domenica 14 maggio 2017

Quater cansun milanes (quattro canzoni in milanese)


Dopo le maledizioni del post precedente un po' di tenerezza.
Propongo quattro mie poesie in dialetto milanese.



Lo faccio per dare un esempio di dialetto milanese vero e dare il mio piccolissimo contributo alla preservazione di una lingua che si sta perdendo, un po' come tutti i veri dialetti italiani.
È un milanese contemporaneo che nasce dal parlato. Io l'ho imparato, come lingua madre, in famiglia dove mamma, papà e nonne fra loro si parlavano in dialetto e con noi, io e mia sorella, i genitori in italiano, le nonne in dialetto.
Respingo il falso milanese di Carlo Porta, come scimmiottatura del veneziano letterario, e quello del Cherubini e altri dizionari affetti da toscanismi e riferentesi a una lingua potenzialmente letteraria.

Esse vanno pensate in un contesto fin de siècle o belle époque e sono poesie d'amore.
Mi piace pensarle con sotto una bella musica napoletana o una melodia spagnola.
Non vanno certo immaginate con il tim e tum di "A vurii savè el mestee che fu mi, cuminci ai desur e finisi a mesdì...". Questa è una classica canzone da osteria spero che i miei versi meritino qualcosa di meglio.

La prima è la sensazione d'una sera in compagnia della propria innamorata, la murusa, detto in milanese, guardando il Naviglio.




La traduzione per i diversamente milanesi:

Il ponte sul Naviglio

Ero sul ponte con la mia Ninètta.
Lei guardava la luce della luna
che scarabocchiava sull'acqua pulita
come tanti pesciolini d'oro sopra l'onda.

Io guardavo le sue treccine nella veletta
correre, come i pesci, giù a una a una.
Profumava di buono come una violetta
da mettere dolce sul dolce della vita.

Passa un vecchio sulla sua barchetta
e dice: "Dove volete andare? A divertirvi?
Io vi porto anche in Paradiso! O su o giù..."

L'ho guardato e m'è venuta detta:
"Andate, brav'uomo, andate, che in Paradiso
qui vicino alla mia donna ci sono già".

La seconda è la descrizione d'una di quelle donne frivole e volubili che fan perdere la testa.


 


Traduzione:
La Parigina

Sei vivace come l'aria
vai di qui e di là sulle ali del vento,
sei così svelta e voli via
che pare non tocchi con i piedi

la terra quando cammini per strada.
Nella tua testolina c'è poco dentro,
non prendi mai nulla sul serio,
ma, con tutto, ti assecondo sempre.

Io non so se sei una di quelle donne
che ti mettono qualcosa nel cuore
e fan dannare un uomo nel cervello

o invece sei un'altra di quelle donne
che tolgono il peso dal cuore, per chi lo vuole,
e, sotto le smorfie, sei un angelo del cielo.

La terza riguarda due mamme che hanno accompagnato una coppia di fidanzatini, i piccioncini appunto, a un ballo in società e alternano comicamente il dialetto e l'italiano per 'distinguersi'.

 
Traduzione

I due piccioncini

" Signora Adele, guardate i nostri due piccioncini
come ballano bene insieme tete a tete! (lett. 'tette a tette')
E che gente raffinata, che belle velette!
Però mi pare che stanno un po' troppo stretti..."

" Pare anche a me, ma son così due fiorellini! (lett. anche: 'due bambini')
Piuttosto, qui fa un gran freddo
e io devo mingere, con tutto il rispetto".
"Cosa deve fare?". "Devo andare a pisciare...".

"E chi li guarda i ragazzi, se va via così?
E mi lascia qui sola e da sola? (lett. de per mi vuol dire già 'sola')
sono già le undici e venti, ('vint' in milanese)
signora Adelina, e se m'addormento?
Mi raccomando: la tenga, finga,
ma, per l'amor di Dio, non minga! (lett. non minga mica, gioco di parole fra il verbo italiano colto mingere e minga che vuol dire mica)

L'ultima è il racconto di un momento romantico, con la complicità della nebbia.




Traduzione:

La luna di giorno

Volevamo stare un po' da soli, così
come si dice, alla luce della luna,
ma la sua mamma è una disperazione:
è di guardia come un bulldog. (lett. burdòch è scarafaggio)

Noi due possiamo vederci solo di giorno,
ma si sa che la luce della luna
è più buona con chi si vuol bene
e, dolce, fa nascere tutti i suoi giochi.

Allora è uscita la nebbia,
tanta che non pareva vero,
e il sole è divenuto una boccia bianca.

La nebbia fredda ci ha avvolti
e ci siamo stretti vicini che ci ha nascosti,
e così, al chiaro, ci siamo baciati sulla bocca.

Eh, bei tempi quelli quando un bacio rubato era la felicità!
Sono, come detto versi d'amore in un tempo del ricordo. Una cosa molto romantica, ma ogni tanto ce lo possiamo concedere.

Agevolo, all'uopo, un filmato sul Notturno opera 9 numero 2 di Fryderyk Chopin che è obbligatorio vedere.
Questo notturno di Chopin ci permette di sfogare tutto il nostro subdolo romanticismo, la malattia infettiva più diffusa nell'estetica moderna.
Però in fondo questo ragazzo polacco aveva del talento e, quel ch'è più importante, si fa sentire, dai...
Ho messo dentro, fra gli altri, un quadro di van Gogh, che è sempre un po' banalotto, ma qui meno che altrove, e c'è una Venere pensosa che ha un fisico che levati...
Finito il sogno si sente l'odore di sonno del risveglio...
Ma che ne capite voi...