazionalizzare la sua Banca Centrale, cosa che non può
coesistere con l'unione monetaria. Dunque: bye bye euro.
Ma
al di là di tutto non trovate incredibile che in un testo poetico
del XII secolo si proponga quello che è stato una parte connotante
della realtà del XIX e XX secolo? Chretien sarebbe un precursore
della lotta di classe?
E
pensate che in quegli stessi anni scriveva Rashi de Troye
il massimo esegeta ebraico di sempre. E li chiamano gli anni bui del
medioevo...
Paulette Goddard in "Tempi moderni" - C. Chaplin - 1936 |
Siccome
mi sono stufato di dare al nulla le risposte pongo al nulla le
domande: fatene quel che volete.