La
teoria dell'amore assoluto, variamente riassunta in frasi come quella
del titolo, o dell'amare gli altri, o amare tutti ecc... non mi ha
mai convinto. Ho sempre pensato fosse una scorciatoia dell'anima per
mettersi a posto la coscienza facendo al contempo un figurone.
Essa
trova espressione originaria per lo più in testi religiosi e già
questo dovrebbe metterci in allarme. Mi riferisco al fatto che le
religioni nacquero e sono ancora in buona sostanza delle alleanze
politico militari. Hanno differenti modi di esprimere questo concetto
ma l'imprinting originale resta loro peculiare. Quindi l'amare il
prossimo o il fratello assume un significato letterale e fattuale
molto diverso dalla semplice affermazione dottrinale.
Detto
questo, perché dovremmo amare tutti gli altri, l'umanità in quanto
tale intesa come totalità e singolo essere allo stesso tempo a noi
accomunato dalla specie ma a noi differente nell'individualità?
Alcuni allargano questo assunto addirittura a tutti gli esseri
viventi.
Attenzione
il problema è il verbo amare. Che tutto ciò che esiste sia
correlato, a volte in modo evidente a volte in modo ancora
sconosciuto, sia esso un postulato o un assioma, appare evidente e
incontestabile. Ma questo rende indispensabile amare? O non
basterebbe un senso di responsabilità derivante dal fatto che ogni
cosa compiamo ha un riflesso sul resto dell'esistente.
Si
dice che l'applicazione di questo principio d'amore dovrebbe valere
per tutti indipendentemente dal fatto che questo tutti sia o non sia
prossimo. Troppo facile, si dice anche però, amare i Lapponi o i
Maori, occorre partire con il tuo prossimo, con le persone con cui
hai a che fare quotidianamente. E qui c'è già un'insanabile
contraddizione. Se il mio amore deve essere totale e incondizionato
perché dovrebbe contare la distanza e la percezione sensoriale?
Forse
perché amare significa fare qualcosa di bene all'altro, e se questo
è lontano... Sì, qualche monaco buddhista si metterà a meditare
per il bene di tutta l'umanità ma questo dimostra non tanto la
certezza del risultato, che è stentato diciamolo, quanto il fatto
che i buddhisti tendono a volte a dare risposte meno cretine di
altri, e stanno molto sul generico.
Quindi
se voglio amare tutti, ma alcuni di questi tutti sono lontani, non
posso, semplicemente non posso, se non a chiacchiere.
Dunque
devo amare quelli che ho intorno, ma siccome ce li ho intorno, sono
certo che alcuni non meritano di essere amati. Meritava d'essere
amato Hitler? Merita d'essere amato Totò Riina? Merita d'essere
amato chi massacra di botte la moglie? Continuate con gli esempi voi.
Le risposte che otterrete di amore universale sono pure teorie, belle
parole che certo fanno fare una gran bella figura e costano niente.
Approfitto
per fare queste considerazioni perché non fa troppo caldo, ma fra un
po' ricomincerà e dunque cercherò di farla breve.
Ho
detto sopra che il problema è il verbo amare, ovviamente inteso qui,
di necessità, nella sua accezione attiva. Se dicessi: amo la musica
di Mozart ma non l'ascolto mai... Dovrei dire, semmai, che vivo nella
contemplazione del mio potenziale amore per la musica di Mozart... Ma
voi pensereste, giustamente, che ho qualche rotella fuori posto.
Il
sostantivo da cui deriva il verbo amare è amore. Prima che di amore
se ne occupassero le religioni, qual era il significato di amore?
Be',
il primo significato di amore era il senso di attrazione sessuale per
un altro essere umano e la voglia di congiungersi sessualmente. Non
ve n'erano altri. E non ve ne sono altri poiché da questo derivano
tutti gli altri possibili.
Gian Lorenzo Bernini - Ade e Persefone - particolare |
Per
spiegarmi ho bisogno dell'aiuto di uno specialista che è sempre
citato quando si parla di amore, o come scrivevano gli antichi Amore:
Socrate.
Alla
fine della fiera cosa dice Socrate di Amore? Che un essere umano a un
certo punto della vita vuole sopravviversi. La persona semplice lo fa
attraverso un figlio che gli sopravviva e nel ricordo che questi
potrà portare avanti, e così via di generazione in generazione.
L'uomo evoluto vorrà sopravviversi con un'opera del suo ingegno.
Quindi Amore è volersi trascendere, voler diventare un uomo migliore
di quanto non lo fosse prima del suo atto d'Amore.
Questo,
se può interessare, è anche la mia fede divina: la continua
autoevoluzione, che mi porterà... non so dove, ma sarò allora
migliore di quanto non lo sia stato prima.
Torniamo
all'amore sessuale. Anche essere innamorato, congiungersi con la
persona che si ama, il desiderio e il piacere sono stati che alterano
la nostra normale percezione di veglia e ci permettono di
trascenderci. Se queste sensazioni sono molto radicate e profonde
vorremo fonderci con l'altra persona e dunque diventare di più di
quello che siamo normalmente e prima che ciò avvenga.
Antonio Canova - Amore e Psiche |
Mi
sto accorgendo, di passata, che anche la mia prosa 'prosaica', ossia
da dissertazione, e come la mia poesia: butto lì e lascio che il
lavoro lo facciano gli altri. Forse è per questo che non piaccio ai
più: perché non do la pappa pronta.
La
tesi è che se sarò migliore forse potrò realmente aiutare e
“amare” qualcun altro. Che se lo merita, aggiungo io. Del resto
se avessi la facoltà di annichilire chi secondo me non merita di
vivere aiuterei lo stesso l'umanità, ma questa è una mia opinione,
e comunque non ho questa facoltà dunque è tutta roba teorica.
Allora
come ci si deve comportare gli uni con gli altri se non ci si può
amare tutti e non si ha la facoltà di annichilire i bastardi (se non
ve ne siete accorti sto prendendo per il culo chi in questo momento
in Italia vuole introdurre la censura per prevenire gli hate speeches
via internet, media ecc... in pensieri, parole, opere e omissioni).
Ho
sempre pensato che bastino queste parole, molto meno impegnative di
“amare”, ma immediatamente operabili: rispetto, educazione,
sensibilità e gentilezza. La mia libertà non finisce dove comincia
la tua o dove inizia il danno, finisce quando capisco che posso fare
qualcosa che potrebbe limitare la tua libertà e potrebbe arrecarti
un disagio. E se inavvertitamente lo faccio, mi scuso e pongo
rimedio. Del resto, a tempo e modo giusto e luogo adatto si può fare
quasi tutto e non si deve rinunciare a quasi nulla, niente di
indispensabile comunque. A meno che non ci si senta liberi sparando
la musica a manetta di notte o giocando a pallone in strada, o
facendo casino o lasciando che i figli agiscano come psicopatici. Se
uno si accontenta di una libertà così raffazzonata e folcloristica
è un poverino o un poveraccio.
In
termini politici tutto si riassume in un concetto: 'giustizia
sociale'. Non carità, solidarietà e termini analoghi che fanno
tanto impegno politico e umanitario: giustizia sociale. Non solo
giustizia giuridica, non solo giustizia filosofica, non certo
giustizia divina. Giustizia sociale.
Diritti
veri, non di carta, un diritto se non è fruibile non esiste. Non
solidarietà ai perdenti o ai cosiddetti sfortunati ma riconoscimento
della dignità di tutti e di ciascuno.
Equa
redistribuzione del reddito e delle ricchezze, giusta retribuzione
del lavoro, sicurezza e dignità sui luoghi di lavoro, diritto a
un'abitazione decente, sanità e istruzione pubbliche e gratuite e
efficienti. E magari possibilità di realizzarsi secondo i propri
talenti e interessi.
Autodeterminazione
nelle scelte politiche, partecipazione alla comunità, libertà di
espressione e di dissenso. Libera espressione e condizioni che
rendano massimo lo sviluppo della propria personalità e rispetto
delle individualità.
Charles Frederick Naegele - Ritratto di Ragazza, da me ribattezzata La Speranza |
In
milanese, lingua rustica e scabra, non esiste il verbo amare: si dice
“a te vöri ben” ti voglio
bene, cioè voglio il tuo bene. In modo concreto. Allora forse se
invece di “amare” tutti, volessimo il bene di tutti? Volere il
bene degli altri non solo rimanda a qualcosa di concreto, ma porta a
chiedersi cosa sia il bene nostro e da noi per gli altri, in modo
razionale. Per il singolo individuo e per la collettività, senza che
uno sia a scapito dell'altra. Non può essere un bene soffocante
dietro il quale possiamo nascondere la soddisfazione del nostro
egotismo o le nostre insicurezze. E soprattutto se passiamo dalle
parole e dai gesti simbolici che non servono a un cazzo, e in genere
peggiorano la situazione e nascondono spesso la malafede, dobbiamo
chiederci cosa realmente possiamo fare. E la nostra possibilità di
essere utili agli altri dipende linearmente da quanto siamo utili a
noi stessi, come conditio sine qua non, cioè da quanto siamo capaci
di migliorare.
Se
ci amiamo senza sconti forse potremo “amare” gli altri.
Sempre
che gli altri vogliano essere amati da noi... è ovvio.
1°
p.s. se non faceva caldo non avrei probabilmente scritto un post così
banale.
2°
p.s. leggete i post sulla composizione architettonica, per il vostro
bene, per capire di più sull'arte, perché tanto ne farò altri fin
quando qualcuno capirà che la composizione architettonica è scuola
di vita e di cultura, anche se ai non adepti questo sembra una
battuta.
3°
p.s. leggete i post sulla composizione architettonica: è un ordine!