domenica 7 luglio 2019

Canti saffici e canoni

La sesta raccolta di versi è “ Almanacco dell'anno nuovo ” dove per anno nuovo va inteso il dopo morte, la vita futura o quel che sarà se ci sarà qualcosa (ma se non ci sarà non ce ne renderemo nemmeno conto dunque non soffriremo).


È composta da canti saffici (come chiamo indifferentemente le odi saffiche) e canoni.
Devo dire che dopo la conclusione di questa raccolta sono entrato in una fase di grande improduttività, sia poeticamente sia nelle “ Lettere d'Isabella ” tanto che ho voluto intitolare la nuova silloge in formazione “ Polline ” come augurio di una rinnovata vena. I motivi sono legati sia al fatto che va così sia alla montante consapevolezza dello schifo che fa il mondo. Vedremo.
Non ho la necessità di spiegare la forma delle composizioni (di cui ho già detto nei precedenti post) e dunque ne propongo alcune paradigmatiche. In realtà nell'antologia sono presenti anche delle prove di versificazione cercando di rendere il metro classico e con soggetto mitologico, ma non fa conto che ne proponga dei pezzi, almeno per il momento. Ne ho composti tre nell'arco di lungo tempo e li ho inseriti.

Fra i canti saffici ho scelto questi tre.

In questa poesia c'è la sensazione di una vita vissuta e la consapevolezza che avrebbe potuto essere tutta un'altra. Che il tempo è passato con il dubbio o meglio la certezza di non aver fatto tutto il possibile. La riflessione finisce con un inevitabile distacco dal mondo, voluto o subito. Lo schema è del canto saffico terzinato (qui simmetrico) con esordio e congedo fatto di distici zoppi, endecasillabo quinario.

Manco da troppo da questo mondo.
Solo rimando.
Ormai non ricordo più i nomi o un volto,
nella mia vita non ho che lacune
sì che penso di non aver vissuto
fino in fondo.
Eppure c’erano anche belle donne
e amici e luoghi ma ormai manca tutto.
Ho di fronte a me terre, vaste piane,
tutto il mondo,
il cui nome però non m’è più noto,
né ho coscienza di memorie alcune.
Non ho futuro o presente o passato,
da chissà quando.

Rimane di me solo la mia anima.
Ma chi la chiama?


(schema: Aa BCBa CBCa BCBa Dd)


Questi altri sono versi un po' riassuntivi di quanto detto nella presentazione: la domanda sulle possibilità della vita futura, la concatenazione delle parti col tutto, la nostra coscienza o incoscienza o errore in questo. Schema classico della mia ode saffica a terzine ageminate.
 

Le gocce d’acqua s’inseguono
lungo un ramo come se una volesse
precedere l’altra, ma cadono
tutte a un tratto.
Mostrando ciò che in ver par accadesse:
gocce di pioggia sul suolo asciutto
come benedizione che con esse
bagna la terra.
Che porta il sogno d’unirsi al tutto
o un fluire lento delle vite stesse
o l’oblio del nulla, perfetto e intatto,
senza domanda.

(schema: ABAc BCBd CBCe)



 

Queste sono le poesie per le quali degli idioti mi prendono per avvinazzato. In realtà il poeta scopre la sua anima liberandosi da quel pudore che gli altri mantengono. Se si ha vergogna non si può essere poeti. Lo schema è a terzine sciolte e quinario consonante.
 

Ho un sapore di rosa amara in bocca
mentre ora parlo.
Quando si muore, ognuno muore solo.
Continuate a credere all’amicizia,
se quando abbiamo più bisogno
siamo soli qui.
Credete ancora nell’aiuto altrui
e nel futuro di questo mondo.
Non so se mi fate pena o nausea.
E non c’è scusa.
Non fosse per il vino che sa di rosa
e che mi lega per un po’ alla vita,
non riuscirei a scrivere più un solo verso.
Ma faccio finta.


(schema: Ab BCDe EFGh HILi)




Fra i canoni ho preferito mettere questi tre.


Il primo è un'evocazione di un'altra Italia, che è il nome della barista e del nostro Paese. Sconsolata presa d'atto dell'annichilimento delle vite degli uomini e della vita in sé. Della disumanazione di questo preteso sviluppo e di un progresso inteso solo come acquisizione di tecniche che si rivelano alienanti, artatamente concepite e messe in atto come tali. Canone quasi a versi sciolti.


I bicchieri lasciavano, fra il pane,
dei giri rossi esemplari, classici,
sul tavolo di legno dell’osteria.
Segno tangibile di felicità,
dello smemoramento che viene
dietro le cosce dell’Italia, 

intraviste scendendo dalla bici.
Commenti sul culo della barista
che si crede furba più di noi
perché è così che vende più caffè.
O se la lepre il Gino l’ha presa lui
o l’ha tolta al mercato o dal buffet
E a un tavolo più in là, detto fra amici,
chi voleva cambiar il mondo e in che via.
Ora sono ricordi oleografici

di conforto in vite senza persone,
senza nulla o qualcosa ad aspettarci,

in un’inutile complicazione
della tecnica e nel nostro vivere,
e solo ciò ormai ci deve bastare.


(schema: ABCD ACBD EFEF BCBA BAGG)



Io spero di non campare molto: la vecchiaia come traguardo non mi interessa, vivere molto in qualche maniera mi spaventa. E poi ci sono i concetti già esposti, qui senza il pudore della rabbia. Lo schema verte sull'alternanza obbligata fra settenari e endecasillabi.
 

Ho finito il mio tempo.
Cosa mi piaceva ?
Il cinema, la musica e l’arte.
Vivo estraneo nel mondo,
e le cose che vedo
mi sembran già vissute.
Ogni soluzione che intravedo
mi sembra inutile.
È passato il mio tempo.
Ora bramo vendette:
il sangue di chi è responsabile
della mia malasorte.
Ree vittime del loro squallore,
io vittima innocente.

(schema: abCd dcDe acEc Fc)

 


Questa è una bellissima poesia, fra quelle che preferisco. È composta di pura sensazione, inesplicabile, di lirismo innato nel quale perdersi. Non si può dire di più. Schema di endecasillabi a canone con versi isolati (un novenario e un settenario).

La volontà si agita barbara,

le idee dentro si confondono,
cadono con l’ebbrezza della notte.
I pensieri si perdono coi profumi
di ogni fiore giunto alla sua morte,
che si mischia con tutti gli altri aromi
in un afrore indistinto di natura.
Bagnato da rugiade appassite,
come son le lacrime dei passeri,
che gementi le anime accompagnano.

E troppe le cose che non so:

 

non so più l’odore di tutti i fiori,
non so le lacrime dei passeri,
 

e di mie non ne ho.

(schema: ABCDCDACFB g FF g)



                                                                                                                                                   R.P.
 

                                                                                        Posteris memoria mea