Siamo
in quella parte dello “ Orlando furioso ” in cui compare la bella
e indomita Bradamante alla ricerca del suo Ruggero.
Ella
giunge presso un fiume dove incontra il maganzese Pinabello il quale
afferma di sapere dove si trovi Ruggero. La giovane segue questo
cavaliere che con l'inganno la fa precipitare nella grotta di Merlino
dove la fata Melissa le farà il pippone sul fatto che da lei,
Bradamante, e da Ruggero discenderanno gli Estensi. Con l'aiuto di
Melissa, Bradamante giunge al castello incantato dove è rinchiuso,
con altre dame e cavalieri, il suo amante.
Il
signore di quel castello incantato è un mago che ha il suo potere
nella sua cavalcatura: un ippogrifo.
E
qui inizia la narrazione che vo a fare.
Questo
mago cavalcando l'ippogrifo rapisce tutte le belle fanciulle dei
paraggi e atterra tutti i cavalieri erranti che poi imprigiona nel
suo castello.
L'arma
segreta di questo mago è uno scudo che, una volta tolto dal fodero,
è in grado di abbacinare tutti gli avversari.
Non
ostante Bradamante sappia queste cose è risoluta a liberare il suo
Ruggero e tutti gli altri ospiti forzati del castello.
Ariosto
dice che questo mago cavalca l'ippogrifo e ha alla mano sinistra lo
scudo e alla destra un libro sul quale sono scritti tutti gli ordini
magici per cui può fare le sue azioni.
All'improvviso
Ariosto sente il bisogno di precisare che l'ippogrifo è un animale,
nato da una cavalla e un grifo, come di rado succede che si accoppino
nelle terre dell'estremo nord.
Perché
il nostro ser Ludovico, mentre parla di fate, maghi, anelli magici,
castelli e scudi incantati, sente il bisogno di specificare che
l'ippogrifo non è una macchina ma un animale mentre tutto il resto è
incantesimo del mago?
Si
potrebbe dire che non vuole che si pensi alle macchine volanti di
Leonardo da Vinci per esempio, come se qualcuno fosse riuscito
davvero a realizzarle. O un argomento del genere. Rimane pero strano
che si premuri di negare un fatto assolutamente reale anche se non
realizzato, una macchina volante, adducendo una motivazione del tutto
fantastica. Oltretutto l'ippogrifo è una sua invenzione e non una
ripresa classica.
La
bella Bradamante si presenta sullo spiazzo antistante la rocca, ma è
in armatura ed è presa per un cavaliere dal mago che inforca la sua
cavalcatura e sale in cielo per piombarglisi contro.
Il
poema dice che Bradamante, guardandolo, ne rimane confortata poiché
il mago non ha né lancia né spada, ma solo il libro e lo scudo,
infoderato.
Per
altro Bradamante ha un anello magico che la protegge da ogni
incantesimo. Dunque è sicura.
Ma
il mago comincia a farla a segno dal cielo di numerosi colpi,
maneggiando il libro, colpi che Bradamante sente ma non vede da dove
arrivino, in pratica il mago le ' spara ' addosso.
“ Da
la sinistra sol lo scudo avea,
tutto
coperto di seta vermiglia;
ne
la man destra un libro, onde facea
nascer,
leggendo, l'alta maraviglia:
che
la lancia talor correr parea,
e
fatto avea a più d'un batter le ciglia;
talor
parea ferir con mazza e stocco,
e
lontano era, e non avea alcun tocco ”.
(
libro I, canto IV, ottava XVII)
Ella
è disarcionata e il mago procede a sfoderare lo scudo per
catturarla. Ma la nostra eroina è protetta dall'anello, tuttavia
finge di essere caduta in potere dello scudo abbagliante e simula uno
svenimento.
Il
mago atterra poco distante e si avvicina a quello che crede un
cavaliere con una catena per imprigionarlo e condurlo seco.
Bradamante si rialza prontamente ed è tanto più aitante del vecchio
mago che ne ha ragione facilmente e lo lega con il suo stesso laccio.
Sfodera
la spada per ucciderlo ma ne prova pietà: è un vecchio decrepito e
non ha core d'ucciderlo. Lo interroga e viene a sapere che egli è
Atlante e che il castello fatato fu da lui costruito per tenervi
Ruggero che ha allevato ed è per lui come un figlio. Atlante sa che
se è vero che da Ruggero nascerà una stirpe di nobili, sa anche che
il suo pupillo è destinato a morire giovane. Per salvarlo lo tiene
prigione nella rocca ma si premura che abbia ogni sorta di compagnia,
cavalieri e dame, in modo da formare una fastosa corte ricca d'ogni
ben di dio. Sa che se Ruggero sentisse il richiamo della battaglia
non saprebbe resistere e andrebbe incontro al su rio destino.
Bradamante
risparmia il vecchio mago ma lo obbliga a liberare tutti i suoi
detenuti.
Fra
gli altri e le altre esce Ruggero e i due amanti si ritrovano felici.
Ruggero
sente tutta la storia e vede l'ippogrifo su cui c'è lo scudo e il
libro. Cautamente s'avvicina e sale in groppa. Ma l'ippogrifo non è
un cavallo qualsiasi e improvvisamente spicca il volo e si porta via
Ruggero, lasciando la nostra povera Bradamante disperata.
E
qui comincia il clou della vicenda.
I
dati sono questi. Noi sappiamo per certo che il castello di Atlante
si trova sui Pirenei, anzi vicino a quel punto in cui si dice che
nelle giornate particolarmente limpide si scorgono due mari: il
Mediterraneo e l'oceano Atlantico. Precisamente il golfo del Leone e
il golfo di Biscaglia.
“ Di
monte in monte e d'uno in altro bosco
giunseno
ove l'altezza di Pirene
può
dimostrar, se l'aere non è fosco,
e
Francia e Spagna e due diverse arene... ”
(
I, IV, XI )
Nel
suo volo l'ippogrifo, con a bordo Ruggero, compie con la velocità
del fulmine tremila miglia avendo superato le Colonne d'Ercole.
“ … ma
senza mai posar, d'arme guernito,
tre
mila miglia ognor correndo era ito .”
(I,
VI. XXV )
Durante
il viaggio Ruggero vede sotto di sé solo il mare (lo si deduce sia
dal testo sia perché non riconosce alcuna terra come invece farà al
ritorno) e non è in grado di controllare il volo dell'ippogrifo
perché non sa usare il libro. Infine atterra sull'Isola d'Alcina.
Ora,
è vero che nell'antichità esistevano più luoghi chiamate le '
Colonne d'Ercole ' ma è altrettanto vero che le più famose erano
poste a Gibilterra. D'altra parte sono le più vicine ai Pirenei. Se
sono in una stanza e dico “è là, vicino alla finestra” pur
esistendo più finestre nell'appartamento tutti capiranno che
l'oggetto è vicino alla finestra della stanza. Così, stando sui
Pirenei se dico ' Le Colonne d'Ercole ' si intenderà lo stretto di
Gibilterra.
Se
interpretiamo miglio come miglio romano avremo:
3.000
·
1,4875 m = 4.462,5 km.
Se
tracciamo, facendo centro a Gibilterra, un raggio di 4.462, 5 km e
consideriamo che andando verso est si arriva in Iran, sorvolando solo
terre; a sud si va in Africa sorvolando solo terre; a nord non è
possibile perché nell'isola di Alcina crescono palme e piante
rigogliose come allori, cedri e aranci, mirti, rose e gigli; proviamo
a vedere cosa si incontra andando verso ovest. Perché il percorso è
in linea retta e non prevede di vedere terre.
Ecco
a spanne la cartina. (allargare l'immagine)
L'unica
terra che si incontra intorno a quella distanza è l'Isola di
Bermuda.
È
evidente che Ariosto quando dice 3.000 miglia intende una cifra
tonda, non direbbe mai in poesia che Ruggero compì un viaggio di
3367 miglia a esempio, non ha senso. Se la distanza fosse in miglia
marine, che non so se esistessero e a quanto corrispondessero, si
arriverebbe lì o anche più avanti, ai Caraibi o alla costa del
Brasile, ma se la misura si prende dal castello di Atlante?
Torneremmo indietro. Le Isole di Capo Verde sono troppo vicine e sono
aride. Altro non c'è se non sorvolando delle terre.
Facciamo
un passo indietro.
Quando
Ruggero scende a terra, lega l'ippogrifo a un albero di alloro.
L'animale si muove e rischia di sradicare la pianta che si lamenta
come Pier delle Vigne: “ perché mi schiante? ”. Ruggero sorpreso
si rivolge all'albero e chiede chi sia, se una dea dei boschi o
cos'altro. Gli risponde che è Astolfo, mutato in albero da un
artificio di Alcina cui è venuto a noia. Fa così con tutti i suoi
amanti che capitano nell'isola: li seduce con la sua bellezza e poi,
quando gli vengono in uggia, li trasforma chi in alberi, chi in
animali, chi in mostri.
Ma
chi possono essere questi ' cavalieri ' che Alcina e le sue fate
seducono? Forse marinai che naufragavano navigando verso le Americhe?
La ' scoperta ' dell'America, come ognuno sa, è datata 1492. La
prima edizione dell'Orlando di Ariosto è del 1516 l'ultima del 1532.
Si cominciava a navigare verso il nuovo mondo e la notizia doveva in
quel tempo essere sulla bocca di tutti come il più grande
avvenimento. La scoperta delle Bermudas è del 1503.
Astolfo
racconta come è giunto sull'isola. Mentre si trovava sulle coste
africane, il Sahara Spagnolo o quelle parti (“ ver ponente io venìa
lungo la sabbia/che del settentrion sente la rabbia. ” I, VI,
XXXIV), una balena s'è accostata a riva e sembrava un'isola
verdeggiante e invitante da dove Alcina lo lusinga bellissima a
salire da lei. La balena era lunga due miglia, dice Astolfo. Lui sale
sull'isoletta, che è il dorso emerso del cetaceo enorme, e questa
balena parte sparata e in un giorno e mezzo lo porta nell'Isola
d'Alcina.
Qui
ci sono due versioni. La prima è questa detta di Ariosto, per Matteo
Maria Boiardo invece l'Isola d'Alcina è sul dorso stesso di una
balena. Due miglia sono circa 3 km, l'isola di Bermuda è lunga circa
16 km: meno di 11 miglia. Tolta la testa e tolta la coda...
Be'
insomma, così è come appare l'Isola di Bermuda dall'alto
Adesso
arriva tutta la parte della storia in cui Ruggero dapprima diviene
amante della bellissima Alcina, poi giunge la fata Melissa che gli
spiega tutto l'inganno (anche perché se no la storia intera che ha
raccontato a Bradamante va a farsi benedire). Egli allora si ribella
e libera i prigionieri della inebriante seduttrice e diviene amico
della sorella Logistilla, fata anch'ella ma della ragione e non della
bellezza, della voluttà e della lussuria come Alcina.
Melissa
istruisce Ruggiero su come si pilota l'ippogrifo e quando Ruggero
parte per tornare dove si combatte, (“ A riveder Ponente... ”
anche noi ancora oggi chiamiamo l'Europa ' l'Occidente ' ), si muove
verso occidente e tutti i critici hanno dapprima collocato l'Isola
d'Alcina nell'Oceano Indiano (uno addirittura in Giappone)
dimenticando che anche le Americhe erano dette Indie occidentali, e
quindi trovano logico che per tornare egli vada verso occidente. Del
resto lo dice anche Ariosto che va da oriente a occidente come fa il
sole.
“ Quindi
partì Ruggier, ma
non rivenne
per
quella via che fe' già suo malgrado,
allorché
sempre l'ippogrifo il tenne
sopra
il mare, e terren vide di rado:
ma
potendogli or far battere le penne
di
qua di là, dove più gli era a grado
volse
al ritorno far nuovo sentiero
come,
schivando Erode i Magi fero.
Al
venir quivi, era, lasciando Spagna
venuto
India a trovar per dritta riga
là
dove il mar oriental la bagna*;
dove
una fata avea con l'altra briga.
Or
veder si dispose altra campagna
che
quella ove i venti Eolo instiga,
e
finir tutto il cominciato tondo,
per
aver, come il sol, girato il mondo ”.
(
I, X, LXIX-LXX)
Ma
i critici dimenticano che tutta l'umanità ha sempre saputo che il
pianeta Terra è sferico e non piatto, così come tutti sapevano che
il Sole era al centro del sistema solare. Solo che noi percepiamo il
terreno come piatto e, data la non poco rilevante evenienza che
viviamo sul pianeta Terra, tutti hanno sempre considerato la Terra
come il centro del nostro
universo.
Invece
Ruggero fa esattamente il giro attorno al Pianeta e muovendosi verso
occidente passa l'Oceano Pacifico e poi vede, e Ariosto le enumera
(Catai, Himalaya, Mar Caspio, Russia Polonia, Ungheria, Germania,
Inghilterra), tutte le terre dell'Asia, finché giunge in Europa.
Si
muove sempre verso occidente e non fa avanti e indietro. Da est a
ovest esattamente come il Sole.
Per
ultimo si nota che l'ippogrifo, che è un animale e non una macchina,
precisa ser Ludovico, però spara, ed è guidato muovendo la mano su
un libro e dando dei comandi, che Ruggero non sa usare: e dunque nel
suo viaggio di andata non sa pilotare l'ippogrifo.
Ma
a Ruggero è andata bene perché a ovest di Bermuda cosa c'è? Il
famoso triangolo omonimo, dove scompaiono gli aerei, secondo la
leggenda...
|
Alcina.
“ quivi
si forma quel suave riso,
ch'apre
a sua posta in terra il paradiso. ”
|
R.P.
Posteris memoria mea