È estate e mi passa la fame, resto in stand by aspettando la mia stagione preferita: l'autunno. Però penso ai bei paciarini (da paciare, mangiare con gusto in milanese) che il caldo mi vieta e mi è venuta voglia di mettere la ricetta di un piatto milanese poco conosciuto, anche per comprovare che il piatto tipico di Milano non è il sushi.
Eccovi la Certosina. Dal nome sembra provenire dalle cucine dei frati certosini.
Non metto le dosi perché questo blog non è un ricettario di cucina, chiunque sia un po' esperto si può regolare con facilità o gusto.
Per fare la Certosina dovrete procurarvi della carne di pollo, della luganega, dei gamberetti di fiume (o piccoli di mare), dei funghi secchi, dei piselli interi, delle acciughe sott'olio o sotto sale, dello Jerez de la Frontera (Sherry) o vino bianco secco, meglio se liquoroso, riso Carnaroli, dovete fare la cremolata (tritando prezzemolo, aglio, salvia, semi di finocchio, scorza di limone), olio di oliva leggero, succo di limone, burro, spezie milanesi, noce moscata.
È possibile usare altre carni o pesci o financo rane secondo la fantasia. La luganega è una salsiccia fresca, stretta e lunga, si può sostituire coi verzini che hanno la stessa pasta.
Le spezie milanesi le faccio macinando una parte di cannella, due parti di chiodi di garofano, tre parti di noce moscata e sei parti di pepe nero. Le proporzioni sono per capacità di spezie macinate, per esempio un cucchiaino.
Come ho già detto nel post sul risotto alla milanese, io se non trovo lo Sherry uso il Martini dry (vermouth dry: non usate il vermouth bianco normale e poi dite che vi è venuto male) se vi fate proprio lo scrupolo usate il Marsala extra vergine soleras (marsala assolutamente secco). Se il vino liquoroso non vi va giù, ma dovrebbe essere così invece per rispettare la tradizione milanese, usate del vino bianco secco, ma non mettetecene mai troppo. Il vino è usato molto nella cucina brianzola, a Milano molto meno o punto.
Disossate il pollo, spellate la luganega, ammollate e pulite i funghi secchi e filtrate l'acqua, se i gamberetti non sono di fiume e sono grossini levateci la cortica e il budello.
Tagliate il pollo a pezzetti abbastanza piccoli, la luganega a pezzi di 3-4 cm, i funghi lasciateli così, sbucciate i piselli e conservate i baccelli puliti e spuntati. I gamberetti di fiume sono già piccolissimi e più dolci di quelli di mare.
Fate il brodo con le ossa del pollo e le ali, due spanne di luganega (o più, dipende da quante porzioni fate), i baccelli dei piselli e le cortiche dei gamberi o alcuni di quelli rotti se sono di fiume o piccoli di mare. Aggiungete uno spicchio d'aglio o due, un paio di cipollotti con tutto il verde, un paio di foglie di alloro, un pizzico di spezie e un chiodo di garofano. La quantità deve bastare per fare il riso e cuocere l'umido.
Mettete un po' d'olio in una padella e fate rosolare bene la luganega, poi il pollo, infine rapidamente i gamberi e i funghi. Non userei l'olio di oliva extra vergine che incide troppo nel sapore, un olio alternativo potrebbe essere l'olio di noci, o di linosa, per la tradizione, che danno una nota di tostato, ma per il nostro gusto un olio di oliva leggero va benissimo. Volendo ottenere il gusto di abbrustolito potete mettere pochissimo olio di sesamo che si trova di più e costa di meno dell'olio di noci. Ma il sapore della certosina non è dato dall'olio, ma dall'insieme di carne e pesce.
Una volta rosolato tutto, facendo attenzione che i funghi non si attacchino disfacendosi, rosolate la gremolata di prezzemolo, aglio, salvia, semi di finocchio, scorza di limone tritati insieme. Non esagerate con le erbe se no la salvia prende il sopravvento e il prezzemolo banalizza tutto (potete nasconderci dentro qualche foglia di basilico, che è nella tradizione milanese; il prezzemolo sostituisce un'erba campestre di cui si è persa la nozione: una mentuccia, una maggiorana, un basilico?), siate generosi di aglio e scorza di limone (cum grano salis).
Poi fate struggere due o tre acciughe sott'olio, o lo stesso peso se sono sotto sale o usate la pasta di acciughe (se non avete altro). Rosolate e disfate bene le acciughe perché perdano il sapore di selvatico.
Indi fate il rosso con farina e spezie abbondanti. La quantità di spezie è davvero a gusto: la ricetta originale prevedeva che la carne fosse involta nelle spezie. Come consiglio generale, se usate solo un tipo di carne, a esempio del manzo, esagerate, se fate un mix fra carne e pesce regolatevi. Le spezie potete farle rosolare all'indiana o semplicemente aggiungerle.
Spegnete con uno schizzo di Sherry (il tour de main è vostro), fate sfumare e aggiungete l'acqua dei funghi. Fate tirare un pochino e poi aggiungete un paio di mestoli di brodo. Coprite e lasciate andare fino a cottura del pollo. Io salo col brodo, ma sono di bocca dolce, altrimenti salate dopo il rosolamento.
Mentre l'umido va, aggiungete i piselli in modo che facciano in tempo a cuocere.
Preparate il risotto bianco. Si fa come quello giallo ma senza zafferano. L'ho già descritto nel post del risotto alla milanese, ma per comodità vostra lo riassumo.
Far tostare il riso Carnaroli o vialone nano (non usate mai il riso da minestre o farete un disastro). Tostate ben bene. Mettetelo da parte.
Nello stesso tegame mettete il burro di ottima qualità: non mettete l'olio ché vi scomunico, non usate un burro scadente, spendete di più ma usate un burro buono, se no vi farà un mucchio di acqua e non saprà di niente. Rosolate leggermente nel burro la cipolla tritata, in milanese si dice fare palpare. Vanno bene le cipolle dorate (dette appunto milanesi) o quelle bianche quelle rosse sono troppo forti. Aggiungete il riso e mescolate, versate lo Sherry o il vino bianco (il Martini dry va bene, col Marsala non ho mai provato), fate sfumare e cominciate a tirarlo col brodo che avete fatto in precedenza. Ovviamente non dovrete usare un altro brodo o il piatto perde ogni senso. Se usate il vino bianco secco che sia poco, solo per arrotondare il gusto. Il risotto alla milanese, giallo, bianco, mantecato o come vi pare deve sapere di brodo e grana, le puttanate sull'acidità, l'aceto e bestemmie simili lasciatele agli chef.
È arrivato il momento di servire. Mantecate il risotto a fuoco spento con burro fresco e Grana Padano. Lasciatelo riposare un momento.
Aggiungete alla Certosina poco succo di limone, qui va tutto a gusto. Spegnete il fuoco, mettete un pezzo di burro fresco, rimestate e spolverate di noce moscata a piacere.
Servite sotto il risotto e sopra l'umido ben tirato. E a chi dis minga eviva, che ghe s'ciopa la piva!
Per il vino di accompagnamento abbiamo il problema di avere un insieme di carne, salume e pesce. Potrebbe andare bene un rosso leggero, anche frizzantino, come un Bonarda, non troppo zergo, o un Gutturnio o il San Colombano. Con piatti speziati, tipo quelli indiani, ci sta bene un rosé: di quelli portoghesi in commercio, il Bardolino rosato, un cerasuolo. Oppure fate all'inglese e beveteci sopra lo Jerez che avete usato in cottura. Occhio che fra i vini che ho suggerito ci sono almeno 10° alcolici di differenza. Bevete per stare allegri e godere non per stordirvi. Le ragazze e le signore devono bere almeno finché diventano rosse in viso e più belle. Come diceva Dante “ in paradiso coi santi, in taverna coi ghiottoni ”.
La tavola è una gioia e permette anche di evolvere: l'evoluzione del gusto è evoluzione della coscienza. Non ci credete? Peggio per voi.
Una poesia goliardica medievale, parodiando la Scuola Salernitana, dice: “ Primum crostinum, deinde vinum, deinde crostinum, deinde vinum usque ad matutinum ”.
R.P.
Posteris memoria mea
renatus in aeternum