martedì 2 novembre 2021

Crescete e moltiplicatevi

In questo momento si fa un gran parlare di pensioni fra le riforme imposte dalla dittatura di sistema della Unione Europea, che ha in Italia la sua propaggine nel governo Draghi. Tralascio il fatto che il famoso PNRR non si sa ancora cosa sia né se ci siano i soldi e quanti e come. La buona notizia è che la UE decreterà la fine dell'emergenza pandemica e almeno da quel rispetto ci sarà meno rottura di coglioni (forse).Appunto, prima degli 'aiuti' europei si dovranno fare le RIFORME che è l'unica cosa di cui fotte a questi qui.Pensavo però che tutto il ragionare sulle pensioni: puoi andare in pensione con anta anni e tot contributi ma... e via elucubrando le alternative, non tiene conto (volutamente) di una realtà storica molto più profonda e che però è inevitabile e sta già succedendo da qualche decennio. Tutto il discorso che mi accingo a fare vale se non scoppierà la WW III o se non arriva l'anelato asteroide o non tornano gli Elohim...

 La prendo un po' alla larga. Un sei-otto mila anni fa cominciò quella che è conosciuta come Rivoluzione Agricola. Questo cambiamento portava il vantaggio al pastore, trasformandosi in agricoltore, di avere una maggiore sicurezza di mangiare, una comodità nell'essere sedentario, la possibilità di stimare su quanto prodotto si poteva contare e mettere da parte delle scorte per i tempi duri. Se vi pare che un contadino abbia dei rischi di impresa dovuti alla siccità o altro, non immaginate cosa voglia dire perdere l'intero gregge in poche settimane di aridità o in pochi giorni di malattia epidemica. Allora la terra fu divisa in proprietà e occorsero molti figli per coltivarla. La popolazione aumentò sia in virtù delle migliori condizioni di vita sia per l'aumentata necessità di mano d'opera (perché la pastorizia, la caccia, la raccolta spontanea e tutte le fonti di reddito precedenti non furono abbandonate, naturalmente).Su questa rivoluzione, che non è solo economica, si svilupperà la storia per un lungo periodo che finisce con la Rivoluzione Industriale.Quindi, che cos'è in sintesi la Rivoluzione Industriale? Be' qualcuno si era accorto che dopo la grande pestilenza del XVII secolo la popolazione tornava a aumentare anzi la procreazione era vissuta come atto apotropaico contro il grande nemico che aveva ucciso metà della popolazione. Tutto funzionava perché il 90% della gente viveva di agricoltura. Però poco tempo dopo la terra cominciò a diventare poca per il numero di braccia disponibili. Si decise che questa massa fosse utilizzata per i grandi commerci oceanici, come marinai o soldati, e che occorresse andare a conquistare nuove terre da coltivare, dunque altri soldati e emigranti colonizzatori: nascevano i grandi imperi mercantili.Nei nuovi luoghi della colonizzazione europea c'era grande abbondanza di materie prime spesso non sfruttate dai locali.Dunque: grandi mercati, enorme manodopera, materie prime in quantità inedite uguale costruzione di fabbriche per la produzione industriale di beni di consumo. Voglio dire che non fu lo sviluppo tecnico scientifico a far nascere l'industrialesimo, ma la necessità di risolvere la disoccupazione crescente (o se volete il modo con cui continuare a sfruttarla) dovuto all'aumento della popolazione, questa sì conseguente al miglioramento delle profilassi e delle terapie mediche che abbassarono la mortalità neonatale sempre di più, facendo scoppiare la sovrappopolazione dell'Europa prima e poi via via nel resto del mondo.Teniamo a mente sempre un dato. Quando nascevano i miei genitori (1928 e 1929) c'erano 2 miliardi di abitanti sulla Terra in un secolo si sono quadruplicati: oggi siamo più di 6 miliardi e mezzo e fra dieci anni arriviamo agli 8. Intanto, per la stessa natura dell'industria, il progresso tecnico scientifico è stato velocissimo e oggi le macchine utensili avanzate possono sostituire l'uomo in quasi tutte le attività produttive. E questa tendenza è inarrestabile e ad accelerazione crescente.In una parola: tutti gli esseri umani venuti al mondo per soddisfare le esigenze del lavoro oggi non servono più. Per questo dicevo che il problema delle pensioni è, a livello generale, un falso problema. Il vero problema è capire che ruolo avrà il lavoro nella società futura, nella prossima rivoluzione. E cosa farne della sovrabbondanza della popolazione in quasi tutti gli stati di tutti i continenti.Alcuni pensano che la soluzione sia la riduzione della popolazione mondiale a un decimo. Una specie di ritorno al passato, diciamo. L'idea potrebbe anche essere giusta in teoria: dipende con quali mezzi si possa ottenere questo risultato e in quanto tempo. Se si accettano forme di diminuzione della fertilità indotta con mezzi ritenuti rispettosi della dignità umana e in tempi tali che il singolo non se ne accorga, potendo vivere la sua vita completamente, allora la si potrebbe anche considerare un'opzione. Ma se le modalità non sono queste? Allora no ovviamente. Dunque una soluzione umana nei modi richiederebbe tempi lunghi anche se non lunghissimi.Ovviamente di mezzo ci sono tutte le considerazioni etiche, religiose, storiche, culturali, sociali ecc... che non sto a ripetere perché notissime e banali.Allora diciamo che vinceranno i buoni e si deciderà di ridurre la popolazione umana con metodi umani e in tempi adatti (almeno un secolo o due diciamo) oppure che si cercherà di abbassare progressivamente il numero degli uomini per esempio con lo sviluppo. C'è una legge economica (indice di Gini) che dimostra come laddove ci sia sviluppo si ha la tendenza a ridurre il numero di figli.Diciamolo chiaramente. Non c'è nessun diritto di essere concepiti e quindi di venire al mondo (anche perché non esiste il soggetto fruente del diritto) ma c'è il diritto di vivere, una volta nati, una vita almeno umana, cioè giusta e dignitosa.Allora agli inizi della prossima rivoluzione, già in atto, abbiamo ancora un po' di tempo in cui dobbiamo chiederci cosa fare degli uomini esistenti. Anche nell'ipotesi che vadano bene tutti questi miliardi di persone che non sanno cosa fare e non si sa cosa fargli fare, dato che ci sono qualcosa bisognerà inventarsi. 

Quale sono le ipotesi su questo presupposto caso di non necessità della stragrande maggioranza degli uomini? Fino a oggi i sistemi economici e sociali erano basati o sul lavoro o sulla vendita. Nei sistemi capitalistici era necessario che tutti lavorassero per produrre beni sempre a minor costo, grazie all'innovazione tecnologica, e che il profitto derivato dalla vendita fosse distribuito alla popolazione, anche attraverso forme di assistenzialismo ma soprattutto grazie all'aumento del welfare, affinché tutti fossero consumatori e il ciclo si chiudesse e si autoalimentasse. Nei sistemi collettivisti era necessaria la piena occupazione sia per la produzione dei beni di necessità sia per motivi ideologici. Nel sistema attuale il costo della produzione dei beni è abbassato dall'innovazione tecnologica e dal conflitto al ribasso nel mercato del lavoro, ma i beni al consumo non costano di meno e i redditi si sono contratti in modo a volte drammatico. Dunque da un lato c'è una produzione che ottiene il profitto dalle minori spese più che dall'aumento della capacità di acquisto, dall'altro la possibilità di ottenere quei beni o servizi dipende dal debito contratto dal consumatore, che però diviene sempre più povero. Alla fine dovrà cedere ai soggetti più forti le sue ricchezze. Sembra evidente che a un certo punto chi sta guadagnando molto da questo sistema però regnerà su una massa di miserabili. E chi gli comprerà i prodotti? Se questo sistema è un artificio che deve durare finché permette di fare grandi profitti a un certo punto cadrà, accontentandosi di aver ripreso il reddito distribuito nei decenni del secolo scorso. E tutto ripartirà per un nuovo ciclo. Altrimenti è chiaro che lo scopo è quello del dominio politico, ma ci si chiede che senso ha voler regnare su macerie e sugli sventurati che le abiteranno. Di questo ho già parlato nel post precedente.Se lo scopo è quello di vendere occorre che i consumatori siano molti e abbiano il necessario livello economico per acquistare, ma ci si chiede in che modo possano avere il denaro indispensabile per poter consumare visto che non c'è più bisogno di loro per produrre. Spostare l'occupazione su attività non profittevoli non può avvenire spontaneamente ma con un imponente ingresso dello stato, cercare di farle diventare redditizie privatizzandole farebbe molto più male che bene, lo abbiamo già visto.Oppure bisognerà pensare a un lavoro svincolato dal meccanismo vendita-profitto o addirittura la produzione del reddito sarà sostituita dalla produzione dei beni necessari (anche non strettamente necessari o per attività come la ricerca o l'arte o la cultura) da parte di macchine o automi, che saranno fruibili dalle persone in base ai loro bisogni e per semplice richiesta.Insomma occorrerà insegnare alla gente a vivere senza lavorare e senza abbrutirsi fino ad arrivare a un numero di abitanti del pianeta che si dedicheranno alle occupazioni più elevate e per passione.Ma questo porta fuori dalle logiche intrinseche del capitalismo e dell'industrialesimo anche socialista.Del resto un'economia tutta virtuale non mi pare abbia senso perché se non posso mostrare di essere più ricco di un altro, dato che ciò non ha senso materiale ma solo immateriale, quello che una volta si diceva spirituale, che senso ha arricchirsi. E poi in che modo? Possedendo una materia prima e guerreggiando per mantenerla o rubarla a un altro. Ma questo richiederebbe masse di uomini che combattono e dunque perché ridurre la popolazione umana? E poi sai che sugo essere quello che vince o perde le guerre per non farsi fregare la ciccia. Fra l'altro anch'esse si potrebbero combattere con macchine e automi che costerebbero meno e avrebbero meno problemi di gestione. Insomma sembra che chi ha in mente questi scenari sia un essere umano che anela a essere infelice, peraltro dovendo passare prima per l'infelicità altrui. Gira roba pesante... Più realisticamente, a lungo termine, sarà necessario passare a un'altra logica sociale prima e poi economica. Senza dover tornare al medioevo per poter far lavorare gli uomini in più e senza sterminarli, senza neanche sapere come peraltro. Ma non faccio ipotesi, primo perché non è il mio mestiere e secondo perché apparirebbero molto idealiste. Mi premeva sottolineare che il problema vero è quello del fatto, lo ripeto, che tutti gli uomini al mondo non servono più per produrre ciò che serve per vivere. Dunque il problema del futuro non è quello delle pensioni ma se ci sarà ancora il lavoro, notando che sia il capitalismo più sostenibile e umano sia quello dell'onnipotenza folle e autodistruttiva sia il comunismo continuano a vedere nel lavoro l'elemento fondamentale della società e dell'economia. 

 

R.P.

Posteris memoria mea

renatus in aeternum