La prima volta che lessi il Nibelungenlied la mia attenzione fu presa dalle gesta dei guerrieri, dal clima esotico dell'estremo nord, dal fascino della valle del Reno. A una successiva lettura mi resi conto che c'era qualcosa che non quadrava. Con tutta la buona volontà di non giudicare gli eventi secondo al nostra sensibilità e attitudine storica, la vicenda, presa così com'è, appare sconnessa in più punti. Siccome non è mia abitudine trattare gli autori antichi come dei minus habens rispetto a noi, che non sapevano o non si preoccupavano troppo della linearità delle loro composizioni, ho deciso di farne subito dopo un'ulteriore lettura che, sulla base del testo, cercasse la logica degli eventi anche laddove, per motivi di opportunità che possiamo immaginare, anche la ragione epico-espressiva, le cose non fossero dette ma alluse o solo lasciate alla volontà del lettore. Così ne è venuto fuori questo piccolo studio che pubblico come mia esercitazione di ragionamento e drammaturgia, ben sapendo, ma volendole ignorare, le innumeri ipotesi e gli innumerevoli studi critici accademici. Vedete un po' voi cosa n'è sorto.
Il testo che ho usato è:
“ I Nibelunghi ” di Anonimo del XIII secolo - a cura di Laura Mancinelli – Classici Einaudi – Giulio Einaudi editore – Torino – terza edizione 2017.
Nelle note critiche e nella presentazione è spiegato che a noi sono arrivati tre codici denominati A, B e C, tutti posteriori all'originale manoscritto, e che quello usato dalla Curatrice è il testo B. Sono poi elencate le differenze fra i codici, cui talvolta ho rimandato. I codici più antichi sono A e B mentre C è recenziore e in effetti a volte aggiunge versi in più quasi mai significativi o che mitigano le situazioni che, vedremo, sono piuttosto crude.
Il canto è scritto per le corti tedesche del XIII secolo.
Il poema si compone di due parti distinte ma consequenziali: la prima è l'amore fra Sigfrido e Crimilde, la seconda è la vendetta di Crimilde per la morte di Sigfrido.
Il contesto storico è preciso. Siamo all'epoca della guerra fra gli Unni e i Burgundi del 436 solo che qui la scena è rovesciata e sono i Burgundi a recarsi dove si trova Attila.
Dunque sebbene il poema si rivolga alle corti tedesche del duecento i personaggi sono contemporanei o addirittura anteriori a quelli del ciclo arturiano.
I personaggi hanno nomi diversi da quelli del poema, pur essendo gli stessi, nella tradizione scandinava, ma non è importante ai fini che mi sono proposto, interpreterò solo il “ Nibelungenlied ” e userò i nomi del canto anche quelli italianizzati, dirò cioè Sigfrido invece di Siegfried ecc...
La lettura che mi propongo non è semplicemente riassuntiva, ma vuol provare a trovare una spiegazione ad alcuni passaggi anomali nel corso della narrazione. Passaggi nei quali sembra emergere una diversa personalità dei protagonisti e, di conseguenza, un senso diverso della narrazione. Così sembra a me almeno.
Nel ciclo dell'Edda e nei racconti scandinavi la storia di Sigfrido è raccontata così.
Brunilde è una valchiria che in battaglia disobbedisce a Odino uccidendo un re a lui inviso per salvarne un altro che la muove a pietà per la sua vecchiezza.
Odino la condanna a essere punta dalla Spina del Sonno poi, impietosito dalla ragione per cui Brunilde è venuta meno ai suoi voleri, stabilisce un termine alla pena. Dacché Brunilde esprime l'intenzione di non sposarsi se non con un guerriero che non conosca la paura, il signore degli Asi decreta che Brunilde dormirà in un castello circondato dal fuoco finché, appunto, un guerriero che non conosce la paura passi il muro di fuoco e la venga a svegliare: colui sarà il suo sposo.
Non è difficile individuare il castello infiammato con un vulcano visto che tutte queste storie si svolgono in Islanda.
Molto tempo dopo Sigurd (Sigfrido) uccide un drago e bevendone inavvertitamente il sangue comincia a comprendere il linguaggio degli uccelli. Da essi viene a sapere che in un castello dorme una fanciulla guerriera. Subito va alla ricerca del castello infiammato, vede il fuoco e si slancia per superarlo ed esaminare chi c'è nel castello. Vede un guerriero avvolto dalla corazza (Brunilde significa appunto 'che combatte con la corazza') toglie l'elmo e vede dagli splendidi capelli biondi che è una donna bellissima.
La libera dalla corazza e lei si sveglia. Si presentano, per così dire, e poi lei gli offre una coppa di idromele di benvenuto, lui approfittando del gesto l'attira a sé e la bacia dicendo che solo lei sarà la sua sposa, lei accetta affermando che lo vorrebbe anche se ci fossero altri uomini che la chiedessero in moglie. Si scambiano gli anelli e Sigurd convive per qualche tempo con Brunilde, che gli insegna tutto sulle rune e altre massime di saggezza. Gli predice anche che la loro felicità sarà breve perché lui è destinato a divenire il più grande guerriero della sua epoca, ma anche a morire per un tradimento.
Sigurd accetta il suo destino e parte per compiere grandi imprese.
Arriva al regno dei Burgundi dove regna il re Gjuki con la moglie Grimhild. Essi hanno tre figli: Gunnar, Högni e Gothhorm e una figlia di nome Gudrun. Sigurd viene accolto con cortesia e passa con amicizia un anno con loro. Durante quel tempo Sigurd confida il suo amore per Brunilde, così come si fa tra amici. La regina Grimhild pensa che se Sigurd si dimenticasse di Brunilde e sposasse invece Gudrun, il regno si avvantaggerebbe di uno straordinario campione e di un uomo ricchissimo, avendo Sigurd preso il tesoro custodito da un drago. Esperta maga, confeziona quindi un fluido che fa bere, mischiato all'idromele, a Sigurd che da quel momento scorda del tutto il suo amore per Brunilde e anche tutto ciò che fra loro è successo.
La madre informa anche Gunnar che in un castello circondato dal fuoco c'è una bellissima donna che potrebbe, per avvenenza e lignaggio, diventare sua moglie. Gunnar decide di tentare l'impresa e l'immemore Sigurd si offre di aiutarlo.
Arrivano al castello ma prima il cavallo di Gunnar si ferma davanti al fuoco, poi anche quello di Sigurd, che pure ha già compiuto quell'impresa. Allora Sigurd dà a Gunnar un cappuccio fatato e un mantello che, indossati, hanno la proprietà di scambiare la forma esteriore. A quel punto Sigurd, sembrando Gunnar all'aspetto direbbe Omero, ripete l'impresa di attraversare il fuoco. Brunilde sente arrivare qualcuno e, felice, crede sia Sigurd di ritorno, ma si vede davanti Gunnar (cioè Sigurd che appare come Gunnar) che le dice di seguirlo perché ha superato la prova e la desidera in sposa. Brunilde esita ma poi conviene che è suo dovere, peraltro non ricordando la promessa fatta a Sigurd poco sopra. Fuori dal castello i due si cambiano d'abito e tornano alle loro fattezze veraci, ma Sigurd non ricorda nulla e non ha nessuna reazione quando vede Brunilde.
Seppur controvoglia Brunilde deve unirsi in matrimonio con Gunnar e dentro si dispera perché Sigurd l'ha completamente dimenticata e ha sposato Gudrun. Il suo carattere focoso la porta dal dolore alla sete di vendetta e chiede a Gunnar di uccidere il fedifrago Sigurd.
Un giorno le due donne vengono a lite. Brunilde offende Gudrun dicendo che le è superiore in tutto: lei è una Valchiria figlia di Odino e suo marito è un potentissimo re. Gudrun rivela incollerita a Brunilde che anche la seconda volta a varcare la soglia di fuoco fu Sigurd nelle sembianze di Gunnar, lo ha saputo da lui. Brunilde pensa che allora il comportamento di Sigurd sia dovuto al doppio tradimento.
Brunilde rivela a Gunnar che fra lei e Sigurd c'era un accordo di fidanzamento e dunque Sigurd ha tradito l'amicizia anche di Gunnar: gli ha taciuto il legame stretto con lei per poter sposare Gudrun, perciò deve morire. Gunnar però è legato, come il fratello Högni, da un patto di fratellanza di sangue e dunque nessuno dei due può ucciderlo: decidono che sarà il loro fratello più piccolo Gothorm che non ha legame con Sigurd. Fanno bere al fratello un filtro per indurlo alla violenza e macchinano di ucciderlo durante una caccia.
Qui faccio solo notare che ciò che induce Gunnar a seguire lo spirito di vendetta di Brunilde non può essere oggettivamente il fatto che Sigurd lo ha aiutato, pur tacendogli del fidanzamento, ma che ora Gunnar sospetta che Sigurd abbia voluto sposare Gudrun per diventare, forte com'è, re al suo posto. Cioè compare il tema della bramosia d'oro e ricchezza che poi troveremo come motore nel poema del Nibelungenlied.
Durante la pausa per il pranzo della caccia, Högni fa bere Sigurd e comincia chiedergli come sa capire il canto degli uccelli. A quel ricordo, mentre Sigurd narra lo strano caso, comincia una reazione a domino di reminiscenze così che rammenta tutto il passato e la sua storia con Brunilde. Cade in piena confusione di sentimenti di colpa e di stupore. In quel mentre Gunnar gli chiede di interpretare il gracchiare di corvi che stanno passando. Stordito Sigurd si alza per ascoltare gli uccelli e volta la schiena ai tre: subito Gothorm lo colpisce con la spada trafiggendolo da parte a parte. Sigurd con un ultimo colpo scaglia la sua spada verso Gothorm che sta fuggendo e lo uccide. Poi spira tingendo di rosso i fiori nell'erba.
Gudrun vede tornare solo il cavallo di Sigurd e comprende, poi arrivano i fratelli col cadavere di Sigurd. Gudrun è impietrita dal dolore. Brunilde ride di un riso folle, felice della vendetta e pazza dal dolore per la morte di Sigurd. Dice che si ucciderà e vuole essere bruciata sulla stessa pira a fianco di Sigurd perché vivranno insieme nella beatitudine del mondo degli Dei e degli eroi.
Toglie dalla mano di Sigurd un anello e lo getta ai due omicidi dicendo che è l'anello che dà ricchezza senza fine e potere. I due si uccidono nel tentativo di prenderne possesso. Brunilde raccoglie l'anello e lo butta nel Reno, mettendo fine alla maledizione dell'oro. Poi si trafigge con la spada e muore. È adagiata a fianco di Sigurd e brucia con lui sul rogo.
I AVVENTURA
La prima stanza parla di “ alte maeren ”, le “ antiche storie “, in cui “sono narrate cose stupende ” di guerrieri e imprese.
Potrebbe trattarsi di un introito un po' come “ i cavalier, l'arme, gli amori ” per iniziare con enfasi il racconto, infatti nel manoscritto B non è presente, oppure, ed è ciò che ritengo, è un doveroso riferimento alle storie che sono narrate nel ciclo norreno dell'Edda o in altri testi antichi, che si presume il pubblico dell'epoca conoscesse bene. Insomma sarebbe un incipit per indicare che quello che sarà narrato va letto e interpretato alla luce e come adattamento razionalizzante delle antiche leggende epiche. E in effetti la storia antica dovrà sempre essere tenuta presente, con le dovute diversità: per esempio nella storia norrena Crimilde è la madre, è maga e punta alla ricchezza di Sigurd.
Nelle due stanze successive è introdotto il personaggio fatale dell'intera storia: Crimilde. Ella ha tutte le qualità che una fanciulla deve avere: bellezza e cortesia.
Si anticipa che per la sua bellezza molti troveranno la morte, ed è un eufemismo come vedremo. Però viene anticipato all'uditore e oggi al lettore che quello schiudersi di bellezza (vedi il post intitolato appunto “ Crimilde ”) si sarebbe tramutato in tragedia. Apparirebbe qui illogico se non si supponesse che il pubblico sappia già cosa succederà e vuole solo sentirlo raccontare in un altro modo.
Sono poi introdotti i fratelli di Crimilde: Gunther, Gernot e il più giovane Giselher. Essi sono i re dei Burgundi e vivono a Worms, sulla riva sinistra del Reno, cioè a occidente del fiume. E si anticipa lo scontro che avranno con Attila.
I quattro, non si sa se Crimilde sia la più giovane in assoluto o no, sono figli del re Dankrat, già morto, e della regina vedova Ute.
Poi sono presentati i più importanti vassalli dei tre re burgundi: Hagen di Tronje (insieme a Crimilde il vero protagonista della storia epica) e suo fratello Dankwart, marescalco; Ortwin di Metz, tesoriere; Ecwart e Gere, margravi cioè conti; Volker di Alzeye, detto 'il suonatore' accompagnato dalla sua viola; Rumold, mastro di cucina e Sindolt, dispensiere; Hunold, cameriere. “ Era loro affidato l'onore della corte ”.
Naturalmente queste qualifiche corrispondono a quelle di corte e hanno anche il compito militare e di consiglieri.
Nell'ultima parte della prima Avventura comincia a muoversi il Fato. Crimilde sogna che un suo falco prediletto viene artigliato da due aquile. La madre Ute le spiega che il sogno significa che perderà il suo sposo. Crimilde si stupisce perché afferma di non volersi sposare per non soffrire il male che inevitabilmente segue la gioia d'amore. La madre le consiglia di lasciar fare al destino.
In questa prima avventura compare la ritrosia di Crimilde, un punto discriminante della sua figura e che potrebbe spiegarne la psicologia indubbiamente complessa. Almeno nella mia ipotesi.
II AVVENTURA
È introdotto Sigfrido figlio del re e della regina del Niederland, Siegmund e Sieglind. Anche se l'identificazione dei luoghi del poema ha aperto molte discussioni, a me pare logico che il Niederland sia, come ancora oggi, l'Olanda detti più precisamente Paesi Bassi. Viene specificato che Siegmund è re nella zona del Basso Reno che sfocia nel sud degli attuali Paesi Bassi non lontano da Rotterdam. La capitale è Xanten che oggi è una città tedesca lungo il Reno vicino a Düsseldorf al confine con l'Olanda.
Di Sigfrido si dice che fin dall'adolescenza era molto bello e valente in ogni cosa e riceveva l'educazione di chi un giorno dovrà regnare.
Un solstizio (d'estate si presume ma non è detto: si ricordi il giudizio di Gano nella “ Chanson de Roland ” che si svolge a San Silvestro, ultimo giorno dell'anno romano) in una grande festa voluta dal padre è investito cavaliere insieme a molti giovani delle sue terre. La festa dura una settimana fra funzioni religiose, giostre, banchetti, grandi cortei e musica con doni per tutti i partecipanti. È senz'altro la descrizione di una celebrazione di tipo cortese del medioevo.
Già nella prima e in questa seconda Avventura si parla di guerrieri e cavalieri, non solo di questi ultimi e il motivo è storico. Anche nel tardo impero romano esisteva la cavalleria e scontri a cavallo con lancia e spada, sono sempre esistiti, ma non nel modo che tutti immaginiamo propriamente medievale di scontri con lancia e scudo e poi continuazione alla spada.
Si dice spesso nel seguito di lance scagliate e non tenute, anche se regolarmente in un caso o nell'altro vanno in pezzi (il classico ' si spezzarono molte lance' di tutti i poemi cavallereschi).
A mio parere questo particolare realismo evidenzia l'attenzione nel porre le vicende nella corretta dimensione temporale, appunto il tardo impero romano e le popolazioni germaniche e unne di quel periodo. Quindi all'Autore pare più corretto usare la parola guerriero. In più c'è da considerare che nello stile piuttosto policromo del poema (arcaismi, stile cortese, innovazioni, ibridazioni) ci sono echi indubbi di versi dell'epica classica, non letteralmente intendo, ma nel modo. Per esempio in questa Avventura c'è il verso ' preziose vivande scacciarono la stanchezza ' che ha echi omerici: ' quando di cibo e di vino furono sazi '. Ce ne sono altri che però non starò a segnalare ogni volta. Tutto ciò dimostra, qui e in altri poemi di zone 'barbariche', la conoscenza almeno di Virgilio, ma sono portato a pensare anche di Omero, in qualche traduzione, magari non completa, in latino.
III AVVENTURA
Sigfrido sente che c'è una bellissima principessa tra i Burgundi e che molti guerrieri hanno ambito alla sua mano ma lei li ha rifiutati tutti perché non vuole sposarsi. Decide di amare Crimilde poiché pensa di essere lui il prescelto dal destino. I suoi genitori cercano di dissuaderlo perché ben conoscevano i Burgundi.
Sigfrido decide che amerà solo Crimilde e quello che non otterrà con l'amore lo prenderà con la forza: non teme i Burgundi e ne conquisterà la terra se fosse necessario. Il padre critica questo modo di agire, troppo pericoloso, ma assicura al figlio tutto l'aiuto militare. Sigfrido respinge l'aiuto: solo lui e altri dodici andranno in terra burgunda e da solo conquisterà Crimilde.
Qui c'è la prima domanda che nasce dalla lettura. Come può Sigfrido essere innamorato di Crimilde solo per averne sentito decantare la bellezza?
Ricorda l'amore che nasce in Tamino dopo aver visto il ritrattino di Pamina, nel “ Flauto magico ” di Mozart-Schikaneder. Ma almeno qui Tamino ha visto un'effige di Pamina. Del solo viso, perché quando Papageno incontra Pamina, per assicurarsi che sia lei, la confronta col ritrattino: “ Occhi neri... sì, neri. Labbra rosse... sì, rosse. Capelli biondi... capelli biondi. Tutto coincide... Stando però al ritratto, tu non dovresti avere né mani né piedi... ”.
Però il ritrattino era stato dato dalla Regina della Notte giusto per far innamorare Tamino dopo avergli già ordinato di liberare la figlia.
Dunque sembrerebbe che, così come la coppia Tamino e Pamina, anche quella Sigfrido e Crimilde sia una coppia fatale e qui non c'è nemmeno il bisogno dell'espediente per far nascere l'amore.
Forse è solo perché Sigfrido ha l'età per sistemarsi e deve farlo con una principessa del suo rango. La società descritta nel poema è quella della casta dei guerrieri, sui quali ci sono nobili di più basso livello, cavalieri, vassalli, e la nobiltà di governo di re e principi. Crimilde è appartenente a uno dei regni più famosi ed è papabile, non ostante la sua ritrosia ella sa che il suo destino è quello.
Quando la delegazione arriva a Worms va loro incontro un gruppo di cavalieri per accoglierli, a essi Sigfrido chiede del re.
Intanto il re vede i guerrieri in visita ma non ne conosce alcuno. Chiede allora a Hagen se riconosce qualcuno dei guerrieri stranieri.
Hagen ha avuto avventure in giro per l'Europa, come si accennerà in seguito, è stato ostaggio di Attila e ha avuto modo di brillare come guerriero. Ostaggio non è da intendersi come oggi nel senso di prigioniero, ma come persona, di solito figli, che erano scambiate fra le parti per assicurare il rispetto dei patti.
In effetti, come già nell'uso degli antichi Celti, i figli andavano come paggi da nobili amici di famiglia o con cui si volesse fare alleanza, da cui imparavano a essere uomini colti e guerrieri coraggiosi. Quindi Hagen e Attila divennero amici. Anche le fanciulle o pulzelle si univano al seguito delle regine per lo stesso scopo formativo e per averne una protezione.
Anche Hagen non è in grado di riconoscere nessuno, ma crede, benché non l'abbia mai visto, che il capo del gruppo sia Sigfrido. Racconta che Sigfrido ha conquistato il regno dei Nibelunghi sconfiggendo Schilbung e Nibelung figli del re.
Sigfrido arrivò al Monte Nibelung, un luogo indistinto, mentre dei guerrieri portavano fuori un'immensa quantità d'oro. I due principi riconoscendolo gli propongono di spartire l'oro. Egli accetta e in dono riceve la spada di Nibelung, Balmung, che ha il potere di tagliare ogni cosa. Con questa stessa spada Sigfrido uccide i principi e il loro seguito di giganti e guerrieri. In seguito sconfigge il custode dell'oro, il fortissimo nano Alberico, togliendogli il cappuccio fatato (che si può senza inconvenienti identificare con quello che poi farà diventare invisibile Sigfrido). Da quel momento Alberico e i Nibelunghi (che significa 'popolo delle nebbie') diventano fedeli custodi dell'oro.
Si può pensare che i due principi stiano involando il tesoro del drago ucciso da Sigfrido e, colti sul fatto, decidono per la spartizione, riconoscendolo come loro signore, alla quale Sigfrido fa seguire la vendetta.
Con questa impresa Sigfrido diventa re dei Nibelunghi e possessore dell'oro infinito. Hagen aggiunge che, nel suo passato eroico, Sigfrido uccise un drago e, nella lotta, si coprì completamente del sangue del mostro che gli rese la pelle invulnerabile alle ferite.
Consiglia quindi di accoglierlo bene perché è meglio averlo come amico che come nemico.
Gunther lo riceve e, alla domanda sul perché della sua visita, Sigfrido riconosce che lui è un grande re e nobili e forti sono i Burgundi, ma anche lui sarà re e gli contenderà titolo e terre. Ne nasce subito un'aspra discussione in cui i vassalli di re Gunther vorrebbero far pagare allo straniero la sua arroganza, ma Sigfrido non recede. Alla fine Gernot fa da pacere e promette a Sigfrido che qualunque cosa vorrà da loro, purché la chieda con cortesia, gli sarà data. Sigfrido si calma ed è ospitato come si conviene.
La sfida di Sigfrido vuole dimostrare ai re dei Burgundi che lui è della stessa casta di regnanti, per cui o c'è un patto o c'è una guerra. Il suo scopo è rendersi degno di sposare Crimilde se non per amore, per imparentarsi con possessori di grandi regni. Mi sembra che tutta la scena faccia parte di una specie di cerimoniale in cui chi arriva deve conquistare e chi difende deve fare la faccia brutta ma alla fine tutti sono alla ricerca di una soluzione ragionevole. Una specie di Haka maori per capirsi: un benvenuto un po' originale per i nostri costumi.
In tutte le gare e i tornei è sempre il migliore. Nel mentre è impegnato a coprirsi di gloria nelle competizioni, Sigfrido ha sempre nel cuore Crimilde e lei lo vede, guardando le gare dalla finestra, e comincia a piacerle. Lui pensa come può vederla per la prima volta. Così passa un anno fra i Burgundi a macerarsi nel suo desiderio e lei parla sempre più spesso di lui alle sue dame.
IV AVVENTURA.
Arrivano a Worms sopra il Reno dei messaggeri che comunicano al re Gunther che due eserciti stanno marciando per muovergli guerra ossia per saccheggiare le sue terre, sono Lüdeger principe dei Sassoni e Lüdegast re di Danimarca, fratelli. Tutti i suoi vassalli sono per la difesa ma fanno notare che non hanno il tempo per rafforzarsi a dovere. Hagen domanda a Gunther se ne parlerà a Sigfrido. Il re confida le sue preoccupazioni a Sigfrido che si mette subito a disposizione. Il suo piano è di muoversi d'anticipo con pochi uomini e assalire i nemici quando sono ancora nelle loro terre. Consiglia al re di non partire per non lasciare vuota la capitale.
Attaccano battaglia in Sassonia, per primi si affrontano Sigfrido e Lüdegast. Sigfrido sconfigge l'avversario che gli chiede grazia e Sigfrido lo fa prigioniero. I Danesi saputa la sconfitta del loro re si ritirano. Poi Sigfrido conduce i Burgundi contro i Sassoni. A un certo punto della battaglia Lüdeger riconosce l'emblema di Sigfrido sullo scudo: una corona. A quel punto ordina ai suoi di arrendersi e, a sua volta prigioniero, deve seguire Sigfrido in Burgundia.
Crimilde chiama un messaggero per conoscere l'esito della battaglia. Egli le riferisce che tutti si sono coperti d'onore ma nessuno quanto il prode Sigfrido, che è quanto a lei interessava di più. 'E divenne il suo bel volto color di rosa'.
Gunther si informa dei parenti e di quanti uomini ha perduto, ma “ Non bisogna piangerli, perché non si piangono i guerrieri ”.
Su consiglio di Gernot, Gunther annuncia un grande giorno solenne da lì a sei settimane per i festeggiamenti.
Sigfrido non accetta doni per le sue gesta, in parte perché è già ricchissimo di suo e poi ha segreta speranza che la ricompensa sia vedere la bella Crimilde.
V AVVENTURA
Molti sono i cavalieri che si recano alla festa il mattino di Pentecoste. Ortwin di Metz consiglia al re, perché la festa sia completa, che le belle donne si mostrino ai guerrieri e fra queste Crimilde. La regina Ute con Crimilde e le sue fanciulle si preparano per andare a corte. I guerrieri sperano di piacere a qualcuna di loro. La processione è solenne e la bellezza di Crimilde supera ogni altra “ Come splende la luna più di tutte le stelle / quando il suo raggio lucente scende dalle nubi ”.
Sigfrido è turbato: pensa che il suo desiderio di amare Crimilde sia un sogno folle, ma piuttosto che esserle indifferente preferirebbe morire.
Gernot consiglia il fratello Gunther di presentare Crimilde a Sigfrido e che lei lo saluti formalmente.
Crimilde saluta Sigfrido e lo prende per mano, lui l'accompagna e fra i due corrono sguardi di amore. A lei è concesso di baciare il suo cavaliere e lui è al settimo cielo.
Il bacio che Crimilde dà a Sigfrido è un bacio di rispetto, di riconoscimento che lui è al suo pari nell'onore e nella nobiltà, non è un bacio hollywoodiano, ma indica che Crimilde non ha niente in contrario a legarsi a lui. Sposare un uomo di rango inferiore sarebbe stata un'offesa, Sigfrido è di sangue reale come lei. In più, aggiungo io, è già re dei Nibelunghi e, dicono tutti, era bello come un Apollo e ha un tesoro immenso. Questo non è un pettegolezzo: l'oro dei Nibelunghi avrà un ruolo determinante in tutto il poema e la ritrosia al matrimonio di Crimilde cede di fronte alla bellezza e valentia di Sigfrido, ma anche alla sua ricchezza ineguagliabile.
Quando una ragazza si sposava andava a vivere presso il regno del marito e con questo matrimonio, chissà, la bellissima Crimilde soppesa il suo piccolo potere di sorella di un re con il titolo di regina che condividerà la ricchezza, il potere e i guerrieri del suo sposo. Ovviamente nella giovane Crimilde il sentimento, il desiderio per il bellissimo Sigfrido e il sogno del potere si mescolano in una estatica congerie, il che ce la fa apparire meno perfida di quello che sarà perché siamo degli inguaribili romantici.
I due si separano perché entrano in chiesa. Dopo la messa Crimilde ringrazia Sigfrido per l'aiuto dato al suo popolo e lui rinnova questo dovere giustificandolo col suo amore per lei. Per i successivi dodici giorni della festa i due si fanno sempre compagnia, mentre i divertimenti e le giostre (qui si dice espressamente che i cavalieri gettavano le lance) si susseguono.
I prigionieri intanto, guariti, chiedono il permesso di tornare alle proprie terre proponendo, come direbbe Omero, 'riscatto infinito'. Sigfrido però consiglia Gunther di non accettare nulla, di lasciarli liberi purché giurino di mai più tornare a minacciare la terra dei Burgundi.
In quei giorni molti cavalieri fanno visita a Crimilde al punto che Sigfrido si sconforta e chiede di partire anch'egli. Giselher. il più giovane dei re, lo prega di restare, che molte belle donne gli saranno presentate. Egli resta per la sola speranza di vedere ancora Crimilde.
L'amore di Sigfrido è più dichiarato, Crimilde sta sulle sue ed egli languisce e spasima.
VI AVVENTURA
Se la IV avventura inizia parlando di 'strane notizie' questa VI esordisce con 'notizie inaudite'. La storia entra in uno dei suoi punti più misteriosi.
Gunther viene a conoscenza che esiste una regina, di nome Brunilde, regina d'Islanda, di incredibile bellezza, che sposerà solo un uomo che la sconfiggerà in prove di forza. Ma se il candidato fallisce ci lasciava la testa. Senza neanche vederla Gunther se ne innamora e vuole sposarla.
Le motivazioni di Gunther sono le stesse di Sigfrido, oggi le chiameremmo alleanze internazionali.
Sigfrido tenta di dissuadere Gunther di mettersi in viaggio per l'Islanda conoscendo le costumanze feroci di Brunilde.
Si inserisce qui il sospetto, ma che poi è certezza (dalle storie scandinave ma anche dal seguito del poema), che non solo Sigfrido conosca già Brunilde, ma che fra i due ci sia stato qualcosa. Va ricordato che nelle storie del nord, più antiche, Brunilde è una valchiria.
Hagen interviene consigliando a Gunther di affidarsi proprio a Sigfrido che con evidenza sa molte cose riguardo a questa strana regina.
Dunque Sigfrido è coinvolto nell'avventura proprio da Hagen che poi lo ucciderà.
Gunther promette qualsiasi cosa se Sigfrido lo aiuterà nell'impresa ed egli risponde che l'unica ricompensa che desidera è Crimilde.
E Hagen non può non sapere che la risposta di Sigfrido sarebbe stata questa, forse i due sono già d'accordo o Hagen è in combutta con Crimilde.
Gunther giura che se sposerà Brunilde, Crimilde andrà sposa di Sigfrido.
Quando si preparano, Sigfrido porta con sé il cappuccio fatato che una volta indossato lo rende invisibile e forte come dodici eroi. Consiglia il re di non portare nessun guerriero ché sarebbe inutile vista la forza e la ferocia di Brunilde. Scenderanno come cavalieri erranti in quattro: Gunther, Hagen, Dankwart, fratello inseparabile di Hagen, e Sigfrido.
Quando Gunther chiede a Sigfrido come dovranno abbigliarsi per comparire degnamente di fronte alla regina egli risponde che dovranno avere abiti bellissimi per rendere credibile a Brunilde l'ardita richiesta. Gunther pensa di incaricare la madre di organizzare la confezione dei vestiti ma Hagen (sempre lui) consiglia che invece tale incarico sia dato a Crimilde. Ella accoglie il fratello e il bel cavaliere e si mette a disposizione con tutte le sue donne.
Il consiglio di Hagen manca nel manoscritto A, ma io penso che ci stia bene.
Viene allestito un vascello per uomini e cavalli sul Reno. Sigfrido come conoscitore delle vie d'acqua si incarica d'essere il pilota. La nave parte a remi e poi gonfia le vele dritta verso il mare.
Dopo dodici giorni di navigazione arrivano in vista della città di Issenstein, la capitale di Brunilde che solo Sigfrido conosce: ha già visto la città e le terre. Insomma ci è già stato poiché dice a Gunther che vedrà molte bellissime donne, particolare da tener presente nel seguito. Issenstein potrebbe voler dire 'mangiapietra' che in qualche modo si accorderebbe con la natura vulcanica dell'isola.
Adesso arriva un particolare decisivo per la storia: Sigfrido dice che tutti devono dire che Gunther è il re e lui è solo un suo vassallo.
VII AVVENTURA
Dalla nave Gunther sceglie una delle donne che stanno guardando il loro arrivo come sua preferita e Sigfrido conferma che è proprio Brunilde. Quando, scesi dal battello, salgono a cavallo, Sigfrido tiene la staffa e le briglie a Gunther in atteggiamento da vassallo. Stranamente questo particolare manca in A.
In tutta la loro fierezza ed eleganza entrano nello splendido castello dove Brunilde li accoglie in una sala di marmo verde. Gli attendenti dicono ai cavalieri di lasciare le armi, Sigfrido conferma che lì l'usanza è quella. Tutti, anche Hagen controvoglia, lasciano le armi.
Un cortigiano dice a Brunilde che non conosce nessuno dei quattro anche se uno somiglia a Sigfrido. Notano la nobiltà di Gunther, la ferocia di Hagen e la cortesia di Dankwart.
Brunilde chiede che le si porti l'armatura, pensa che Sigfrido sia venuto per sposarla ma lei non lo teme. Intanto la corte si riempie di donne curiose di ammirare i nuovi arrivati e di temibili guerrieri islandesi.
Brunilde chiede a Sigfrido (altro segno di una loro conoscenza antecedente) il motivo di quella visita, ma egli risponde che prima lei deve salutare il suo signore, che viene dal Reno ed è venuto per sposarla. Brunilde conferma che se Gunther la vincerà nelle prove sarà sua sposa, ma se fallisce saranno uccisi tutti e quattro. Ed elenca le prove: deve lanciare una particolare pietra e raggiungerla con un balzo e scontrarsi con la lancia con lei. Gunther accetta. Brunilde fa portare il resto dell'armatura: una corazza d'oro, uno scudo immenso e una sopravveste, probabilmente bianca poiché prima si dice che fosse vestita di bianco.
I guerrieri di Brunilde cominciano a provocare i nuovi arrivati, come era uso per scaldare l'ambiente. Sigfrido approfitta della confusione e torna, senza essere visto, al vascello dove prende il cappuccio fatato e da quel momento non è più visibile.
Lo scudo d'oro e d'acciaio è pesantissimo. Alla vista di Brunilde tutta armata come dovesse combattere contro tutti i regni, Hagen dice a Gunther che quella è la donna del diavolo! e proprio di lei doveva innamorarsi? Quando a Brunilde portano la lancia, tre volte e mezza più pesante del normale, i tre cavalieri cominciano a disperare per la loro vita. E uccisi per mano d'una donna!
Comincia il duello che è poco comprensibile perché Sigfrido vi partecipa reso invisibile dal cappello fatato. Sembra di capire che Gunther mimi i gesti che vengono fatti in realtà da Sigfrido.
Brunilde scaglia la lancia che abbatte entrambi i guerrieri ma il colpo è assorbito da Sigfrido, è un colpo eccezionale perché nello sforzo Sigfrido comincia a sanguinare dalla bocca, ciò non ostante prende la lancia e si appresta a colpire Brunilde. In una stanza che manca in A si fa però scrupolo di colpire la regina per la sua grande bellezza e scaglia l'asta dalla parte del calcio e non della punta. Brunilde cade indietro ma si rialza prontamente, convinta che sia stata la forza di Gunther a rovesciarla.
Brunilde adirata prende la pietra e la scaglia lontano dodici tese e subito dopo con un solo balzo la raggiunge: rimane il mistero di questa prova. Una tesa è la lunghezza delle braccia aperte, dunque Brunilde lancia la pietra sui 18/20 metri e sembra che salti subito dopo, non si dice però che riprenda la pietra prima che cada. Qui c'è un'esagerazione, stranamente rispetto al resto del poema, se si esclude il numero sempre esorbitante di guerrieri, perché Sigfrido lancia la pietra ancora più lontano, d'un balzo la raggiunge e si porta pure appresso Gunther nel volo!
Brunilde che pensa sia Gunther che l'abbia superata nelle prove, annuncia ai suoi cavalieri di rendere l'omaggio al loro nuovo re e si ritiene vinta.
Ma forse Brunilde non è del tutto convinta che sia stata la forza del solo Gunther, come vedremo fra poco.
Gunther accoglie cortesemente la regina e le concede “ ogni potere, là, nella sua terra ”.
Non ho il testo in tedesco e rimane il dubbio se il potere concesso da Gunther sia là in Islanda, cioè una riconferma di Brunilde come regina, o là in Burgundia come nuova regina. La cosa è di poca importanza se non formale poiché Gunther e Brunilde non si sono ancora sposati, e anche su questo ci sarà da dire.
Siegfrido si toglie il cappuccio e fa come se arrivasse lì in quel momento e apprendesse la notizia che le gare si sono già svolte e che ha vinto Gunther.
Il particolare è superfluo tanto che manca in A. L'unico motivo che lo possa rendere interessante è che fa apparire Sigfrido proprio come un vassallo di Gunther e neanche troppo importante poiché si può assentare in un momento così decisivo. Sigfrido dice a Brunilde che ora li deve seguire in Burgundia (cosa che stride con la figura fatta appena precedentemente), ma la regina dice che è impossibile: che prima deve avvisare parenti e vassalli, motivo invece assai logico.
Nei giorni successivi è tutto un arrivo di guerrieri islandesi tanto che Hagen, che avrà mille difetti ma non è un fesso, commenta che così facendo hanno fatto radunare l'armata di Brunilde e se la regina mutasse opinione, sarebbero guai. Sigfrido toglie ancora le castagne dal fuoco dicendo che si assenterà per pochi giorni e tornerà con i migliori mille guerrieri che abbia mai avuto. Questi sono i mitici Nibelunghi, su cui però dopo si farà un'immensa confusione.
VIII AVVENTURA
Sigfrido rimette il cappuccio fatato e sale sulla nave. La nave parte come spinta da un forte vento ma a bordo non si vede nessuno, la nave si muove per “ la forza di Sigfrido ”.
Ricorda le navi dei Feaci che conoscevano ogni rotta e si muovevano di moto proprio.
In un giorno e una notte giunge nel gran regno dei Nibelunghi, dove conserva un immenso tesoro, come visto sopra. Come Odisseo prende terra in una zona lontana dal castello e quando ne chiede asilo, senza farsi riconoscere, il gigante portinaio cerca di scacciarlo, ma Sigfrido lo provoca allo scontro. Il gigante esce e con un colpo prodigioso spezza la fibbia dello scudo di Sigfrido. Sigfrido teme per sé ma è contento che i suoi guardiani lottino, inconsapevolmente, per lui, che gli siano fedeli. Sigfrido sconfigge il gigante e lo lega, ma la notizia è appresa dai Nibelunghi. Il nano Alberico si arma della sua frusta a sette code e con le sette palle d'oro del suo flagello frantuma lo scudo di Sigfrido. A questo punto Sigfrido rinfodera la spada per non uccidere il suo servo fedele e a mani nude lo afferra per la barba e lo lega.
Alla fine Sigfrido si fa riconoscere e incarica Alberico di portargli i migliori mille guerrieri. Egli dice semplicemente che devono seguirlo e tutti si affrettano ad armarsi.
All'alba partono e quando arrivano al regno di Brunilde, la regina chiede chi siano quegli splendidi guerrieri che arrivano in vesti candide e Gunther, per continuare nell'inganno, risponde che sono i suoi cavalieri che aveva lasciato nelle vicinanze.
Qui avviene un fatto importante. Brunilde chiede a Gunther di specificare chi debba salutare, s'intende del saluto formale ai personaggi più importanti. Gunther, che come tutti i grandi sovrani nei poemi sfiora spesso il ridicolo, risponde genericamente di salutare tutti per farli sentire benvenuti, ovviamente: non li conosce... Ma durante l'accoglienza, Brunilde non saluta Sigfrido, che in realtà sarebbe l'unico a essere un ospite di riguardo e anche l'unico che conosce già.
Non lo considera perché è un vassallo poco importante (da qui nascerà la lite con Crimilde) o c'è sotto qualcosa?
I guerrieri sono accolti e alloggiati e Brunilde dona loro argento e oro e incarica Dankwart che si offre come tesoriere d'occorrenza. Dankwart è tanto generoso con tutti, anche non solo con gli ospiti, da fare una specie di regalia comunitaria. Brunilde si pente del suo atto di generosità e prega Gunther di fermare Dankwart. Hagen risponde che in Burgundia hanno tante vesti e ricchezze che non porteranno via nulla dall'Islanda, allora Brunilde si ripente, temendo d'essere tacciata d'avarizia, e promette tutte le sue ricchezze ai Burgundi. Hagen se la ride.
Prima di partire Brunilde lascia l'incarico a un suo zio di svolgere i compiti di stato in sua assenza. Poi sceglie duemila cavalieri e parte. Il suo seguito è descritto: venti arche di ricchezze, oro e sete, ottantasei donne e cento fanciulle dal “ bellissimo corpo ”. Brunilde prende commiato da parenti e dalla sua patria a cui non ritornerà mai più.
Durante il viaggio c'è festa e gioia ma Brunilde non acconsente a unirsi con Gunther finché non saranno sposati a Worms e anche dopo per il povero Gunther ci saranno problemi.
In questa avventura va notato che i Nibelunghi, portati da Sigfrido per difendersi dai possibili attacchi dei guerrieri di Brunilde, qualora ella avesse cambiato idea, risultano completamente inutili. Un'astuzia di pretattica? Di cui Brunilde si accorge e perciò non saluta Sigfrido o semplice confusione fra la storia e un tema epico d'obbligo? Dobbiamo pensare, per non vedere questi famosi Nibelunghi come senza ruolo nel poema che porta il loro nome, che almeno si siano divertiti con le bellissime fanciulle islandesi. Ma le islandesi sono davvero così belle? È una cosa che andrebbe appurata.
IX AVVENTURA.
Quando arrivano presso il regno dei Burgundi, Gunther prega Sigfrido di prevenirli avvisando del loro arrivo per far preparare ogni benvenuto alla regina Brunilde, aggiungendo di farlo per amore della sorella Crimilde.
Sigfrido arriva a Worms e racconta a Crimilde e alla madre Ute il buon esito della vicenda.
Ute e Crimilde approntano la reggia per accogliere Brunilde e il suo seguito e vanno loro incontro insieme a tutti i cortigiani tutti vestiti nel modo più prezioso ed elegante.
Arrivano a Worms dall'Islanda e ci sono anche i Nibelunghi, definiti qui ' guerrieri di Sigfrido'. La corte va loro incontro: le belle donne e i cavalieri che, all'uso, cominciano le giostre in campagna. In questi tornei Sigfrido gareggia in squadra coi Nibelunghi.
Poi scendono Gunther e Brunilde, e Crimilde da loro il benvenuto baciandola sulla bocca, e così fanno gli altri fra loro. Molti sono curiosi di vedere se davvero le due sono così belle. Chi privilegiava la bellezza del corpo, elogiava Brunilde, chi valutava il viso preferiva Crimilde, e il poeta precisa che erano entrambe senza trucco.
Sul far della sera si avviano al castello. Dappertutto c'è rumore di festa. Quando comincia il banchetto nuziale Sigfrido ricorda a Gunther la promessa fatta: se Brunilde fosse giunta nel regno dei Burgundi, lui avrebbe sposato Crimilde. Sigfrido arrossendo offre i suoi servigi all'amata. Lei accetta la proposta di matrimonio. I due si abbracciano e si baciano. Quando Brunilde vede Sigfrido accanto a Crimilde scoppia in pianto (un pianto di gelosia?). Alla richiesta del marito risponde che è triste di vedere Crimilde, una principessa, sposa a un vassallo.
Qui c'è l'anticipazione del tema del contrasto fra le due spose novelle.
Gunther risponde vagamente che a suo tempo le spiegherà, ma Brunilde afferma che non giacerà con lui se non le spiegherà il motivo delle nozze fra Sigfrido e Crimilde.
Questa scena è incomprensibile se non si ammette che fra Brunilde e Sigfrido vi sia stato qualcosa, com'è detto nelle storie scandinave. Tutto appare chiaro se si ammette che si tratta di un tragico scambio di sposi per la Valchiria, qui regina d'Islanda. Possiamo razionalizzare che ella, una volta svegliata da Sigfrido, perda le caratteristiche divine e divenga una donna normale (quasi). A quel punto il destino dei legami si sposta verso due diversi livelli, congruentemente con la narrazione norrena: terreno quello fra Sigfrido e Crimilde e nell'altro mondo quello fra Brunilde e il cavaliere olandese.
Gunther deve informare Brunilde che Sigfrido è re come lui e ha terre e possessi. Ma questo non rasserena, ovviamente Brunilde, e in effetti non è una gran mossa, ma Gunther non può sapere ciò che è successo nel passato.
Alla fine della festa i due sposi sono impazienti di ritirarsi con le loro bellissime consorti. I Nibelunghi fanno da scorta d'onore a Sigfrido. Sigfrido e Crimilde si amano con dolcezza e passione.
Ma a Gunther va assai male la prima notte di nozze. Qui il poema vira decisamente sul comico.
Brunilde entra nel letto col suo corpo stupendo fasciato solo da una candida vestaglia. Quando Gunther comincia con le avancés lei lo gela: chiamandolo solo cavaliere, gli decreta che da lei non avrà nulla se non le avrà detto la verità sulle nozze fra Sigfrido e Crimilde. Gunther si infuria e cerca di avere Brunilde con la forza, le strappa la veste ma lei con il cinto lo prende a frustate e poi lo lega e lo appende a un uncino sulla parete. Gunther la prega di liberarlo ma Brunilde dorme pacifica tutta la notte e la mattina lo piglia pure in giro supponendo che forse non gli farebbe piacere se i suoi servitori lo vedessero appeso come un salame. Lui cerca di difendersi dicendo che in quel caso lei stessa ne uscirebbe disonorata e promette che se lo libererà non la toccherà neanche con un dito. Lo libera e lui si mette buono buono a letto ma, precisa l'Autore, stando ben discosto da lei.
Secondo la tradizione le due coppie di sposi si recano a messa dove sono incoronati e benedetti. Nell'occasione si creano nuovi cavalieri. Poi iniziano le solite giostre.
Da notare che qui non esiste una vera e propria cerimonia di matrimonio, si prende atto e si benedicono le due nuove coppie di re e regina. Dunque quando Brunilde aveva chiesto il rimando della consumazione a dopo le nozze, non solo non si riferiva al rito religioso, ma intendeva già qualcosa che non riguardava tanto il suo quanto l'altro matrimonio, ossia il contegno indifferente di Sigfrido. Quando a corte viene a sapere che il suo 'risvegliante' deve andare sposo con la sorella del marito allora scoppia a piangere.
Gunther se ne sta rabbuiato per conto suo, Sigfrido ne chiede il motivo. Quando lo viene a sapere, promette di aiutare anche stavolta l'amico. Gli dice che verrà indossando il cappuccio magico e che lui, il re, deve solo far in modo che i servitori non siano presenti e non vi siano luci accese. Gunther accetta ma si fa promettere da Sigfrido che non cercherà di amare Brunilde approfittando del suo stratagemma. Sigfrido risponde che per lui ormai c'è solo Crimilde.
Nella sua stanza, quando Gunther vede che si spengono i lumi nelle mani dei camerieri capisce che è arrivato, invisibile, Sigfrido. Il re licenzia tutti e vela ogni luce rimasta, poi si mette in disparte. Nel buio Sigfrido, invisibile ma corporeo, entra nel letto e ingaggia una lotta per piegare Brunilde a concedersi. Lei, prendendolo per Gunther gli ammolla un ceffone, Sigfrido reprime la voce per non farsi scoprire. Sigfrido ritorna alla carica ma Brunilde lo manda fuori dal letto a sbattere la testa contro una panca. Nonostante gli sforzi nemmeno Sigfrido riesce a tenere ferma Brunilde, che si alza e lo taccia di violento e minaccia di farlo pentire: lo costringe contro la parete. Sigfrido raddoppia gli sforzi per la vergogna e sebbene lei gli stringa le mani fino a a farle sanguinare dalle unghie (“fu un atroce dolore”) riesce con uno sforzo immane a rovesciarla sul letto e a farla gridare dal dolore (è il momento in cui Sigfrido toglie la verginità a Brunilde? che una volta persa la purezza non è più una valchiria?), ma Brunilde cerca di legarlo con una cintura, lui glielo impedisce e lei finalmente si arrende.
Credendo di parlare a Gunther gli dice che non farà più resistenza perché ora sa che lui può dominare una donna.
Sigfrido la lascia abbandonata sul letto, ma senza farsi accorgere sfila dal dito di Brunilde un anello e le ruba la cintura che poi donerà a Crimilde. Gunther finalmente può avere la sua sposa, deposta ogni acredine da ambo le parti. Dopo aver perso la verginità (se era ancora vergine...) Brunilde diventa una donna come le altre. In quanto tale passano la notte in teneri amori.
Sigfrido torna da Crimilde e non risponde alle domande sulla sua sparizione. I due oggetti fatali, l'anello e la cintura, li donerà a Crimilde solo quando lei sarà incoronata nel regno di Niederland.
Il giorno dopo Gunther era tutto contento e la festa nuziale riprende e dura per quattordici giorni, secondo le costumanze: giostre, tornei e regali di commiato, oro, che è sempre definito rosso, e vestiti preziosi. Di suo Sigfrido regala tutto quello che aveva portato sul Reno: vesti, cavalli e persino le selle. I Nibelunghi si dimostrano ancora una volta fedeli al loro re e generosi.
Di questa avventura ci si deve chiedere perché è incentrata sul siparietto comico, sicuramente nel repertorio, ma comunque strano, soprattutto se si tiene conto del contesto precedente nella stessa circostanza. Sembra chiaro che si vuol tacere di qualcos'altro.
XI AVVENTURA
Sigfrido e Crimilde si apprestano a partire per il loro regno. Crimilde sostiene di dover prima decidere la spartizione di beni e terre coi fratelli, ma Sigfrido rinuncia a ogni pretesa poiché si ritiene sufficientemente ricco. Così facendo però va a scombinare i conti che presumibilmente Crimilde ha fatto su ciò che le spetta, e Sigfrido si dimostra, per esibire la sua generosità, autoritario e poco attento agli interessi di Crimilde. Allora Crimilde vuole almeno che i suoi guerrieri la seguano. Le promettono che gliene daranno mille e lei vuole quelli di Hagen, il quale rifiuta sdegnato: “ a nessuno può cederci il re Gunther ”. Alla fine Il margravio Eckwart e cinquecento guerrieri seguiranno Sigfrido nella sua terra.
Qui con la sua scelta Sigfrido, che possiede l'oro, danneggia Crimilde la quale deve anche incassare il no, che forse non si aspetta, da Hagen e accontentarsi di solo la metà dei cavalieri promessi a cui vanno aggiunte trentadue fanciulle.
Sono avvisati i genitori di Sigfrido, Siegmund e Sieglind, che cominciano, felici della notizia, ad approntare gli apparati per ricevere Crimilde. Vanno incontro al figlio e si portano al castello di Xanten, dove la giovane coppia regnerà.
Siegmund incorona il figlio come re ed egli governa saggiamente e amato dal popolo.
Dopo dieci anni Crimilde partorisce un figlio.
Qui il tempo sembra troppo lungo perché Crimilde diventi madre per la prima volta, forse è più corretto intendere o che prima aveva avuto solo femmine, ma queste meriterebbero almeno la citazione, oppure che quello che sarà fra poco narrato avviene quando il figlio ha dieci anni.
Lo battezzano Gunther come lo zio. Nello stesso tempo muore Sieglind e Crimilde ne succede nella carica e nel potere. A Worms anche Brunilde ha un figlio che chiamano Sigfrido.
È specificato che Sigfrido è re di Schillbung, che è il regno dei Nibelunghi, e ha il tesoro preso ai due re. Il più grande tesoro che mai abbia posseduto un re.
XII AVVENTURA
Brunilde pensa che Crimilde sia altera in quanto è molto tempo che Sigfrido, che lei crede ancora sia vassallo di Gunther (che quindi non le ha ancora raccontato come stanno le cose...). Domanda a Gunther come mai Sigfrido in questi anni non ha mai inviato dei tributi e gli chiede di convocarlo, ma Gunther sorride della richiesta (non ha nessuna autorità su Sigfrido) e accampa la scusa che sono troppo lontani. Allora Brunilde cambia tattica e lo blandisce dicendo che ha tanta voglia di rivedere Crimilde, di farle questa gentilezza. Alla fine Gunther cede: desidera naturalmente di rivedere la sorella e il caro amico, e manda dei messaggeri invitandoli per il solstizio d'estate.
In tre settimane i messi sono da Sigfrido. Qui si dice che il suo regno stava ai confini della Norvegia, dunque doveva trovarsi in Danimarca, penisola che ha le sue valenze simboliche in tutte le storie norrene ed è considerata il luogo più bello.
Gere, che comanda la delegazione, informa Sigfrido e Crimilde di come stanno tutti in Burgundia, o sia bene, e comunica l'invito esteso espressamente a Crimilde. Sigfrido sulle prime rifiuta considerando la distanza e lo strapazzo eccessivo per la moglie. Ospita i messaggeri con tutte le attenzioni. Si confronta con i suoi consiglieri che lo rassicurano, il padre dice di voler partire con loro e Sigfrido decide per la partenza di lì a dodici giorni, vengono licenziati i messaggeri con moltissimi regali.
Al ritorno in Burgundia tutti sono lieti di vedere Sigfrido e Brunilde, quest'ultima è particolarmente ansiosa di sapere se verrà anche Crimilde.
Quando sono mostrati i regali che Sigfrido ha inviato, Hagen commenta che è talmente ricco che qualunque cosa possa regalare non intaccherà mai il suo tesoro e conclude “ Se quel tesoro venisse per sempre in terra Burgunda! ”.
XIII AVVENTURA
Si dice che a casa era rimasto il figlioletto di Sigfrido e Crimilde, perciò dicevo che forse dieci anni è l'età in cui vide i genitori partire senza più tornare. Il re Sigmund cavalca con loro.
Brunilde promette che tratterà Crimilde con lo stesso garbo con cui fu trattata al suo arrivo a Worms. Si fanno i preparativi e si va incontro agli ospiti. Per Sigmund è l'occasione di conoscere i suoi parenti sul Reno. Il saluto fra le due donne è affettuoso, il corteo prosegue per la città dove hanno luogo i soliti tornei. Comincia la festa di benvenuto. Così il giorno dopo: i cavalieri giostrano e le donne li guardano dalle finestre del castello e delle mura. All'ora dovuta tutti si recano a messa.
XIV AVVENTURA
È l'avventura in cui scoppia la lite fra Brunilde e Crimilde. Le due regine stanno assistendo alle giostre cui si sono aggiunti i loro mariti.
Crimilde si vanta che il suo sposo è così valente che potrebbe regnare su tutti i regni lì intorno. Brunilde risponde con sarcasmo che questo potrebbe accadere se al mondo ci fossero solo Sigfrido e Crimilde, ma finché c'è Gunther la cosa non può accadere. Crimilde prosegue dicendo che il suo uomo supera gli altri in valore come la Luna le stelle in luminosità. Brunilde ammette il valore di Sigfrido ma aggiunge che Gunther lo supera. Crimilde nega questo giudizio. Qui Brunilde arriva al nocciolo della sua provocazione: ha udito da Sigfrido stesso che egli è solo un vassallo di Gunther.
La maestria nelle armi non c'entra, qui si parla di prestigio e potere.
Crimilde commenta che sarebbe stata sfortunata se i suoi fratelli avessero permesso che divenisse sposa di un vassallo e di lasciare questi discorsi. Brunilde rincara: non può rinunciare a tanti guerrieri che, come lo stesso Sigfrido, le sono soggetti. Crimilde risponde sdegnata che deve scordarsi che mai Sigfrido le possa porgere qualche servigio poiché egli è un re più forte di Gunther, prova ne è che non ha mai inviato un tributo. Brunilde le dice di abbassare la boria, al che l'altra risponde che gli altri lo testimonieranno e lei lo dimostrerà entrando prima di Brunilde in chiesa per la messa. Brunilde la sfida a farlo sul serio e Crimilde le assicura che sarà fatto.
Crimilde si allontana ordinando alle sue dame di vestirsi con vesti splendide e poi si dirigono tutte verso la cattedrale dove l'attendono i guerrieri di Sigfrido.
Di fronte alla cattedrale Brunilde sentenzia “ Davanti alla regina non entra la vassalla ”.
Crimilde risponde che deve vergognarsi delle sue parole perché mai la concubina di un vassallo avrebbe potuto diventare regina come invece lei, Brunilde, ha fatto. A questo punto Crimilde sferra il colpo decisivo: rivela a Brunilde che chi la prese per la prima volta fu Sigfrido e non Gunther, dunque Brunilde ha permesso di essere posseduta da un suo vassallo, che l'offesa di Brunilde è di quelle che non si scordano e fra loro non ci sarà più amicizia.
Brunilde scoppia in pianto e Crimilde entra prima di lei in chiesa.
Qui non si può fare a meno di confrontare l'aplomb tutto inglese di Artù che sopporta la relazione di Ginevra con Lancillotto (lo stesso cavaliere dice essere durata quattordici anni), che per la verità non è un suo vassallo ma di fatto è al suo servizio. Anche alla crisi finale ammette che gli dispiace di più perdere Lancillotto che Ginevra poiché di regine ne poteva trovare quante ne volesse, ma di cavalieri forti come Lancillotto non ce n'erano. Poi qualcuno dice che i poemi cavallereschi sono noiosi perché troppo sentimentali e romantici.
Brunilde chiede a Crimilde di fornire le prove delle sue accuse, Crimilde risponde che le conviene lasciar perdere: ha il suo anello che Sigfrido le sfilò dal dito quando la prese la prima volta e che lei ha ricevuto dal suo sposo. Brunilde risponde che finalmente sa chi le rubò quell'anello e dunque non è una prova, allora Crimilde le mostra il cinto della sua notte con Sigfrido.
Tutta la lunga lite è iniziata con nonchalance da Crimilde ma Brunilde ci cade con tutte le scarpe, come si dice. Del resto è lei che non sa cosa sia successo perché Gunther non gliel'ha detto, oppure teme che la verità dei suoi rapporti preteriti con Sigfrido venga alla luce e così è infatti.
Brunilde chiama a testimone Gunther per smentire le falsità di Crimilde, ma in sé sa che è vero. A Gunther raccontano tutto ed egli dice che farà chiarezza domandando direttamente a Sigfrido se ha violato Brunilde e se le ha rubato e cinto e anello. L'episodio comico della lotta fra Sigfrido invisibile e Brunilde sta venendo al pettine.
Sigfrido di fronte alle accuse risponde, ed è la frase in cui potrebbe starci la svolta nella vicenda, “ S'ella (Crimilde) ha detto questo, pace non avrò finché non lo avrà scontato, e respingo l'accusa davanti ai tuoi guerrieri, col giuramento solenne, che io non l'ho mai detto ”.
La prima affermazione è che se è vero che Crimilde ha detto quello che lui le ha rivelato come segreto, e che invece lei ha rivelato, Crimilde la pagherà. La seconda affermazione è che lui queste cose non le ha mai dette, non che non le abbia fatte.
Dunque Sigfrido accusa Crimilde di aver rivelato un segreto che doveva custodire e nega di essersi mai confidato alla moglie, ma non giura di non aver commesso quelle azioni. Qui possiamo vedere l'incrinarsi del rapporto fra Crimilde e il suo, sposo e resta da giudicare se ella non lo abbia fatto volontariamente.
Comunque Sigfrido giura solennemente nel cerchio dei Burgundi e Gunther lo scagiona.
Per altro dice “ voi non lo avete fatto “ mentre Sigfrido aveva affermato di non averlo detto, qui o Gunther conferma di non essere un'aquila oppure è obbligato a glissare sulle parole per far tacere la questione, che sembra la ragione più consistente.
Sigfrido dichiara che se la moglie non sarà punita per aver detto quelle cose ne sarà molto dispiaciuto. I due re si guardano con un'occhiata d'intesa: le donne devono imparare a non essere tracotanti e ognuno deve farlo capire alla sua sposa.
E qui, forse, Sigfrido si scava la fossa.
Le donne sono separate e Brunilde è affranta perché, anche se Sigfrido ha giurato di non averlo detto, l'accusa non è stata del tutto confutata.
Crimilde riceve, guarda caso, la visita di Hagen. Saputo l'accaduto il guerriero afferma che non avrà più pace finché non l'avrà fatta pagare a Sigfrido. Qui purtroppo non si capisce se quando Hagen dice questo è solo con Crimilde o sono già arrivati Ortwin e Gernot e poi gli altri. Quando lo apprende Giselher rimprovera gli altri dicendo che Sigfrido è sempre stato leale con loro e che in fondo le donne hanno litigato per una sciocchezza.
Allora c'è ancora qualcuno che ragiona verrebbe da dire. Ma sembra proprio che ragionino anche gli altri, forse non hanno la stessa nobiltà d'animo.
Hagen non demorde: ha offeso la sua regina e va punito. A questo punto interviene Gunther che afferma che Sigfrido li ha molto aiutati e ciò gli dovrebbe salvare la vita e chiede cosa ha da guadagnare dalla sua morte. Hagen gli spiega che senza Sigfrido in giro, i suoi regni e il suo oro potrebbero diventare dei Burgundi. La riunione si chiude senza una decisione, Ortwin di Metz si offre per ucciderlo subito ma la cosa cade lì.
Hagen compie un lavoro di convinzione su Gunther. Ha già un piano. Gunther deve dare la notizia che dei nemici si stanno avvicinando, subito Sigfrido si offrirebbe volontario e durante la spedizione di guerra sarà ucciso.
E qui viene il bello. Hagen dice che saprà da Crimilde dove colpire Sigfrido il quale, essendosi bagnato col sangue del drago quando lo uccise, è invulnerabile tranne che in un punto.
Gunther capitola di fronte ai suoi vassalli e acconsente.
AVVENTURA XV
Arriva il falso allarme di guerra: i due re Lüdegast e Lüdeger muovono contro il popolo dei Burgundi. Hagen non dà tregua a Gunther. Quando Sigfrido viene a saperlo si offre immediatamente in aiuto, anzi consiglia a Gunther di non muoversi che lui e i suoi Nibelunghi basteranno. Hagen si reca da Crimilde per prendere congedo. Qui c'è una frase che appare ostica da accettare.
Mentre genericamente chiede a Hagen di proteggere Sigfrido, che è pentita del chiasso che ne è venuto fuori dalla sua lite con Brunilde, Crimilde dice “ ed egli ha per questo percosso il mio corpo ”.
Può essere senz'altro che picchiare la moglie fosse una costumanza perfettamente accettata, ma stride con la personalità di Sigfrido e stride anche che Crimilde la accetti così remissiva e ne faccia confidenza proprio a Hagen.
Questi le chiede di darle qualche consiglio su come proteggerlo al meglio.
E anche qui è strano vista l'invulnerabilità e la forza di Sigfrido. “ E gli svelò un segreto ch'era meglio tacere ” chiosa l'autore.
Crimilde gli racconta che mentre lottava col drago e si copriva del sangue del mostro, ottenendo così l'invulnerabilità, gli cadde sulla schiena una foglia di tiglio, la lotta avveniva sotto quell'albero legato alla guerra. Lì Sigfrido può essere colpito a morte. Hagen arriva persino a chiederle di cucire un piccolo segno proprio nel punto debole da proteggere in modo che egli sia sicuro di dove si trovasse con precisione. Crimilde promette che cucirà sulla veste una piccola croce per indicare il punto.
Ora, o Crimilde è tonta, ma tonta forte, che dopo averle prese dal marito perché non sa stare con la bocca chiusa e non sa tenere i segreti ne rivela subito un altro e quello più pericoloso, o nel suo animo cova la vendetta proprio per le botte che ha ricevuto da Sigfrido, tenendo sempre conto che con la morte del coniuge erediterebbe il di lui regno e soprattutto l'immenso tesoro. E dovendo fare una cosa simile, a chi meglio di Hagen può rivelarlo? Da notare che chi vuole la morte di Sigfrido è ufficialmente Brunilde e che Hagen, che rifiutò di seguire Crimilde nel Niederland, adducendo che la sua regina era Brunilde, ora fa intendere a Crimilde che la riconosce come regina e parente. E Crimilde sarebbe così ingenua?
Mentre Sigfrido è in partenza coi suoi mille Nibelunghi, Hagen vede che Crimilde ha cucito la crocetta e subito incarica i finti messi di portare la notizia che Lüdeger vuole fare la pace. Sigfrido deve tornare deluso per non aver potuto aiutare i suoi parenti.
Anche qui, va notato, è la seconda volta, che i Nibelunghi non fanno nulla.
Gunther annuncia, su consiglio di Hagen, che per festeggiare vuole andare a caccia di orsi e cinghiali sui Vosgi. Partiranno subito, chi vuol seguirlo si affretti. Sigfrido è pronto e va a prendere congedo dalla sua sposa. E Sigfrido, appena tornato dalla guerra, parte con gli stessi abiti addosso, abiti su cui è ricamata la piccola croce.
AVVENTURA XVI
Sigfrido saluta Crimilde che piange pentita di aver rivelato il segreto, ma non lo dice a Sigfrido: accenna a un sogno infausto in cui due monti crollavano sul suo capo. Sigfrido è sicuro della lealtà dei suoi compagni di caccia e pensa che Crimilde sia solo ansiosa perché il viaggio è lungo. Sigfrido la consola di baci amorosi (“sul suo bel corpo ” precisa l'autore, ma non facciamoci gli affari altrui) e poi parte, “ ed ella non lo vide, vivo, mai più ”.
Gernot e Giselher restano a casa... O sia non vogliono partecipare alla congiura contro Sigfrido, ma nemmeno lo vogliono avvisare.
La caccia prosegue con grande successo per Sigfrido. Un corno annuncia che il re vuole tornare al campo per una pausa. Vengono serviti molti e succulenti cibi ma non c'è da bere. Sigfrido dimostra il suo carattere cortese facendo una battuta: se è così che trattano gli ospiti non accetterà mai più un invito a caccia. Gunther continua sullo stesso tono: non è sua la colpa ma di Hagen che era incaricato di far portare il vino. Hagen si giustifica dicendo che credeva che la caccia si svolgesse in un'altra foresta e là ha inviato il vino. Sigfrido si finge arrabbiato: allora dovevano accamparsi almeno vicino al Reno. Hagen chiede scusa e dice che però conosce una sorgente poco distante da lì. Il clima è comunque festoso, nessuno morirà di sete, anzi Hagen propone addirittura una gara di corsa alla fontana, se è vero che Sigfrido corre così velocemente. Mentre la selvaggina viene portata in città (leggi: si fanno partire i testimoni), Sigfrido, Gunther e Hagen corrono verso la fonte. Per primo beve Gunther, il re, poi Sigfrido si china sull'acqua chiara dolce e fresca. Hagen prende la lancia e lo colpisce giusto sulla piccola croce ricamata da Crimilde.
Sigfrido sentendo la ferita, ma soprattutto il tradimento, cerca un'arma per vendicarsi, ma Hagen ha fatto sparire tutto prima, allora il ferito scaglia con disperazione lo scudo su Hagen che per la prima volta sta fuggendo di fronte a un avversario. Sigfrido cade tra i fiori che si arrossano del suo sangue e maledice i traditori e la loro progenie. Morente, Sigfrido raccomanda a Gunther la moglie ricordandogli che ella è sua sorella.
“ I fiori tutt'intorno erano molli di sangue./Lottava con la morte, ma fu breve lotta/perché l'arma della morte ha il filo tagliente./ Né più poté parlare il nobile cavaliere ” recita la bella strofa 998.
L'ordine ai cavalieri è di mentire sulla vera causa della morte di Sigfrido: sono stati i briganti che l'hanno sorpreso nella foresta. Ma Hagen dice che non gli importa che Crimilde lo sappia ché ha gravemente offeso Brunilde.
Sbruffonata di Hagen o missione compiuta?
Si dice che Hagen fa trasportare il corpo di Sigfrido nel regno dei Nibelunghi in modo che Crimilde lo veda al risveglio. C'è un errore evidente: si deve intendere dove sono alloggiati i Nibelunghi a Worms.
Crimilde al mattino si alza per andare a messa è trova Sigfrido coperto di sangue e morto. Sviene e al suo rinvenimento deve ammettere che non ci sono dubbi, Brunilde ha voluto la morte di Sigfrido e Hagen l'ha eseguita. Non vede lo scudo e comprende che è stato assassinato e giura la vendetta contro il colpevole per tutta la vita. Un messaggero avvisa i Nibelunghi, i guerrieri di Sigfrido, e il padre Siegmund.
Sigfrido è lavato e posto in una bara. I suoi guerrieri si armano per fare vendetta. Ma Crimilde dissuade Siegmund e i guerrieri dicendo loro che se provassero ad attaccare i Burgundi ne sarebbero distrutti, data la differenza di numero. Convince re Siegmund assicurandolo che anch'ella vuole la vendetta e, quando sarà sicura di chi sia il colpevole, farà di tutto per fargliela pagare. Propone di aspettare il giorno seguente e insieme seppelliranno il suo sposo. Il cordoglio è generale poiché nessuno vedeva in Sigfrido una colpa per cui essere ammazzato.
Quando portano in chiesa la salma di Sigfrido, Gunther cerca di consolarla dicendo che piangeranno per sempre la morte dell'eroe. Crimilde risponde acutamente che se davvero ne provassero dolore egli non sarebbe morto. Propone un giudizio divino: ognuno di essi si deve avvicinare al corpo di Sigfrido: se è innocente le sue ferite non sanguineranno, ma di fronte al colpevole le ferite si riapriranno. Quando s'avvicina Hagen le ferite riprendono a sanguinare, ma Gunther lo difende sostenendo che sono stati i briganti e che la loro colpa è di non essere riusciti a difenderlo. Crimilde, che pare aver recuperato tutta la sua arguzia, risponde che conosce bene “ questi briganti ” e accusa il fratello e Hagen di averlo assassinato. Di nuovo ferma i Nibelunghi che volevano la vendetta. Ancora una volta notiamo che i Nibelunghi non fanno nulla. Gernot e Giselher piangono Sigfrido e consolano la sorella.
Dopo la funzione Crimilde dice a monaci e preti e al seguito più intimo di restare in veglia con lei per tre giorni avanti della sepoltura. Nelle funzioni è fatta molta beneficenza prendendo l'oro dal forziere di Sigfrido. L'uso è di fare regalie di oro o di rendite varie a suffragio dell'anima del morto, in questo Crimilde appare di grande generosità.
Sembra, ed è umano, che di fronte allo strazio, anche il cuore di Crimilde abbia un cedimento, del resto ha perso comunque un bellissimo sposo e un uomo di gran cuore. A voler essere cattivi, e noi lo vogliamo, l'obiettivo di Crimilde non è tanto quello che Sigfrido ci ha nel portafoglio, ma l'immenso oro e il titolo di regina che le spetta nel Niederland, ma vedremo che lo spirito di vendetta e l'odio per Brunilde avranno il sopravvento.
Poi le spoglie mortali di Sigfrido vengono sepolte.
AVVENTURA XVIII
Siegmund esorta Crimilde a seguirlo nel suo regno, le sarà lasciato l'onore e il potere come quando era vivo Sigfrido: regno, corona e guerrieri saranno ai suoi comandi.
Ma i parenti, Ute, Gernot e Giselher cominciano a suggerire a Crimilde di rimanere invece accanto a sua madre. Crimilde sembra disgustata dalla proposta di convivere con chi l'ha tradita. Il gentile Giselher le chiede di restare con la madre per amore della stirpe e si offre di mantenerla e accudirla senza che ella veda più Hagen. Le fa notare che non ha parenti fra la famiglia di Sigfrido (in realtà uno ce l'avrebbe: il figlio). Gernot arriva a dire che dei suoi nemici interni nessuno è così forte da essere immortale. Questa è una frase fatale nel prosieguo del poema.
Crimilde si fa convincere dal legame famigliare e decide di restare.
Qui non si può fare a meno di notare lo stretto parallelismo con la vicenda di Connie Corleone nel “ Il padrino” di F.F. Coppola. Nonostante il fratello Michael gli abbia fatto uccidere il marito Carlo Rizzi, lei resta nella famiglia, a un dipresso per gli stessi motivi. Anche in precedenza avevo notato una sorta di mentalità oscura, primitiva, mafiosa, di logica ' d'a Famigghia', questi guerrieri ragionano proprio come dei mafiosi. Certo si potrebbe dire settecento anni prima, ma la mentalità è la stessa, vederci un ideale cavalleresco è davvero dura e il confronto con gli altri poemi cavallereschi è davvero impietoso. Anche se questo poema può essere più realistico.
Il re Siegmund cerca di dissuaderla ribadendo i di lei diritti e rammentandogli il figlio, ma Crimilde è una brava picciotta e preferisce la vendetta contro la sua famiglia, che forse ha sempre voluto, alle profferte da galantuomo di Siegmund.
Come diceva Luciano De Crescenzo: “ Si è sempre i meridionali di qualcuno ”.
Crimilde affida il figlio al nonno. Egli afferma che mai torneranno in Burgundia, ma i Nibelunghi, i guerrieri di Sigfrido, Dichiarano “ Può darsi che torniamo ancora in questa terra, quando sapremo per certo chi ha ucciso il nostro re ”.
Questa frase è un po' strana, perché Crimilde sa chi ha ucciso Sigfrido: è stata lei a dire a Hagen come uccidere Sigfrido, e alla battuta di caccia era presente il re dei Burgundi Gunther, e uccidere un re mi sembra una buona ragione per scendere in guerra, ma loro credono, evidentemente, che possano esser stati davvero i briganti... O forse, da bravi tedeschi, non hanno ricevuto l'ordine.
Siegmund e il suo seguito partono senza scorta perché si fidano di più dei Nibelunghi che dei guerrieri di Crimilde. E anche stavolta i Nibelunghi non fanno niente.
Gernot e Giselher prendono congedo da re Siegmund. Gernot mente spudoratamente dicendo che non ha mai saputo né sospettato che fra i Burgundi ci fosse qualche nemico di Sigfrido, ma forse c'era in ballo il posto di capomandamento. Giselher almeno tace e accompagna fuori dai confini la comitiva del Niederland.
L'avventura finisce dicendo che Crimilde piangeva giorno e notte e Brunilde si chiuse nel suo orgoglio e non le importava niente del dolore di Crimilde.
Con questa notazione Brunilde esce di fatto dal poema. E nulla si dirà sulla circostanza che le due responsabili di tutta la faccenda vivano, per così dire, sotto lo stesso tetto. Questo dà a Brunilde un ruolo solo strumentale nell'economia complessiva del poema. Ma questo non dovrebbe poter avvenire visti i precedenti con Sigfrido e le antiche storie dell'Edda.
AVVENTURA XIX
Dopo la morte di Sigfrido, Crimilde vive in un edificio costruito apposta per lei con accanto il fido Eckwart come vassallo e la madre Ute.
Dopo tre anni e mezzo di compianto, Hagen convince Gunther a far deporre l'odio che Crimilde ha verso di loro, in modo da metter le mani sull'oro dei Nibelunghi. Gunther manda Ortwin, Gere, Gernot e Giselher a tentare di convincere la sorella.
Gernot è il primo che parla dicendo a Crimilde che il re Gunther vuole dimostrarle in giudizio che non ha ucciso Sigfrido. Crimilde risponde che lo sa che non è stato lui: è stato Hagen, perché lei stessa gli ha rivelato dove fosse l'unico punto vulnerabile del corpo di Sigfrido, non pensando che Hagen lo odiasse. E rifiuta ogni conciliazione. Qui il codice C aggiunge due strofe significative. Crimilde diventa improvvisamente remissiva e dice che se sarà obbligata riprenderà a salutare il re, ma lo considera molto colpevole inoltre, a Gernot, che le prospetta un miglioramento in futuro, ella risponde “Vedete, io faccio quel che volete.
È un caso ma in queste due strofe ci sono due bei versi che appariranno in altrettante opere liriche: il primo è “ Io vi perdono con la bocca, ma non col cuore ”, io l'ho sentita in un'aria isolata di Mozart (quelle da concerto) ma non so recuperare da quale libretto sia tratta. L'altra è dalle ' Nozze di Figaro ' quando la contessa, nel finale spacciandosi per Susanna, dice al conte che cerca la sua seduzione: “ Sono qui, faccio quel che volete ”. Non c'è nessuna relazione ovviamente, ma è curiosa come evenienza.
Crimilde alla fine si rappacifica con Gunther. “ Pochi giorni dopo ” riescono a convincerla a far venire dalla terra dei Nibelunghi l'oro che le appartiene come dono nuziale. Partono Gernot e Giselher con ottomila dei guerrieri di Crimilde che prendono l'oro e lo portano a Worms. Alberico deve accettare la legittimità della richiesta di Crimilde. Anche adesso i Nibelunghi continuano a non fare nulla. Per dare l'idea di quanto fosse, l'autore precisa che per trasportarlo tutto sulla nave che avrebbe risalito il Reno fino a Worms ci vollero dodici carri grandi, ognuno dei quali fece tre viaggi al giorno, per quattro giorni e quattro notti. In pratica hanno svuotato il caveau della BCE. Portarono a Worms oro e pietre preziose e molti guerrieri di Alberico partono con loro.
Crimilde diviene famosa come dispensatrice di regalie d'oro e moltissimi guerrieri si fanno vivi presso di lei.
Appare chiaro che sta cercando di formare un'armata per prendere il comando della sua famiglia, vendicandosi di Hagen e Gunther e tenendo come sottoposti Gernot e Giselher. Vuole diventare regina come lo fu e lo è Brunilde.
Hagen, che abbiamo già detto è tutt'altro che sprovveduto, capisce che Crimilde sta mettendo insieme un grandissimo esercito, Gunther dice che ha già fatto fatica a fare pace e non sa come impedire che ella usi il suo oro come vuole. Hagen insiste e Gunther gli ricorda che ha fatto un giuramento di mai più recare un dolore alla sorella. Hagen dice le parole fatali: “ Date ogni colpa me ”.
Sottraggono l'oro a Crimilde e Hagen si appropria delle chiavi della torre dove è custodito. Qui avviene all'improvviso (probabilmente è una svista) un'inversione di ruoli: Giselher ciancia che avrebbe dovuto impedire che ciò avvenisse, e magari anche l'attentato a Sigfrido aggiungo io così, tanto per dirne una, e Gernot saggiamente consiglia che l'oro sia sepolto nel Reno, prima che provochi una sventura. Crimilde affida l'oro a Giselher ma questi dice che lo farà quando saranno tornati e che ora ci ha da andare. Ma non si sa dove e perché. Resta a Worms il solo Hagen. Ma va'? Egli prende l'oro e lo sommerge nel Reno presso Lochheim, che è a una quindicina di chilometri a nord di Worms, in un ansa del Reno. Quindi attenzione: si sa dov'è l'oro dei Nibelunghi (e c'è anche qualche moderno che è andato a cercarlo, senza trovarlo ovviamente), almeno Hagen sa dov'è.
Il re e gli altri tornano da non si sa dove e dicono che Hagen ha fatto molto male, ma alla fine lo perdonano. Fanno un giuramento in cui si impegnano a lasciare l'oro dov'è fin quando ce ne sarà uno di loro ancora in vita.
Nuovo dolore per Crimilde e la prima parte del poema si chiude informandoci che ella visse per tredici anni dopo al morte di Sigfrido rimanendogli sempre fedele.
Una volta tramontata l'ipotesi della vendetta coi suoi mezzi Crimilde la affiderà a ben altro esercito come vedremo.
Qui si chiude la prima parte del poema, relativa alla storia d'amore far Crimilde e Sigfrido e nella prossima avventura comincia la seconda parte che è quella della vendetta di Crimilde contro la sua famiglia.
Nella seconda parte, che comincia con la XX avventura, non ci sono storie antiche con cui confrontarsi ma si cerca una storicizzazione di fatti realmente accaduti, piegati alle esigenze del romanzo.
I fatti storici sono che un re dei Burgundi chiamato Gundicaro (Gundahar o Gundikar), e che corrisponderebbe al Gunther del poema, con una alleanza con gli Alani conquista e si appropria delle terre sulla riva sinistra del Reno, in territorio dell'Impero Romano, intorno a Worms e Strasburgo, dopo il 411. Ottenne un riconoscimento dall'Imperatore Onorio che li confermò in quella zona. Fu attaccato dagli unni di Attila e saccheggiato più volte. Ma alla morte del successore di Attila, Octar, Gundicaro sterminò gli unni. Procedette con una politica espansiva e aggressiva fin quando, nel 436 il generale romano Flavio Ezio entrò nel conflitto con l'aiuto degli Unni e sconfisse Gundicaro uccidendo 20.000 soldati burgundi, Gli Unni distrussero Worms nel 437. Da questo episodio nasce il tema dell'estinzione dei Burgundi.
I Burgundi si dividono in due parti di cui una ripara in Pannonia e l'altra riesce a recuperare i rapporti con Ezio.
Nel 443 Flavio Ezio conferma il titolo di foederati ai Burgundi e li stanzia fra la Saona e il Rodano avendo come capitale Ginevra. Dalla scomparsa dal Reno dei Burgundi nasce probabilmente l'idea epica che questi siano stati interamente distrutti. In realtà si espanderanno fino alla regione francese che da loro prende il nome: la Borgogna.
Invece i rapporti fra Teodorico e i Burgundi, presenti nel poema, si sono svolti in realtà all'inizio del VI secolo coinvolgendo l'ultimo re dei Burgundi, Sigismondo.
I nomi dei re dei Burgundi in realtà ricordano tutti quelli del poema, dunque Gunther e i suoi fratelli potrebbero essere una specie di sincretismo di sovrani, ma questo non ha molta importanza ai fini del componimento.
Gli Unni furono un grande popolo che estese le sue conquiste in molte parti d'Europa e all'inizio del V secolo strinsero un trattato di pace coi Romani. Fra gli ostaggi a garanzia dell'accordo, sembra che Attila fu inviato a Ravenna dove imparò il latino e strinse amicizia con Flavio Ezio che poi gli richiese l'aiuto contro i Burgundi.
La storia dello sterminio dei Burgundi, per vendetta di Crimilde, in parte riprende il tema della vendetta femminile della prima sezione, dove Brunilde vuole la morte di Sigfrido, e in parte risente della tradizione classica della guerra di Troia in cui l'evento bellico è scatenato, nella finzione romanzata, dalla fuga di Elena con Paride a Ilio. Da un lato vi confluisce il tema senza tempo dei guai che sono sempre provocati dalle donne, dall'altra ci sono i primi tentativi di una lettura della bellezza femminile in senso cortese.
AVVENTURA XX
La seconda parte comincia così.
Va detto che non c'è nel poema una cesura formale fra prima e seconda parte. Se si volesse rispettare la continuità occorrerebbe leggere l'ultima stanza della XIX avventura come il tempo rimanente della vita di Crimilde, comprese le avventure dalla XX alla fine.
Attila rimane vedovo della moglie Helche, volendo egli risposarsi gli indicano che a Worms c'è una dama bellissima e nobile chiamata Crimilde, vedova del grande Sigfrido.
Attila eccepisce che ella non accetterà mai essendo lui pagano e lei cristiana. I cortigiani sono convinti che la grande potenza e ricchezza del gran re può fare il miracolo. Attila chiede chi conosca quelle terre e i suoi nobili. Risponde Rüdiger, margravio di Bechlar che asserisce che ha conosciuto in gioventù tutta la famiglia reale e che sono nobili e valorosi. Attila domanda se Crimilde è davvero così bella e se è degna di portare la corona degli Unni. Rüdiger conferma le due cose e riceve l'incarico di fare la proposta a Crimilde in via ufficiale, ed avrà regali infiniti. Rüdiger rifiuta ogni compenso come ragione indegna per compiere la sua missione, lo farà per fedeltà: partiranno entro ventiquattro giorni poiché si deve preparare la missione in modo che sia degna di un gran re come Attila e consiglia di mostrare grande rispetto per Sigfrido che Attila ha conosciuto e celebra come un grande eroe.
Bisogna capire che la corte di Attila e il suo regno appaiono subito come di un altra altezza rispetto a quella dei Burgundi, sia come estensione sia per il livello dei re e dei nobili.
La moglie di Rüdiger, Gotlind, riceve la notizia e, rattristata per la morte della regina Helche, si chiede se la nuova regina sarà all'altezza della defunta.
Dopo sette giorni Rüdiger lascia l'Ungheria e si trasferisce a Vienna per i preparativi.
Arriva nel suo castello di Bechlar, dove lo accolgono la moglie e la figlia, con la scorta di cinquecento guerrieri Unni cui la margravia Gotlind dà preziosi doni.
Dopo sette giorni partono per il Reno e devono attraversare la Baviera, temuta per i suoi briganti, ma non hanno inconvenienti e, dopo altri cinque giorni (dodici da Vienna) arrivano a Worms.
Gunther chiede a Hagen se li conosce. Egli risponde che, anche se da molto tempo non lo vede, riconosce Rüdiger margravio fra gli Unni. Sono accolti da Gunther con ogni onore alla sua corte.
Rüdiger fa la sua ambasciata e Gunther si dice subito favorevole a meno che la sorella non rifiuti. In tre giorni avrà la risposta.
Hagen avverte Gunther che il matrimonio nasconde un pericolo: la parentela con Attila che è re ambizioso. Ma Gunther sembra vedere solo la parte più conveniente di tale accordo. Giselher dice a Hagen che per lui dare questa gioia a Crimilde potrebbe essere il modo per scusarsi almeno un po' del male che le ha fatto.
Hagen sa bene come stanno le cose e ribadisce la sua contrarietà: Crimilde quando sarà regina degli Unii avrà moltissimi guerrieri e potrà compiere la sua vendetta. Gernot propone di non recarsi mai da Attila fino alla morte di entrambi gli sposi. Sembra che improvvisamente tutti facciano a gara per essere gentili con la sorella disgraziata, senza contare che sono stati loro a renderla in quello stato. Sorvoliamo, ma mica tanto, sul rapporto complesso che lega Crimilde alla sua famiglia: non sarà mai regina, è stata sempre sottomessa ai voleri dei fratelli, si sente parte di quel lignaggio ma in fondo lo odia.
Alla fine i tre fratelli decidono che sarà lei semmai a rifiutare Attila, forse pensano che Attila è meglio averlo come amico visto che ormai sa di loro. E poi, sposare le femmine di famiglia non serve a far alleanze per guadagno o difesa?
Gere si incarica di fare l'ambasciata a Crimilde, ed ella rifiuta, ci provano i fratelli ma lei è irremovibile. Dicono che almeno dovrà vedere i messi. Accetta perché sa della fama illustre di Rüdiger, se non fosse lui non vorrebbe vedere nessuno.
Rüdiger conferma che la proposta di Attila è seria, per un legame profondo e duraturo: lei sarà la nuova regina e solo lei. Inoltre solo un nuovo amore può lenire il dolore per la perdita dell'altro. Le dice che divenendo regina sarà sovrana su dodici regni e tutti i numerosi guerrieri e dame che servivano per Helche saranno suoi, così tutti i poteri che la defunta regina aveva. Anche gli altri Unni insistono che con i guerrieri e le dame e le fanciulle che furono di Helche avrà una splendida corte e la sua vita sarà bellissima. Crimilde li convoca per l'indomani per la risposta. Crimilde obbietta alfine, e non in modo superfluo perché ne va della legittimità delle nozze: io sono cristiana, dice, e lui pagano.
Qui ci sono i due temi che guideranno la vita di Crimilde: la brama del potere e la vendetta contro i suoi parenti. E le armi saranno i guerrieri di Helche e il fasto della corte di Attila.
Il giorno dopo Rüdiger si reca da Crimilde per la risposta. Crimilde dice che non sposerà Attila. Ma Rüdiger ha sfruttato il tempo di attesa per capire dove sta il bandolo della matassa e promette in segreto a Crimilde che la aiuterà contro chiunque l'ha offesa o la offenderà. Crimilde gli chiede un giuramento solenne.
Rüdiger giura di essere fedele a ogni suo comando e che i cavalieri del regno di Attila non le rifiuteranno nessun servigio. “ Questo Rüdiger giurò ” e anche queste si riveleranno parole fatali.
A questo punto Crimilde pensa che così potrà vendicare Sigfrido, ha la parola di un margravio di specchiata onestà.
Chiede a Rüdiger se Attila è battezzato, egli risponde che ha molti vassalli e guerrieri di fede cristiana e che proprio sposandolo lo potrà convincere a farsi battezzare. È fatta: c'è pure la motivazione pia.
Crimilde giura di fronte al re Gunther che sposerà il re degli Unni.
Cominciano i preparativi per la partenza di Crimilde che seguirà subito Rüdiger.
Hagen pretende che l'oro del Reno non parta con Crimilde, i fratelli vorrebbero impedirlo ma poi non lo fanno...
Rüdiger rassicura Crimilde che da Attila avrà tutto l'oro che vorrà, tanto da non poterlo donare tutto, poiché questo è il motivo addotto da Crimilde per avere il suo oro. Ma Crimilde informa Rüdiger che mai nessuna principessa ebbe tante ricchezze quante quelle che le ha lasciato Sigfrido. Gernot apre i forzieri e dà a Crimilde trentamila marchi che Gunther spartisce fra gli ospiti. Mossa azzeccata perché Rüdiger rifiuta l'oro del Reno per non fare la figura di quello che è venuto apposta. Rüdiger appare come un uomo avveduto e che sa sempre come comportarsi per non destare sospetti, insomma, come si dice, ' sa stare al mondo '.
Con i soldi di Crimilde tutte le dame e le fanciulle si preparano per un ingresso trionfale e Crimilde chiede chi dei guerrieri la seguirà. Il fedele Eckwart conferma il suo servigio insieme a suoi cinquecento uomini. Poi partono tutti lasciando il Reno.
AVVENTURA XXI
I parenti accompagno Crimilde fino al Danubio e poi si congedano. Proseguono nella Baviera fino a Passau (Passavia) dove si incrociano le acque dello Inn e del Danubio, agli attuali confini con l'Austria. Là vive il vescovo Pilgrim, zio di Crimilde che vorrebbe che gli ospiti si fermassero, ma Eckwart rifiuta a motivo che devono al più presto ricongiungersi con Rüdiger. Questi infatti si sta portando alle rive dell'Enns per andar loro incontro, quindi in Austria vicino a Linz. Si svolgono i tradizionali tornei di benvenuto. Poi Crimilde rivede Rüdiger e conosce la moglie Gotlind.
Da queste parti dovrebbe essere il castello di Bechlar ossia il dominio di Rüdiger, che però non sono riuscito a localizzare, potrebbe essere Pöchlarn lungo il Danubio. Di sicuro è sul Danubio perché la figlia di Rüdiger conosce Crimilde e le sue fanciulle e insieme si affacciano alle finestre tutte a mirare il fiume. Anche qui Crimilde con la poca ricchezza che ha potuto portare via dal Reno fa bei doni rendendosi amiche e devote molte persone. Anche Gotlind fa regalie ai guerrieri che giungono dal Reno. Qui avviene un fatto importante e molto gentile. La figlia di Rüdiger, di cui non si dice mai il nome, chiede se può seguire Crimilde unendosi al suo seguito di fanciulle che sono da lei educate.
Il poema però fa confusione perché non si capisce se la figlia di Rüdiger parte col padre che scorta Crimilde o no.
A Mautern, non troppo distante da Vienna, lo zio Pilgrim si accomiata dalla nipote, avendola accompagnata per un bel pezzo in verità, anche se lungo il bel Danubio blu. A Traisenmauer, odierna Traismauer sul fiume Treisen c'è il primo castello di Attila. Alla sua corte venivano i migliori guerrieri di ogni parte e in ogni momento dell'anno e, “ cosa assai rara, cristiani e pagani vivevano in accordo ”.
XXII AVVENTURA
A Traisenmauer arriva Attila con guerrieri dalla Russia, Grecia, Polonia, Valacchia, Ucraina, dalla Danimarca e dalla Turingia ciascuno esibendosi nelle bravure di equitazione del loro paese in onore della nuova regina. In ultimo arriva Blödel, il fratello di Attila, con gli Unni e infine Attila stesso accompagnato da Teodorico. Questo avviene a Tulna che si trova a pochi chilometri a nord ovest di Vienna.
Crimilde viene fatta smontare dal cavallo e Attila scende di sella per andarle incontro. Rüdiger ammonisce Crimilde di salutare col bacio solo chi lui le indicherà: primo Attila, e qui Crimilde, svelandosi, mostra il bellissimo viso, poi Blödel, dunque re Ribek, che non si sa chi sia, e da ultimo Teodorico, poi altri guerrieri: dodici in tutto. Agli altri spartisce un saluto semplice.
Nella giostra seguente si dice che i guerrieri di Teodorico scagliavano le lance sopra gli scudi.
Attila e Crimilde tenendosi per mano raggiungono i padiglioni. Il giorno finisce e l'indomani le giostre ricominciano.
Il corteo lascia Tulna e si dirige a Vienna dove comincia la festa di nozze. Il matrimonio ha luogo a Pentecoste. Alla sera, quando Attila e Crimilde hanno la loro prima notte di nozze, Crimilde pensa che col suo primo marito non aveva così tanti guerrieri ai suoi comandi. Che cosa romantica!
La festa si protrae per diciassette giorni, nei quali è ribadito che Crimilde pensava che con Sigfrido non aveva sì tanti guerrieri. Tutti fanno a gara nel fare e ricevere regali. Crimilde è incoronata e al diciottesimo giorno partono per la terra degli Unni. Più o meno a Bratislava si imbarcano sulle navi e raggiungono Etzelnburg ('La città di Attila', Etzel) che si trovava a Obuda nei sobborghi di Budapest. Crimilde riceve le fanciulle sotto la formazione di Helche fra cui ci sono ben sette figlie di re. La corte è governata dalla nipote di Helche che si chiama Herrat, promessa sposa di Teodorico. Il regno di Crimilde fu grande e fastoso più di quello di Helche.
XXIII AVVENTURA
Se la cesura fra la prima e la seconda parte del poema è all'avventura XX, è in questa che la trama cambia in modo definitivo.
Crimilde e Attila vivono felicemente il loro matrimonio e dopo sette anni nasce loro un figlio che, per insistenza della regina, è battezzato e nomato Ortlieb. Quando nasce il figlio vi è grande gioia ovunque nell'impero di Attila. Le cose vanno benissimo fino al tredicesimo anno di matrimonio. L'ultimo della vita di Crimilde. Sicura del potere incontrastato che è riuscita a costruirsi in quei tredici anni, ricomincia a pensare ai torti e alle offese che ebbe a sopportare a Worms. E medita la vendetta contro Hagen e Gunther che oltre ad averle ucciso Sigfrido la spinsero a un matrimonio con un re non cristiano.
Qui va detto che il poeta, nel tentativo di giustificare questo improvviso ritorno di fiamma di Crimilde, suppone che fu il Maligno a metterle in testa di rompere la pace con Gunther, ma la spiegazione mal si adatta alla considerazione sul non aver sposato un cristiano, cosa di cui il Maligno dovrebbe invece essere contento. Ma forse sto sofisticando troppo.
Crimilde risolve dicendo che se i suoi venissero a trovarla potrebbe in un sol colpo rivedere chi ha caro dei suoi (a esempio Giselher) e allo stesso tempo vendicarsi di Hagen.
È un genio del male questa donna! In pratica ha in mente l'annessione dei Burgundi nei domini di Attila, che quasi sicuramente la farà regina dei Burgundi, com'è la sua ambizione, e rimettere le mani sull'oro del Reno.
Una notte, mentre giace con Attila, gli chiede di darle una prova di quanto lui ami i suoi parenti. Alla risposta positiva del re Crimilde propone di invitarli a corte. Attila eccepisce che sono troppo lontani altrimenti li inviterebbe senza dubbio. Crimilde insiste e Attila fa subito convocare gli ambasciatori, Wärbel e Schwämmel, che porteranno l'invito ai Burgundi di partecipare alla festa del solstizio. Essi sono, non so perché, due musicisti.
Crimilde parla in segreto coi due ambasciatori, Dice loro che guadagneranno molto oro se faranno e diranno quello che lei vorrà. Gli ordina di dire ai suoi parenti che la vedono sempre molto triste, che gli Unni credono che non abbia nobili parenti. A Gernot devono dire che nessuno al mondo gli è più devota di lei e di portare tutti i migliori perché il fatto giovi al loro onore. A Giselher devono dire che la sorella non lo accusa di nulla di ciò che avvenne nel passato e lo vorrebbe con sé per la sua grande lealtà. Alla madre devono dire che convinca Hagen di Tronje a guidare, poiché sa la strada ed è esperto viaggiatore nelle terre degli Unni.
Per ognuno c'è la frase giusta, soprattutto va notato che a Giselher, il cadetto, offre addirittura una possibilità nella corte di Attila e affida alla madre Ute il compito di obbligare Hagen a partire per la sua necessità di far da guida agli altri, per i suoi passati meriti e la sua ineguagliabile esperienza.
AVVENTURA XXIV
Gli ambasciatori si fermano nel loro viaggio al castello di Bechlar da Rüdiger che da loro l'incarico di portare la sua devozione per i re dei Burgundi. Aggiungono che augurano a Brunilde salute e le offrono i loro servigi: è una delle ultime volta che si parla di Brunilde che non avrà nessun ruolo nella vicenda che sta per cominciare. Incontrano il vescovo Pilgrim che lasciano e in dodici giorni giungono a Worms. Il viaggio non era poi così lungo alla fine.
Hagen riconosce i musici di Attila e immagina ci siano delle novità da parte di Crimilde. È lo stesso Hagen, memore dei suoi trascorsi di amicizia con Attila, che li accoglie con affetto. Dopo i normali convenevoli gli ambasciatori rivelano l'invito di Attila e la volontà della sorella di rivederli. Gunther si prende sette notti per decidere. I messi vanno dalla regina madre Ute cui riferiscono lo scopo del loro viaggio. Ute non ritiene possibile, per la sua età e la lunghezza del viaggio di recarsi dalla figlia, ma prega i messi di tornare da lei prima di partire.
Gunther raduna la sua gente e tutti sono favorevoli al viaggio, tranne Hagen. In privato ricorda al re cosa hanno fatto a Crimilde e che di lei devono sempre avere paura.
In effetti il matrimonio era stata una buona mossa per levarsela di torno.
Gunther risponde a Hagen che ormai hanno fatto pace e che semmai l'odio è solo rivolto a lui. Hagen dichiara che lo scopo di Crimilde è la vendetta che ha atteso pazientemente per tutti questi anni. Gernot ritiene tuttavia un'offesa rispondere di no a Crimilde, ma anche a Attila. Giselher risponde a Hagen che se si ritiene in colpa può sempre restare sul Reno al sicuro e lasciare andare quelli che non hanno paura.
Hagen va su tutte le furie: nessuno dirà che non ha avuto il coraggio di andare da Attila e da Crimilde.
Da questo momento per Hagen non resta nessuna alternativa: o passa per codardo o deve andare incontro al suo destino. Anche il poema ruota intorno a uno scontro fatale in cui, da un certo punto, non sarà più necessario trovare delle spiegazioni razionali, poiché è già tutto stabilito. L'unica cosa che possiamo dire è un sospetto che le parole di Giselher siano state suggerite, mediante gli ambasciatori, da Crimilde stessa.
A sostegno di Hagen interviene il mastro di cucina Rumold che esorta i re burgundi a non rischiare la bella vita che conducono sul Reno per andare alla ventura nei reami di Attila. Nel codice C questo consiglio è enfatizzato e Rumold decide che non partirà perché Crimilde sta ordendo un tranello e lui fin che potrà vorrà rimanere vivo e godersi la vita. A lui si unisce Ortwin e a loro danno ragione molti altri, circostanza che fa infuriare Gunther che decide di partire con chi vorrà. Forse il codice C vuole introdurre con più forza fin d'ora il dispiegarsi del fato che è diverso per ognuno.
Hagen consiglia, se decideranno di partire, che vadano ben armati e muniti di guerrieri, lui stesso ne sceglierà mille fra i migliori. Gunther segue il consiglio e raduna tremila soldati.
Vi è appena da notare che presentarsi a una festa con quattromila e più guerrieri non dispone bene...
A questo punto appare un personaggio, solo nominato di passata prima, che avrà molta attenzione nel prosieguo: si unisce alla spedizione coi suoi uomini Volker detto il musico perché suonava la viola. Lui e Hagen saranno i più strenui difensori dei Burgundi.
I messi chiedono con insistenza di partire: Attila non ama aspettare. Ma Hagen consiglia, anche qui saggiamente, di non permettere loro di partire se non appena una settimana prima che i Burgundi siano pronti ed equipaggiati, per evitare che Crimilde abbia il tempo di preparargli qualche bella sorpresa.
Qui non può non venire in mente, ancora, la scena del “ Padrino II ” (di Francis Ford Coppola) quando Michael Corleone va a trovare a casa, senza preavviso, il 'pentito' Frank Pentangeli che, quando lo vede rincasando, gli dice: “ Mike, se mi dicevi che saresti venuto ti avrei preparato una bella sorpresa! ”. E Michael risponde “ Perciò non te l'ho detto ”.
Quando sono pronti Gernot convoca gli ambasciatori e dichiara che parteciperanno alla festa di Attila e rivedranno la sorella.
I messi vorrebbero omaggiare la regina Brunilde, ma Volker si oppone alla visita in quel momento e che poi non avverrà più, il poeta dice che Brunilde fu grata a Volker del suo intervento.
Si può interpretare questa circostanza o pensando che Brunilde non voglia avere niente a che fare con nessuno che sia in rapporto con Crimilde o che possa aver intuito tutto. Ma appunto di Brunilde non si parlerà più.
I messi partono scortati da Gernot fino alla Svevia, poi proseguono da soli avvisando il vescovo Pilgrim e Rüdiger.
Quando Attila sa della venuta dei burgundi è sinceramente felice, Crimilde chiede ai suonatori di riferire ogni dettaglio: chi verrà e cosa disse Hagen. I messi riferiscono che Hagen ha preso l'invito come una condanna a morte. Aggiungono che verrà anche Volker. Crimilde commenta che di vedere Volker gliene importa un fico secco, ma che anela di vedere Hagen al quale porta affetto...
Attila commenta, alla richiesta di Crimilde che gli chiede se sia contento, “ Il tuo volere è la mia gioia ”.
AVVENTURA XXV
Ute avvisa i figli di non partire: la notte ha sognato che tutti gli uccelli erano morti nella loro terra. Hagen risponde che chi si fida dei sogni non saprà mai affrontare le cose reali, in ballo c'è l'onore e bisogna partire. Rumold cerca ancora di impedire la partenza, ma invano, e riceve il compito di tenere il regno in assenza dei re.
In effetti che partano tutti i figli appare una sventatezza che non è reale se non con il progressivo affermarsi del corso fatale delle cose. I codice C precisa che il regno fu lasciato a molti vassalli, forse per non dire che era affidato al mastro di cucina, che peraltro era una carica di prestigio, non era il capocuoco per capirsi. Sempre il codice C aggiunge un ultimo disperato tentativo di Brunilde di evitare la partenza.
Viene precisato che i cavalieri di Gunther erano milleseicento e che mille Nibelunghi partirono con loro. I Nibelunghi partono dalla loro patria e non si capisce perché. L'unico motivo potrebbe essere che i Nibelunghi, avendo saputo dell'invito di Crimilde, decidono di loro sponte di andare a trovare la loro regina, ma è mia supposizione. Oltretutto non si capisce perché i Nibelunghi non abbiano seguito Crimilde nel suo nuovo regno.
Capo spedizione è Hagen, conoscitore delle strade, marescalco era Dankwart suo fratello. Vanno dapprima in Franconia, sul Meno, e dopo dodici giorni arrivano al Danubio
Dalla stanza 1506: “ Cavalcava innanzi a tutti Hagen di Tronje. / Era la guida e lo scudo dei prodi Nibelunghi. ” comincia la confusione fra Nibelunghi e Burgundi, confermata alla stanza successiva.
L'acqua del Danubio è straripata e Gunther ordina a Hagen di trovare un modo di passare il fiume. Hagen dice di fermarsi lì e lui andrà in cerca di un traghettatore che li porti dall'altra parte del fiume, nella terra di Gelfrat.
Mentre cerca, sente un fruscio sulle acque: sono le Ondine che si bagnano per rinfrescarsi. Hagen si avvicina di soppiatto, ma loro se ne accorgono e fuggono. Ma lasciano i loro abiti sulla riva, che Hagen raccoglie.
Una di loro, di nome Hadeburg, propone a Hagen di svelargli l'esito del viaggio se restituirà le vesti. Appaiono come cigni davanti al guerriero e Hadeburg gli dice di viaggiare tranquilli che non accadrà nulla di male. Hagen si rallegra e torna loro gli abiti ma, una volta rivestite, un'altra Ondina, Sieglind, rivela il futuro: se andranno tra gli Unni saranno traditi, sono stati invitati per essere messi a morte. Hagen vuole sapere di più e un'altra Ondina precisa che moriranno tutti tranne il cappellano, lui solo si salverà. Hagen sulle prime rifiuta il responso e chiede se possono invece indicare un traghettatore. Ce n'è uno solo, più sopra lungo il fiume. Un'altra dice che il signore di quella terra si chiama Else ed è fratello di Gelfrat che è un re della Baviera. Gli raccomandano di dare un buon compenso al barcaiolo di Else e di trattarlo con rispetto se non vogliono che gli arrechi guai. Infine l'Ondina suggerisce di farsi passare per un certo Amelrich, un nobile guerriero che lasciò molti anni fa quelle terre.
Se sono in Baviera e sono sul Danubio potrebbero essere vicino a Passau.
Hagen giunge nei pressi della capanna del barcaiolo, lo chiama ma l'altro finge di non sentire, solo al nome di Amelrich e all'offerta di un bracciale d'oro il traghettatore si muove.
Va detto che i bracciali d'oro erano usati come moneta e che nel poema l'oro è sempre definito 'rosso'.
Il barcaiolo, avvicinandosi, non riconosce Amelrich, che è suo fratello, e fa per tornare indietro, ma Hagen gli rivela il suo compito verso i guerrieri e promette tutte le sue ricchezze.
Il barcaiolo risponde che non li traghetterà, non porterà guerrieri sconosciuti nelle terre del suo signore. Per dare più forza ai suoi argomenti colpisce Hagen prima con un remo poi con una mazza. Hagen impugna la sua spada egli mozza il capo che cade nel fiume. Hagen stesso a forza di remi arriva dove si sono fermati Gunther e gli altri. Alla vista del sangue chiedono a Hagen, ma egli mente, dice di aver trovato la barca legata a un albero e, così com'era, l'ha presa. E si offre lui stesso come traghettatore. Tolgono i finimenti ai cavalli e li fanno guadare, poi caricano le salmerie sulla barca e con molti viaggi Hagen li porta sull'altra sponda.
All'ultimo viaggio sale il cappellano coi suoi arredi sacri. Hagen lo butta in acqua e lo spinge verso il fondo. Giselher, Gernot e poi tutti protestano contro la condotta di Hagen, ma egli non desiste. Disperato il cappellano, sebbene non sapesse nuotare, si lancia verso la riva di partenza, in qualche modo riesce a salire e a salvarsi e fugge tornando indietro da dove sono venuti. Hagen guarda i suoi compagni e commenta “ Questi guerrieri devon tutti morire ”: le Ondine hanno detto il vero, l'unico che si salverà è il cappellano.
Poi Hagen distrugge la barca, fra la sorpresa generale. Dankwart chiede al fratello perché ha fatto una cosa del genere: la barca serviva per il ritorno. Hagen risponde che lo ha fatto per evitare che qualche vigliacco voglia tornare indietro per paura.
Hagen ormai è risoluto ad andare incontro al suo destino, al destino di tutti i Burgundi, quale esso sia.
Hagen rivela a tutti ciò che ha saputo dalle Ondine: “ non torneremo mai più nella terra burgunda ”. Spiega perché ha cercato di affogare il cappellano. Esorta tutti ad armarsi ed essere consapevoli ché vanno verso molti e temibili nemici.
Per intanto devono stare in guardia perché lui ha ucciso il barcaiolo di Else e lui e il il fratello cercheranno di vendicarlo. Nelle terre di Gelfrat li guiderà Volker.
Quando i due fratelli li raggiungono per vendicarsi, Hagen spiega loro come sono stati i fatti ma Gelfrat non desiste dai suoi propositi di vendetta. Si scontrano in singolar tenzone Hagen e Gelfrat. Gelfrat disarciona Hagen e lo mette in grave difficoltà nel successivo scontro alla spada a piedi, egli chiede aiuto al fratello che uccide Gelfrat. Else vorrebbe vendicarlo e si accende la mischia in cui i Bavaresi hanno la peggio. La battaglia si svolge di notte e tutta l'armata burgunda cavalca fino a giorno per allontanarsi dai nemici.
Arrivano a Passau e il vescovo Pilgrim accoglie benevolmente i tre nipoti che si possono riposare e rifocillare.
Dirigendosi verso il castello di Rüdiger, Hagen trova un guerriero addormentato, che si chiama Eckwart, cui invola la spada. Egli si lamenta di aver così malservito Rüdiger. Hagen mosso da compassione gli restituisce la spada e gli dona sei anelli d'oro. Eckwart lo ringrazia ma lo avvisa che avendo ucciso Sigfrido, avranno tutti gli Unni contro di loro. Hagen chiede dove possono trovare un ospite per la notte e Eckwart li indirizza proprio da Rüdiger. Gunther lo ringrazia e gli chiede di farsi da messaggero, cosa che Eckwart fa di buon grado.
Ora qui c'è un mistero. Eckwart aveva seguito Crimilde, sempre, in ogni circostanza. Adesso ce lo ritroviamo qui come uomo al servizio di Rüdiger, per di più da solo a controllare i confini e addormentato. E non può essere un omonimo perché dopo il furto della spada egli si lamenta: “ Da quando persi Sigfrido non ho più gioia al mondo ” e quando Rüdiger lo vede avvicinarsi lo definisce lo scudiero di Crimilde. Però non si è mai detto prima che Eckwart passasse dal seguito di Crimilde a quello di Rüdiger. A meno che Crimilde incaricasse Eckwart di fare da vedetta, naturalmente col consenso, senza sospetti, di Rüdiger. Però rimane strano che quando si incontra coi Burgundi sembrano non conoscersi.
In ogni caso Rüdiger è avvisato e dispone tutto per accogliere e ospitare i Burgundi.
AVVENTURA XXVII
Rüdiger avverte subito la moglie e la figlia che si fanno immediatamente belle per accogliere degnamente gli ospiti. Rüdiger cavalca incontro ai Burgundi e saluta con particolare affetto Hagen e Volker. Garantisce riposo e tutela dei beni.
La margravia e la figlia salutano col bacio i tre re, ma quando la figlia deve baciare Hagen lo trova così pauroso da ritrarsi, ma i genitori la convincono ed ella lo fa alternando rossore e pallore. La giovane margravia è più a suo agio quando prende per mano e accompagna il giovane Giselher. Dopo la cena, Volker si complimenta con Rüdiger per la bellezza della moglie e della figlia e butta là che se fosse principe vorrebbe come principessa la bellissima giovane margravia. Rüdiger si schermisce e dice che loro lì sono esuli (da dove non è detto). E a che può valere la bellezza della figlia? Questa frase manca in A. Gernot dà invece ragione a Volker e Hagen si spinge oltre: Giselher ha l'età per prendere moglie e la figlia di Rüdiger è così bella e di nobile lignaggio che la servirebbero volentieri tutti i Burgundi. La cosa è fatta, si stabilisce che Giselher sposerà la figlia del margravio. La chiamano e le chiedono se acconsente a un tale matrimonio, lei dice di sì arrossendo e Gunther giura che si farà e specifica l'elenco dei castelli che spettano alla giovane margravia come regina, sposa del fratello. Gernot dà il suo giuramento e la sua adesione al fidanzamento. Rüdiger dice che pur non possedendo castelli darà moltissimo oro e giura la sua fedeltà. Quando i Burgundi saranno di ritorno dalla festa di Attila, la figlia li seguirà per il matrimonio.
C'è l'incongruenza, che non ha senso, che Hagen secondi Volker nella proposta di matrimonio fra Giselher e la bella innominata figlia di Rüdiger se sa che moriranno tutti. Forse cerca disperatamente un alleato che si schieri contro Attila. Ma non succederà sia per al lealtà di Rüdiger sia per intervento di Crimilde. Ma è un momento di dolcezza del poema e poi questo matrimonio, purtroppo, non s'aveva da fare per destino.
Con insistenza Rüdiger li convince a essere suoi ospiti per quattro giorni, ma dopo devono partire.
Fra i doni c'è una bellissima spada che la margravia Gotlind dona a Gernot che proprio con quella spada ucciderà Rüdiger. Quando la margravia chiede a Hagen quale dono volesse, perché ciascuno avesse il suo, Hagen indica uno scudo appeso alla parete appartenuto a un certo Nudung ucciso in battaglia, la margravia lo dona volentieri a Hagen commuovendosi al ricordo di Nudung, ma non è detto e nemmeno è chiaro agli studiosi che tipo di rapporto intercorresse fra Gotlind e Nudung. Può essere che Hagen sappia la storia perché, scegliendo lo scudo, dice che lo porterebbe volentieri nel regno di Attila. Era una storia data per risaputa e dunque non meglio specificata perché inutile alla trama, se non per sottolineare la dolcezza e la cortesia di Gotlind. Ci sono anche belle donne, buone di cuore e squisite di carattere in questo romanzo.
Volker si porta vicino a Gotlind con la sua viola e le dedica le sue canzoni e i dolci motivi: finalmente un tedesco romantico! Gotlind commossa gli dona dodici bracciali e glieli mette personalmente al braccio come pegno d'amor cortese.
Rüdiger parte da Bechlar anch'egli abbracciando teneramente la moglie e Giselher fa altrettanto con la fidanzata: “ Chiusero tra le braccia le loro splendide donne ”.
Cavalcano lungo il Danubio e un messo va ad avvisare Attila del loro arrivo.
Qui si dice che veniva annunciato che i Burgundi e i Nibelunghi stavano arrivando nelle terre di Attila.
Crimilde attende guardando dalle finestre delle mura, quando li vede esclama “ O me veramente felice! … chi aspira al mio oro ricordi la mia sventura, e gli sarò grata fino alla morte ”.
AVVENTURA XXVIII
Ildebrando da Verona, maestro d'armi di Teodorico, informa il suo re dell'arrivo dei Burgundi. Teodorico è dispiaciuto perché prevede i problemi che ci saranno, ma dà ordine a un suo ufficiale, Wolfhart, di andare loro incontro. Hagen li riconosce: sono gli Amelunghi e li guida Teodorico in persona. Quando giungono presso i Burgundi Teodorico dà il benvenuto ma avvisa che Crimilde piange ancora Sigfrido e aggiunge che finché vive Crimilde può portare sventura. Dice a Gunther di stare in guardia e lo chiama ' scudo dei Nibelunghi '.
La cosa è assai strana visto il coinvolgimento di Gunther nella morte di Sigfrido che poco sopra era stato chiamato ' eroe dei Nibelunghi '.
Hagen consiglia Gunther di chiedere a Teodorico di essere più esplicito sulla volontà di Crimilde. Teodorico aggiunge di sentire ogni mattina i lamenti di Crimilde per la morte di Sigfrido. Volker afferma che se allora tutto è stabilito l'unica cosa da fare è andare dagli Unni e vedere come li tratteranno.
Quando arrivano, molti Unni vogliono vedere chi è Hagen perché si diceva che avesse ucciso Sigfrido del Niederland. A corte se ne parlava.
Hagen è descritto, ed è l'unico di cui si dia una definizione fisica specifica, come molto alto, di ampio torace e coi capelli brizzolati, aveva gambe lunghe e sguardo terribile e avanzava solenne. Crimilde fa alloggiare Gunther e il suo seguito separati dal resto della comitiva che è affidato al marescalco Dankwart. Qui di nuovo sono chiamati solo Burgundi.
Crimilde va a salutare i fratelli: bacia il solo Giselher e lo prende per mano. Hagen si stringe l'elmo più stretto, come se già prefigurasse la battaglia, e commenta: “ Si accolgono diversamente i re e i vassalli. Non sarà felice il viaggio che abbiamo fatto in questa corte ”.
Crimilde, avvedendosi del gesto di Hagen, lo apostrofa: “ Siate il benvenuto per chi vi vede volentieri. Per la vostra amicizia non vi porgo alcun saluto. Ditemi, che mi portate da Worms sopra il Reno per cui dobbiate essere per me benvenuto? ”.
Hagen risponde che non ci ha pensato di portarle dei doni. Crimilde ribatte che doveva portarle l'oro del Reno. Hagen dice che è molto tempo che non ne sa nulla: ricevette l'ordine di seppellirlo nel Reno e lì resterà in eterno. Crimilde lo irride dicendo che una risposta del genere se l'aspettava, benché l'oro sia suo di diritto.
Hagen perde le staffe e dice che le ha portato in dono il 'demonio' (in tedesco antico tiuvel) parola che si poteva usare anche come un 'bel niente', fa notare la Traduttrice. Hagen aggiunge che ha già tanto peso dalle armi che porta.
Crimilde non si scompone e dice che nella sua reggia non si portano armi, di consegnarle che le farà ben custodire. Hagen rifiuta. Crimilde chiede chi sia mai che li ha messi in sospetto ché lo manderebbe a morte, al che Teodorico si infuria: è stato lui a metterli in guardia e lei non gliela farà pagare, e la chiama demonio.
Crimilde di fronte al gran re Teodorico si umilia e se ne va senza parlare, ma con sguardi di odio.
Teodorico e Hagen si stringono la mano e Teodorico gli conferma che è molto preoccupato che siano venuti fra gli Unni.
Attila vede la scena di lontano e quando sente dire da un vassallo di Crimilde che Hagen è un guerriero molto feroce rimane stupito: ha conosciuto suo padre Aldriano che era un suo vassallo e godeva della protezione della regina Helche. Hagen fu suo ostaggio, insieme a Walther di Spagna, quando erano giovinetti: con lui divennero guerrieri e lui stesso lasciò libero Hagen. Ora riconosce solo il suo fedele, vecchio amico Hagen di Tronje.
AVVENTURA XXIX
Hagen e Volker vanno ad appostarsi davanti alla sala di Crimilde. Lei si turba e, alla richiesta dei suoi uomini sul motivo dell'atteggiamento dei due burgundi, accusa Hagen e aggiunge “ Vendicatemi di Hagen, e che paghi con la vita ”. Sessanta guerrieri vorrebbero eseguire subito la sentenza ma Crimilde li ferma: sono troppo pochi per vincere Hagen e Volker. Altri guerrieri si fanno avanti, ora sono quattrocento. Crimilde dice di aspettare, andrà incontro ai suoi nemici e renderà palese l'accusa. Volker li vede e mette in guardia Hagen. Questi risponde che di sicuro sono adirati con lui ma non gli impediranno di tornare in terra burgunda e chiede a Volker se gli sarà accanto ed egli garantisce.
Qui Hagen, che dovrebbe sapere l'esito disperato del viaggio, sembra voler sfidare il destino.
Volker suggerisce di alzarsi per rispetto della regina ma Hagen rifiuta: “ Perché dovrei onorare chi mi porta odio? Non lo farò mai, finché sarò vivo. E non m'importa nulla che mi odi la moglie di Attila ”. E si pone sulle ginocchia Balmung, la spada appartenuta a Sigfrido, Crimilde la riconosce perché porta sull'elsa un diaspro verde.
Una volta arrivata davanti ai due apostrofa Hagen: chi l'ha invitato, con che coraggio viene in quella terra sapendo il male che le ha fatto? Poi l'accusa, davanti ai suoi uomini, di avere ucciso Sigfrido.
La risposta di Hagen: “Io sono quel Hagen che ha ucciso Sigfrido, con le sue stesse mani. Così pagò l'ingiuria che che la regina Crimilde disse alla bella Brunilde! ”.
Crimilde fa notare ai suoi guerrieri che egli non nega e che da quel momento gli è del tutto indifferente ciò che gli accadrà.
Di fronte al coraggio e al portamento fiero di Hagen e Volker, i soldati di Crimilde hanno dei dubbi. Uno dice che in gioventù vide Hagen brillare in ventidue battaglie, quando era insieme a Walther di Spagna a servizio di Attila, e possiede Balmung, la spada che un tempo impugnava l'eroe Sigfrido e ora è sua. I guerrieri si ritirano lasciando stupita e offesa Crimilde.
Volker suggerisce di tornare dai loro re per approfittare della reazione psicologica che hanno appena ottenuto sui guerrieri di Crimilde.
Intanto gli ospiti sono condotti da Attila che quando li vede li saluta con cordialità, i re e i due guerrieri. Poi li accompagna al banchetto in loro onore.
In questa avventura comincia lo scontro che apparirà fino alla fine come un vortice nel quale tutti sono attratti. Una battaglia incubo dalla quale nessuno è risparmiato.
Ricorda quando nel Mahabharata, nella guerra di Kurukshetra, prima dell'inizio della battaglia, Arjuna chiede a Krishna di spiegargli il senso di quello scontro dove riconosce parenti e amici in entrambe le schiere. Poi chiede a Krishna di mostrargli la sua forma universale. In essa vede i guerrieri gettarsi a migliaia nelle fauci ed essere maciullati, in un vortice di umana follia, ma in un atto che è necessario fare. Questa parte è universalmente conosciuta come Bhagavadgita ed è un testo di grande importanza per il devozionalismo vishnuita.
Dopo il banchetto, Gunther chiede a Attila di potersi ritirare per riposarsi del viaggio. Quando fanno per uscire hanno la strada sbarrata dai guerrieri di Crimilde, ma Volker, minacciandoli con la sua spada (che viene chiamata archetto, non meglio specificato, facendo riferimento alla viola, forse è una specie di scimitarra) li convince a desistere ogni ostilità. Hagen dice agli oppositori che Volker ha parlato saggiamente: lascino perdere e vadano anche loro a riposarsi.
I Burgundi sono condotti in una grande sala, ma ormai hanno capito l'aria che tira. Hagen cerca di tranquillizzarli dicendo che farà la guardia per tutta la notte. Si veste della sua armatura e Volker gli chiede di essere al suo fianco nella protezione dei loro compagni. Armati di spada e scudo si pongono all'ingresso della sala. Volker rientra e comincia a suonare la sua viola per consolare i compagni. Diminuisce il suono finché tutti prendono sonno, poi esce a far compagnia a Hagen.
Verso mezzanotte sentono avvicinarsi dei soldati, Hagen dice di lasciarli venire e coglierli di sorpresa. Uno degli Unni vede che i due guerrieri fanno la guardia alla porta e gli assalitori rinunciano. Volker vorrebbe inseguirli ma Hagen fa notare che in quel caso lui sarebbe costretto a seguirlo e basterebbero pochi nemici che riuscissero a entrare nella sala per massacrare nel sonno tutti i loro compagni. Allora Volker grida agli assalitori “ Andate a compiere rapine, o guerrieri di Crimilde? ”.
Crimilde viene a sapere del fallimento e medita una nuova strategia.
AVVENTURA XXXI
Volker dice: “ La mia corazza diventa fredda … l'aria fresca mi dice che sarà giorno tra poco ”. Una bella e poetica notazione realistica visto che siamo al solstizio d'estate quando il calore comincia a scemare davvero poco prima dell'alba.
Quando spunta il giorno, Hagen va a svegliare i suoi fra le campane che suonano per la messa. E avvisa di non portare fiori nelle mani ma armi, non cappelli decorati ma elmi duri, non vesti di seta ma corazze, al posto dei mantelli scudi robusti, ormai sanno le intenzioni di Crimilde. Se qualcuno ha dei peccati da confessare lo faccia perché quella che comincia sarà l'ultima messa per loro.
Quando Attila vede i Burgundi armati teme che qualcuno li abbia offesi e promette la riparazione, ma Hagen risponde che è loro costume stare in armi i primi tre giorni della festa e non gli svela ovviamente ciò che sa di Crimilde.
L'Autore fa notare che se Attila avesse saputo come stavano le cose avrebbe impedito ciò che poi sarebbe successo, l'orgoglio obbliga entrambe le parti, i Burgundi e Crimilde, a celare tutto a Attila: è una questione da risolvere in famiglia.
Neppure quando arriva la regina col suo seguito di guerrieri e fanciulle, Hagen e Volker si allontanano dalla porta: vogliono avere le spalle coperte in caso di battaglia.
Attila e la regina si siedono a una finestra per vedere le giostre dei cavalieri. E qui improvvisamente ricompaiono i Nibelunghi ma subito dopo si dice che i Burgundi presero a giostrare mostrando la loro bravura. Alla giostra partecipano anche i guerrieri di Teodorico, che però vieta loro di battersi con gli uomini di Gunther.
I guerrieri di Teodorico vengono da Verona. È forse un modo, quello di rendere presente Teodorico, che è del secolo successivo, per far rientrare l'elemento romano che è presente nella vicenda storica.
Dopo Teodorico arrivano gli uomini di Rüdiger che però li invita a non combattere con i Burgundi.
Poi giungono quelli di Turingia e di Danimarca, il fratello di Attila Blödel. Ultimi arrivano gli Unni.
Sono dati anche i numeri dei guerrieri, è una specie di 'catalogo delle navi' per riassumere le forze che poi si distruggeranno in quella guerra assurda ma fatale.
Hagen e Volker non resistono e entrano nel torneo proprio contro gli Unni e Volker fa l'errore di ucciderne uno solo perché si pavoneggiava come un damerino. Gli Unni si infuriano e vogliono compiere la vendetta perché Volker ha in qualche modo leso l'onore di una giostra che appartiene a una festa.
Dico di volata che per giostra si intende lo scontro fra due cavalieri e per torneo uno scontro fra gruppi di cavalieri, e a volte anche fanti, che simula una battaglia. Io li uso senza distinzione perché sono tecnicismi medievali, cioè molto posteriori ai fatti narrati, e per non essere ripetitivo. Anche l'Autore fa così. Bisogna immaginarsi un torneo in cui possono esserci casi di giostra come l'episodio drammatico di Volker.
Sta per scoppiare la zuffa fra Burgundi e Unni, quando interviene Attila che ferma i suoi per non mancare ai doveri di ospitalità nei confronti dei Burgundi e attribuisce la morte dell'Unno damerino a una circostanza sfortunata.
Molti critici vedono nel comportamento di Attila una sorta di inebetita incomprensione di quanto sta avvenendo, ma c'è, almeno fin qui, una logica: egli non sa le intenzioni della moglie e pensa che lei ne soffrirebbe se ai suoi parenti capitasse qualcosa di male. Piuttosto appare per lo meno azzardato il comportamento di Hagen e Volker, e poi di tutti gli altri Burgundi, che danno il destro agli Unni di rendersi ostili con loro. Va inteso, credo, come un 'va bene, ormai si sa che si concluderà così, quindi tanto vale farla finita subito'. E poi è una vicenda fatale, non va mai dimenticato, dove il destino si appropria degli uomini.
E qui c'è un altro momento di incertezza interpretativa. Crimilde va da Ildebrando di Verona e gli chiede consiglio e aiuto. Egli risponde che non combatterà mai coi Nibelunghi e che non gli importa di nessun oro. Poi la nostra eroina va da Teodorico che nega anch'egli, anzi la rimprovera dicendo che le sue intenzioni non sono degne del suo ruolo e afferma infine: “ Sigfrido resta invendicato per mano di Teodorico ”.
Si può intendere che Crimilde vada a sondare i due offrendogli l'oro dei Nibelunghi e per questo Ildebrando dice Nibelunghi. Il codice C cerca di spiegare in tale senso questa circostanza.
Crimilde va da Blödel promettendogli una marca conquistata da Dankwart e una fanciulla, moglie del precedente signore di quella terra. All'inizio Blödel non vorrebbe contraddire Attila ma poi le allettanti promesse lo inducono ad accettare.
Dà ordine ai suoi guerrieri di armarsi e promette alla regina che farà la vendetta su Hagen. Il piano è di assalirli di sorpresa nei loro alloggiamenti.
Crimilde raggiunge i festeggianti a tavola portando con sé il figlio avuto da Attila, Ortlieb. Attila lo mostra ai suoi ospiti e propone che lo portino sul Reno con loro finché sarà adulto, pensando così di fare qualcosa di molto gradito alla moglie.
Hagen lo gela dicendo che il giovane re è segnato dalla morte, rattristando tutti con la sua risposta enigmatica.
Occorre porsi alcune domande. Perché Crimilde porta il figlio a tavola fra i suoi odiati parenti? Forse perché li ritiene responsabili di averla obbligata a sposare Attila. Sappiamo che mentre faceva l'amore con Attila, Crimilde pensava a lui come strumento di vendetta, ma non l'ha mai amato. Ha atteso pazientemente il momento di metter in atto la vendetta.
E perché Hagen, seppure avesse già in mente qualche proposito, deve svelarsi anche se in modo oscuro? Attila ha appena intessuto degli elogi per i Burgundi. Certo Hagen sa già che degli Unni hanno tentato di assalirli e ne ritiene Attila responsabile. L'Autore ripete più volte che Attila fosse completamente all'oscuro della trama di corte per spiegarne la condotta. Forse il fatto che questo sia ritenuto improbabile ha portato il giudizio di dabbenaggine sul re degli Unni. Tutto si sta svolgendo in poco tempo e il raggiro più grande è proprio quello che Crimilde sta ordendo verso il marito. Certo è una piega, per così dire, enfatica dal punto di vista drammaturgico. Quello che appare strano e debole è che né Teodorico né Ildebrando cerchino di far conoscere al gran re ciò che sta avvenendo sotto i suoi occhi. Oppure si deve dire che hanno cercato di farlo non partecipando al torneo, ma è insufficiente. Ma continuo a pensare che più che sventato, tratto tipico dei sovrani nell'epica peraltro, si voglia forse alludere, con un giro di sponda, al fatto che in fondo Attila è sempre pronto per una nuova conquista. E potrebbe sapere tutto e in definitiva essere almeno connivente con la moglie di cui invece è innamorato. Qui il poema tocca una delle sue vette di teatro e lascia appunto aperta ogni discussione, in modo di potersi rinnovare a ogni lettura.
XXXII AVVENTURA
Blödel arriva negli alloggiamenti dove però ci sono solo gli attendenti e i servi comandati da Dankwart, che è il fratello di Hagen. Questi saluta cortesemente l'ospite ma Blödel gli dice senza giri di parole che è venuto per ucciderlo per vendicare la morte di Sigfrido.
Dankwart afferma di essere innocente della morte di Sigfrido che avvenne quando lui era ancora un bambino. Blödel non sente ragioni, in fondo a lui interessa prendersi la marca conquistata da Dankwart e la bella moglie del defunto Nudung. Peraltro Dankwart non si scompone e presa la spada gli taglia la testa aggiungendo: “Sia il tuo dono mattutino alla sposa di Nudung, che tu volevi amare ”.
Il 'dono del mattino', morgengabe, era il regalo che il marito faceva alla moglie il giorno dopo la prima notte di nozze, di fronte ai parenti di lei, e attestava che la moglie era vergine o comunque che non sarebbe stata ripudiata. Nel poema si dice che un Unno avrebbe avvertito per lealtà Dankwart del pericolo mortale.
Scoppia la zuffa e i servi burgundi si difendono con tutto quello che hanno a disposizione se non dispongono di una spada e riescono a mettere in fuga gli assalitori ma ne muoiono molti.
Prima ancora di avvertire Attila della morte del fratello Blödel, gli Unni insorgono per la vendetta. Vanno dai servi e li uccidono tutti, solo Dankwart sopravvive. Da solo fa strage dei nemici e poi esce all'aperto fra i colpi degli Unni. Si rammarica di non avere più nessuno che possa avvertire il fratello, gli Unni rispondono che lui stesso morto sarà il messaggero. Dankwart fra i colpi si dibatte disperatamente e riesce a uscire dalla mischia e, fra il terrore che ha generato negli Unni, si dirige verso la corte. I maggiordomi impauriti dal suo sembiante coperto di sangue non osano fermarlo.
XXXIII AVVENTURA
Dankwart arriva presso la sala del banchetto e chiama gridando il fratello cui dà la notizia della strage dei Burgundi, che è stato Blödel e che lui gli ha tagliato la testa. Hagen commenta che se si muore per mano di un prode la fama di un guerriero non ne è intaccata e le donne non devono piangerlo. Dankwart precisa che il sangue di cui ha inzuppata la veste non è suo, ma di innumerevoli Unni. Hagen gli da in consegna la porta fin tanto che lui avrà parlato con i suoi.
Sembra che il dialogo fra i fratelli avvenga in un'anticamera perché non è data nota di nessuna reazione da parte degli altri.
Dankwart dunque controlla la porta. Hagen commenta che devono libare alla memoria dei defunti e il primo vino sarà il giovane re.
Il dialogo è in realtà un po' surreale e il poema sta scivolando nella sua parte più tragica e rovinosa.
Hagen recide il capo di Ortlieb il cui cranio scivola in grembo alla madre, poi con un altro colpo taglia la testa del pedagogo del bambino. Mozza la mano anche a uno dei musici che hanno portato l'invito a Worms.
Per la morale germanica medievale il colpevole è solo chi ha fatto materialmente le cose. L'unica colpa del suonatore è questa, Attila che ha dato l'ordine non lo è. In questo caso Attila è davvero innocente, ma se anche fosse il mandante (l'ipotesi estrema dello sfruttamento dell'ira della moglie a suo vantaggio, che ho detto in congettura prima e che in base al testo è però una pura illazione) anche in quel caso sarebbe reputato innocente.
Hagen e Volker fanno strage degli Unni vendicandosi. I tre re burgundi balzano dalla tavola cercando disperatamente di far finire la lotta, vedendo che è impossibile entrano anche loro nel combattimento. Gunther uccide molti nemici, Gernot comincia a usare la spada che ha ricevuto in dono dalla moglie di Rüdiger, e compie grandi gesta anche Giselher. Gli Unni di fuori vorrebbero andare in soccorso dei loro compatrioti ma Dankwart non permette che salgano la scala per raggiungere la sala. In suo aiuto corre Volker che grida a Hagen che “ la soglia è ben difesa … le mani di due guerrieri valgono mille chiavistelli ”.
Ormai la strage acquista un valore quasi sacrale, dall'uccisione di Ortlieb alle gesta dei Burgundi, e anche i commenti dei presenti sembrano formule rituali. Teodorico commenta “ Hagen qui versa il vino più crudele ”. Attila appare scioccato per la morte del figlio e per la strage dei suoi che vede.
L'apatia di Attila appare certo contraria alla nomea del re, ma non incredibile se si presta attenzione al susseguirsi assurdo degli eventi.
Crimilde è l'unica che ha lo spirito per reagire e invoca il soccorso di Teodorico, che la salvi da Hagen. Teodorico nega di poterlo fare: ora deve faticare per salvare sé stesso. Crimilde insiste e Teodorico tenta di salvarla: chiama Gunther con un grido tremendo che è udito dal re dei Burgundi il quale, credendo che qualcuno dei suoi abbia ucciso dei guerrieri del re di Verona e vedendolo fare gesti, ordina ai suoi di interrompere la battaglia. Gunther si rivolge a Teodorico affermando di essere pronto a rimediare se qualcuno degli Amelunghi è stato ucciso, ma Teodorico nega che sia successo, solo chiede di poter uscire dalla sala con i suoi illeso. Wolfhart (il nipote di Ildebrando) lo contraddice affermando che possono uscire con le loro forze e senza aiuti o pietà di nessuno. Teodorico gli ordina di tacere e di star bene attento a parlare di nuovo, la sua animosità può essere esiziale per tutti gli Amelunghi.
Si può immaginare che la strage dei Burgundi avvenga contro persone disarmate o non assettate per la guerra, e così i re alla tavola, mentre va ricordato che i Burgundi sono armati, in base alla regola, inventata da Hagen, dei primi tre giorni della festa.
Gunther concede a Teodorico di uscire con chi vuole ed egli ne approfitta per metter in salvo Crimilde e Attila.
Teodorico sembra proprio incarnare una sorta di autorictas romana.
Rüdiger ne approfitta per chiedere anch'egli di poter uscire in nome della loro amicizia. Gunther glielo concede.
Del resto la figlia di Rüdiger deve sposare Giselher.
C'è un commento di Attila che porta avanti l'allegoria fra l'archetto e la spada di Volker: “ Le sue strofe son sinistre, il suo archetto scrive rosso: hanno già ucciso, i suoi accordi, molti guerrieri ” che appare davvero improbabile se non lo si intenda come abbandono lirico, in effetti ricorda i libretti d'opera, o come una specie di antistrofe di una macabra liturgia, infatti Gunther e Hagen la riprendono quasi con le stesse parole.
Con l'uscita di Teodorico, Attila, Crimilde e Rüdiger e la morte di tutti gli Unni, teatralmente si conclude la battaglia, lasciando un silenzio irreale.
Giselher consiglia di liberare la sala dai morti e dai feriti in attesa del prossimo attacco. Volker irride gli avversari Unni perché piangono come femmine sui loro morti invece di cercare di curare i feriti. Uno degli Unni si avvicina per soccorrere un parente e Volker lo uccide. Poi prende una lancia e la scaglia lontano segnando il punto fin dove è lecito avvicinarsi.
Ormai la battaglia è cominciata e non c'è più spazio per la pietà, lo scontro è visto come fine fatale e nemmeno c'è possibilità di alcun dialogo ormai.
Hagen provoca Attila dicendo che i re dovrebbero sempre combattere davanti ai loro uomini, come lì stanno facendo i re dei Burgundi. Attila impugna uno scudo, ma Crimilde lo esorta alla prudenza, deve offrire ai propri guerrieri oro senza fine ché non lo abbandonino: se lo giunge Hagen è morto. Attila vuole slanciarsi in battaglia ma lo trattengono per la cinghia dello scudo. Hagen lo schernisce: poco lo unisce a Sigfrido che non avrebbe esitato a battersi e in più è stato il primo a possedere Crimilde.
Crimilde, umiliata, brucia di rabbia e promette a chi le porta la testa di Hagen oro, castelli e terre.
Volker commenta che gli Unni sono dei vigliacchi: mangiano a sbafo il pane del loro re e lo lasciano senza aiuto in un momento come quello, infamia su di loro per sempre.
XXXV AVVENTURA
È un'avventura interlocutoria ed estetizzante. Iring, margravio di Danimarca, sfida Hagen. Egli risponde sornione che glielo sconsiglia, ma se insiste prima deve impedire che gli Unni restino fuori dalla reggia.
Si armano Iring, Irnfried di Turingia e Hawart di Danimarca coi loro guerrieri. Volker se ne avvede e avvisa Hagen che Iring sta venendo con una schiera e non da solo: lo vuole svergognare per la sua falsità. Ma Iring giura che si batterà lui solo con Hagen.
I due si affrontano con lancia e scudo a piedi come in Omero, scagliano la lancia che perfora gli scudi sino alla corazza, le aste si spezzano. Ora si affrontano alla spada. Iring colpice più volte Hagen che però rimane saldo, allora il margravio si volta verso Volker, anch'egli sopporta l'attacco e sferra un colpo tremendo che manda in pezzi lo scudo di Iring. Iring lascia Volker e si slancia contro Gunther. I due si colpiscono ma “ non trassero dalle ferite il sangue veloce ”. Anche nello stile l'Autore riprende Omero.
Iring attacca allora Gernot e le armi fanno scintille, ma anche Gernot è troppo duro per lui, si allontana e uccide quattro burgundi. Giselher si infuria e colpisce con tale violenza il danese che cade come morto. Iring riprende conoscenza ma finge di essere ancora senza sensi per trovare un modo di fuggire. Si alza velocemente e esce ma sulla sua strada trova Hagen. Iring lo ferisce tra elmo e collo, Hagen lo insegue giù per la scala e lo colpisce ma il danese riesce a rifugiarsi tra i suoi. Scampando la Chera, verrebbe da dire.
Crimilde crede che abbia ucciso Hagen e lo ringrazia, ma da dentro Hagen la disillude: ha solo una piccola ferita che lo sprona a uccidere più nemici e Iring dovrebbe tornare dentro se non è un vigliacco. Iring riprende fiato e si riarma cambiando scudo, prendendone uno più robusto.
I due si scontrano alla base della scala. Le lance e le spade gettano faville cozzando con gli scudi e infine Hagen con un colpo memorabile gli fracassa scudo e corazza ferendolo gravemente. Il margravio si ripara sotto lo scudo, ma Hagen prende una lancia restata dalla battaglia precedente e con questa sfonda il cranio di Iring.
Crimilde piange sul margravio morente ma lui dice di non compiangerlo, la morte gli impedisce di poterla servire ancora, e muore.
Irnfried re di Turingia e il re Hawart di Danimarca, lanciano l'attacco. Irnfried e Volker si colpiscono a vicenda ma il colpo del suonatore è quello mortale. Hawart e Hagen si scontrano e il burgundo uccide il re di Danimarca. I loro uomini aggrediscono i Burgundi e Volker consiglia di farli entrare: nello spazio più angusto saranno massacrati.
Anche in questa scena di battaglia il silenzio rimane dopo la strage, il sangue scorre sui gradini. Fuori Attila e Crimilde alzano tristi lamenti.
XXXVI AVVENTURA
I Burgundi si disarmano e si siedono sui cadaveri di cui è piena la sala. Attila e Crimilde organizzano altri assalti degli Unni. Dankwart ferma il primo assalto e poi la battaglia si infiamma di nuovo.
I tre re burgundi escono per parlamentare con Attila e Crimilde.
Il fatto che qui vede ormai insieme per lo stesso scopo Attila e la regina può forse alludere che nella vicenda storica, dietro all'attacco che gli Unni fecero nei confronti dei Burgundi, ci possa essere stata una fazione burgunda, qui rappresentata da Crimilde, che abbia favorito la conquista di Attila. In effetti dopo i Burgundi si divisero in due parti, come ho già detto.
Attila chiede che cosa vogliano, la pace è impossibile dopo la morte del figlio. Gunther oppone che furono costretti a battersi dopo che il suo seguito fu massacrato. Giselher domanda di che cosa è colpevole. Gunther accusa con rabbia Attila di aver mancato al codice dell'ospitalità e pretende la fine delle ostilità. Attila dice che nessuno di loro lascerà vivo la terra degli Unni. Gernot chiede che almeno li lasci uscire all'aperto e poi li assalga in modo da abbreviare la loro fine.
Nella sala, potendo controllare la porta e la scala i Burgundi possono difendersi meglio, ma prolungano così la loro agonia.
Gli Unni stanno per farlo, ma Crimilde lo proibisce: all'aperto i guerrieri burgundi possono tentare la fuga.
Insomma, come si dice in gergo, Crimilde vuol far fare al suo popolo la fine del topo (cioè presi in trappola).
Giselher si appella ai sentimenti della sorella. Crimilde risponde che non può aver pietà perché non ne ha ricevuta, gli hanno ucciso lo sposo, (e qui un po' di ragione, almeno logica, la perfida Crimilde ce l'ha), ma se le daranno Hagen allora permetterà loro, in quanto fratelli, per non arrecare dolore alla madre, di andarsene. Gernot respinge il ricatto: moriranno tutti piuttosto. Giselher conferma le parole del fratello. Dankwart ribadisce che il fratello non è solo e nessuno lo abbandonerà.
Crimilde chiama gli Unni e comanda di compiere la strage e vendicarla. Loro non devono permettere che nessuno esca e lei darà fuoco alla sala nei quattro cantoni. Il fuoco divampa e la sala diventa bruciante per i Burgundi che soffrono una sete terribile. Hagen dice indicando i cadaveri “ chi soffre per la sete beva di questo sangue. Non c'è vino migliore in questa grande arsura … non c'è niente di meglio ”. Un guerriero beve il sangue e gli pare molto buono, e ringrazia Hagen, gli altri fanno altrettanto e il sangue dona loro un nuovo vigore. Intanto il fuoco comincia a cadere su di loro, che si riparano con gli scudi, e la sala si riempie di fumo. Hagen consiglia di stare lungo le pareti e di spegnere i tizzoni nel sangue. Così passa la notte, Hagen e Volker stanno di guardia alla porta. Volker suggerisce di rientrare in modo che gli Unni pensino che sono tutti morti nell'incendio e poi coglierli di sorpresa.
Col giorno si alza un vento fresco e Giselher ha ancora speranza di uscire vivo da quella situazione. Attila pensa che siano tutti morti quella notte ma gli osservatori lo avvisano che ce ne sono ancora molti vivi. Crimilde è incredula e vuol verificare di persona che ci siano superstiti. Col sorgere del sole parte un nuovo attacco degli Unni, che sono spinti oltre che dal comando del re anche dalla brama di ottenere in premio l'oro della regina che viene loro portato sugli scudi. Volker ironizza sull'allegria che hanno gli Unni ad andare in battaglia tutti contenti di aver avuto l'oro.
L'attacco degli Unni riesce a portarli nella sala e quasi tutti i Burgundi cadono.
XXXVII AVVENTURA
Arriva a corte Rüdiger che vede il dramma che si è consumato. Chiede a Teodorico che lo aiuti a mettere pace, ma il re di Verona lo disillude, ormai Attila non vuole più la pace. Un guerriero unno lo vede piangere e riferisce a Crimilde che finora, nonostante tutti i benefici avuti dal re, se ne sta senza far nulla e non ha partecipato alle battaglie fino a quel momento, come se non gliene importasse niente. Rüdiger sente tutto questo discorso e in un impeto di rabbia uccide con un pugno il guerriero unno. Rüdiger afferma che se avesse avuto un buon motivo per attaccare gli stranieri lo avrebbe fatto, ma sono suoi amici e perciò non combatterà. Attila lo schernisce amaramente: che bell'aiuto ha dato agli Unni con il suo pugno, come se non ci fossero già abbastanza morti. Anche Crimilde lo rimprovera per aver ucciso un guerriero unno e piangendo gli ricorda che fu lui a convincerla a sposare Attila promettendole per sempre il suo aiuto. Rüdiger si difende dicendo che è vero che avrebbe rischiato la vita per lei, ma non ha giurato di perdere l'anima commettendo un'ingiustizia, fu lui a condurre gli stranieri a corte.
Rüdiger sembra l'unico, insieme a Teodorico, a cui interessi di muoversi secondo un criterio di giustizia vera e di etica superiore, ma invano come vedremo.
Crimilde insiste gettandosi ai suoi piedi, gli ricorda la promessa, anche Attila lo prega. Rüdiger è sconvolto, tutti i suoi ideali di virtù cortese stanno per svanire: qualunque scelta egli faccia sarà colpevole verso la sua parola e la sua lealtà e se non prenderà parte sarà la vergogna per lui. Egli volentieri avrebbe opposto un rifiuto al re e alla regina per salvare il suo onore. Risponde che rinuncia a tutte le terre e ai castelli che Attila gli ha dato, lui se ne andrà esule lontano.
Questa di Rüdiger è davvero una proposta rivoluzionaria, anche se estremamente teorica va detto onestamente e molto emotiva, per la società feudale del tempo di composizione del poema. Ma Attila rifiuta, anzi ribadisce che lo beneficerà ancora di più, lo farà re.
È chiaro che questa disperazione di Attila è un espediente letterario perché i Burgundi non possono aver sterminato gli interi Unni, il re è solo momentaneamente in difficoltà.
Rüdiger oppone un nuovo rifiuto: “ li ho ospitati nella mia casa, in amicizia gli ho offerto il mio pane e il mio vino, gli ho dato i miei doni. Come potrei volerli morti? ” e svela il fidanzamento della figlia con Giselher.
Con Rüdiger compaiono le motivazioni etiche assolute, appunto teoriche, e i sentimenti personali nel romanzo.
Crimilde prega di nuovo Rüdiger: consideri che nessun re ebbe ospiti più dannosi di quanto è capitato a Attila.
Crimilde, punta sul senso di colpa, ribadisce surrettiziamente che la responsabilità di aver portato a corte gli ospiti e il suo matrimonio con Attila è di Rüdiger, lui ha fatto materialmente le azioni che hanno portato alla presenza dei Burgundi lì in quel momento e, secondo la legge germanica, è lui il colpevole.
Il margravio capitola: “ Oggi deve pagare, la vita di Rüdiger, il bene che ha ricevuto da voi e dal mio re … sento che che oggi stesso le mie terre e i castelli vi torneranno senza padrone … ” e affida alla loro cortesia la moglie e la figlia e tutti quelli di Bechlar.
Parlando con se stesso: “ Farò quel che ho promesso. Poveri amici miei, con quanta pena vi assalgo ”.
Nella critica si discute se la scelta di Rüdiger sia giusta o ingiusta, ma bisogna tenere conto che gli uomini del romanzo non sono liberi, ma vincolati da un rapporto di vassallaggio, ciò è la realtà al momento in cui il poema è stato scritto. La scelta 'giusta' di Rüdiger è una sola: deve combattere. Attila è in grave difficoltà, negargli l'apporto militare sarebbe né più né meno diserzione, il tradimento del patto che mette un uomo nelle mani di un uomo, che è la definizione di vassallaggio, e le conseguenze non potrebbero che essere catastrofiche per lui e per tutti i suoi. Teodorico è alleato di Attila ed è un re, Rüdiger no. Anzi m'avanzo a dire che introdurre una motivazione di purismo cavalleresco cristiano o di morale teologica e catechistica rende melensa tutta l'avventura di Rüdiger, che invece è di straordinario interesse e intensità lirica.
Vedendo Rüdiger avvicinarsi Giselher si rallegra poiché pensa che il futuro suocero venga per liberarli e mettere pace, ma Volker ha già capito nella sua esperienza.
Qui improvvisamente Rüdiger appella i Burgundi col nome di Nibelunghi. La cosa oltre che essere confusionaria, non regge proprio nel caso specifico. Mi spiego. Se anche i Burgundi, dopo le nozze fra Crimilde e Sigfrido, si potessero considerare dei Nibelunghi ad honorem, per così dire, questo può valere per tutti tranne proprio che per gli assassini, materiali o mandanti o favoreggianti, dello stesso Sigfrido. Peraltro né i tre re né Hagen o altri hanno mai vissuto nel regno dei Nibelunghi come invece Crimilde ha fatto prima di tornare in visita a Worms. Dunque se c'è al massimo una che potrebbe essere chiamata Nibelunga è la sola Crimilde, oltre al gruppo di Nibelunghi che è partito con la delegazione dal Reno, ma di cui non è mai stata detta una sola parola: per esempio in questo momento sono ancora vivi? sono arrivati da Attila o si sono persi per strada?
Rüdiger chiede perdono ma vuole essere sciolto dal vincolo di amicizia poiché è giunto lì per combattere i Burgundi. Gunther lo prega di non farlo e di lasciarli andare. Lo stesso ribadisce Gernot che gli ricorda di avere la spada che gli è stata donata da lui, ma se non desisterà dal combattere l'ucciderà proprio con quella spada. Rüdiger risponde che spera sia così in modo che loro abbiano salva la vita e gli affida la moglie e la figlia. Giselher stupisce a queste parole e chiede a Rüdiger perché lo faccia, rendendo o vedova o orfana la figlia ancor prima delle nozze. Rüdiger risponde di restare sempre benevolo con la figlia e di non dimenticarsi la promessa che si sono fatti, di non far pagare alla figlia la sua colpa. Giselher risponde amaramente che ciò sarà possibile solo se si salveranno non solo lui ma tutti i suoi parenti, altrimenti l'accordo dovrà considerarsi sciolto.
È tutto questo dialogo un aprirsi del poema ai sentimenti personali, i quali sono fuori dalla regola feudale. Anche la figura stilistica, che è molto formalizzata in tutta l'opera, riesce a rendere il pathos del momento, che è fra i più toccanti.
Rüdiger sta per attaccare quando Hagen lo ferma chiedendo a cosa giova a Attila la loro morte. Informa Rüdiger che lo scudo che ha avuto in dono da Gotlind, la moglie del margravio, gli è stato distrutto dagli Unni nei combattimenti e vorrebbe averne uno simile a quello che porta Rüdiger in quel momento. Rüdiger glielo offre con la speranza che lo possa portare nella terra Burgunda. La commozione è generale per quell'atto cavalleresco e di vera amicizia. Anche il feroce Hagen non si può trattenere e promette a Rüdiger che in qualunque caso la sua mano non gli farà alcun male. Anche Volker, mostrando gli anelli d'oro, dono della margravia, promette a Rüdiger che non lo attaccherà.
Rüdiger non può più indugiare e attacca, Hagen e Volker si ritirano indietro, anche Giselher evita di affrontare il padre della sua promessa. Gunther e Gernot invece si lanciano nella lotta. Quando nella sala entrano i guerrieri di Bechlar anche Hagen e Volker cominciano a combattere e anche Giselher e Dankwart entrano nella mischia.
Rüdiger uccide molti burgundi e Gernot lo sfida. I due si corrono incontro e Rüdiger colpisce a morte Gernot sull'elmo, questi però, benché morente, prende la spada a due mani, la spada donata da Gotlind, e con disperazione colpisce Rüdiger sulla testa uccidendolo.
Tutti gli uomini di Bechlar sono uccisi. Giselher, di fronte ai cadaveri di Rüdiger e del fratello, propone di andare all'esterno per rinfrescare le armature e deve rassegnarsi a prendere coscienza che nessuno di loro uscirà vivo di lì.
A lungo dura il silenzio dopo la battaglia tanto che Crimilde critica aspramente Rüdiger, dandogli del traditore, perché secondo lei non ha fatto tutto il possibile per vendicarla e, nonostante i benefici ricevuti da lei e da Attila, ora sta trattando una pace separata, come si dice oggi. Attila la rimprovera duramente: Rüdiger ha combattuto lealmente fino alla morte, con fedeltà e passione, lui e tutti i suoi uomini. E ordina che il suo cadavere venga portato proprio davanti alla regina perché si vergogni delle sue parole. Alla vista della salma di Rüdiger, Attila prorompe in un ruggito e scoppia in un pianto dirotto, Crimilde pensa bene di imitarlo.
XXXVIII AVVENTURA
Un guerriero di Teodorico corre ad avvertirlo dei fatti: dai lamenti gli sembra proprio che persino Attila sia morto. Teodorico dice che qualunque cosa sia accaduta lui rinnova la pace promessa ai Burgundi. Vorrebbe andare a informarsi Wolfhart ma Teodorico preferisce la diplomazia di Helfrich. A questi i Burgundi rispondono che Rüdiger è morto per mano loro e con lui tutti i suoi soldati. Helfrich ritorna e riferisce, Teodorico è incredulo: fra Rüdiger e i Burgundi corre grande amicizia. Wolfhart afferma che devono vendicarlo se non vogliono essere tacciati di vergogna. Teodorico chiede a Ildebrando, seduto pensieroso a una finestra, di andare a saperne di più. Egli vuole andare disarmato, ma Wolfhart gli consiglia di armarsi ché il suo apparire imbelle non scateni la rabbia dei Burgundi (Wolfhart è nipote di Ildebrando). Ildebrando lo fa e con lui tutti gli Amelunghi, anche se egli non vorrebbe.
Volker li vede arrivare e riferisce a Gunther che gli Amelunghi stanno per assalirli. Ildebrando depone a terra lo scudo e domanda se è vero che hanno ucciso Rüdiger. Hagen a malincuore conferma. Ildebrando chiede quanto gli ha comandato il suo re ossia di avere il corpo di Rüdiger fuori dalla sala. Gunther accondiscende, ma interviene in maniera improvvida Wolfhart, che si dice insofferente di pregare ancora i Burgundi. Volker risponde che se lo vadano a prendere da soli nella sala, per Wolfhart è una provocazione che vuole arrivare allo scontro, ma Teodorico gli ha proibito la battaglia e perciò non faranno nulla. Volker dice che quando non si disobbedisce è perché la paura deve essere ben grande. Fra i due si arriva alla lite con rispettive minacce. Ildebrando ferma il nipote che voleva già passare all'attacco. Volker dice a Ildebrando che lasci pure che il giovane si faccia avanti. Wolfhart parte, lo zio lo trattiene: non vuole che siano loro i primi a iniziare la battaglia. I Burgundi si slanciano contro quelli di Verona. Ildebrando e Hagen si scambiano due colpi che si annullano fra le scintille delle lame. Wolfhart e Volker si colpiscono entrambi ma Wolfwin li separa. Entrano nella mischia Gunther, Giselher e Dankwart. Ildebrando, Siegstab e Wolfhart con altri guerrieri fanno strage dei Burgundi per vendicare la morte di Rüdiger. Volker assale Siegstab e lo uccide, Ildebrando con un colpo dirompente fracassa la testa di Volker uccidendolo. Hagen vede cadere Volker e cerca Ildebrando per fare vendetta. Intanto Helfrich uccide Dankwart. Giselher lo sfida, i due si affrontano con furia infliggendosi numerose ferite finché Giselher ha la meglio sul nemico, ma quando Wolfhart si sente morire, con le ultime forze cala un fendente che uccide Giselher.
Ildebrando corre per prendere il corpo del nipote e portarlo fuori, ma è troppo pesante. Le ultime parole di Wolfhart sono di dire ai parenti che lo piangeranno che non devono, non c'è alcun motivo: egli è morto per mano di un re. Hagen intanto colpisce Ildebrando con Balmung per fargli pagare il dolore per la morte di Volker, Ildebrando a sua volta ferisce Hagen ma poi sentendo la sua di piaga si ripara con lo scudo sulle spalle e fugge.
Nella sala gli unici rimasti vivi sono Gunther e Hagen e l'unico superstite degli Amelunghi è Ildebrando che torna da Teodorico che si infuria perché aveva loro proibito di ingaggiare battaglia. Idebrando conferma la morte di Rüdiger, ucciso da Gernot che però contestualmente è stato a sua volta ucciso dal margravio.
Teodorico ordina che gli si porti l'armatura e che si armino anche i suoi guerrieri poiché vuole parlare direttamente ai Burgundi. Ildebrando risponde tristemente che l'unico dei suoi che può seguirlo è lui: è l'unico a non essere morto. Teodorico si dispera: Dio l'ha dimenticato e per questo sono morti tutti i suoi guerrieri benché i nemici fossero molto stanchi, accenna alla sua sfortuna, che non lo lascia e compiange i suoi uomini persi, nominandoli dal nipote e poi gli altri. E si dispera che non possa morire di dolore.
In questa battaglia che non può avere fine e che si autoalimenta di violenza e di sangue che richiama altro sangue, di destino che è manovrato dalla morte, possiamo scorgere l'identico abisso di disperazione della tragedia greca.
Va detto, non certo per giustificare questi orrendi massacri, che se però ritorniamo all'inizio del poema, con le antiche storie del Nord, la morte in battaglia è certezza di rinascita in un paradiso di guerrieri, in cui tutti i combattenti si ritroveranno in pace e nella gioia e gli amori si ricostituiranno e saranno eterni.
XXXIX AVVENTURA
Teodorico si arma e va con Ildebrando dai Burgundi. Hagen lo vede e si prepara ad affrontarlo. Ma Teodorico posa lo scudo a terra e chiede dolorosamente a Gunther perché hanno massacrato tutti i suoi uomini, già è un grande strazio per lui la morte di Rüdiger. Hagen risponde che gli Amelunghi sono arrivati presso di loro armati. Teodorico dice che Ildebrando gli ha riferito che quando chiesero il corpo di Rüdiger furono trattati con scherno. Gunther risponde una cosa non vera o sia che proibì di prendere il corpo del margravio per dispiacere a Attila e che per questo Wolfhart cominciò a provocarli. Teodorico propone a Gunther di consegnarsi, lui e Hagen, come ostaggio e lui cercherà di salvarli in qualche modo, purché sia fatta una pace. Hagen d'impeto rifiuta. Teodorico insiste dando la sua parola e la mano in giuramento. Hagen risponde che non è possibile per loro che si dica che si sono arresi a due soli nemici. Ildebrando conferma “La pace che ora vi si offre di fare con noi, verrà un momento in cui vorrete averla fatta ”. Hagen schernisce Ildebrando dicendo che la farebbe, piuttosto che fuggire come un vile come lui ha fatto. Ildebrando fa riferimento a una delle avventure di Walther di Spagna in cui Hagen non si sarebbe comportato a dovere, ma non si dice qual è la circostanza. Teodorico proibisce a Ildebrando di parlare poiché non si addice a due guerrieri di offendersi come due comari.
Ma ormai non c'è più niente da fare, Hagen è preda del suo stesso destino di autodistruzione, forse dopo giorni di combattimento senza dormire non sa nemmeno ciò che dice. Attesta però, nella sua follia, che la distruzione dei Burgundi è stata voluta da loro.
Hagen spiega che lo infastidisce che Teodorico gli abbia chiesto di rassegnarsi in prigionia e che vuole misurarsi con lui finché avrà Balmung, la spada di Sigfrido di Nibelung. Hagen e Teodorico si affrontano e il re deve difendersi dalla ferocia del burgundo, ma alla fine riesce a ferire Hagen. Dice però che non c'è onore per lui ad avere sconfitto un guerriero stanco e provato e lo abbranca e lo lega.
Il re di Verona porta Hagen prigioniero da Crimilde. Teodorico, nel consegnare Hagen dice a Crimilde che deve risparmiare il prigioniero, che può ancora risarcirla del danno che le ha fatto. Crimilde fa rinchiudere Hagen in un carcere.
Gunther esce e provoca Teodorico allo scontro. Anche in questa occasione Teodorico deve difendersi dalla veemenza disperata di Gunther ma alla fine lo ferisce e lo imprigiona come ha fatto con Hagen. Lo porta anch'esso da Crimilde che lo saluta, ma Gunther gli oppone che il suo saluto è falso. Teodorico chiede a Crimilde che risparmi anche Gunther. Crimilde lo promette.
Teodorico si conferma come il rappresentante di un diritto superiore.
Ovviamente Crimilde nella pratica se ne guarda bene e fa decapitare Gunther e porta ella stessa la sua testa a Hagen. Qui dice inopinatamente al suo nemico che se le ridà ciò che le ha tolto (e uno penserebbe a Sigfrido) potrebbe tornare ancora vivo tra i Burgundi. Hagen risponde che sono parole inutili: ha giurato che non rivelerà a nessuno dove ha nascosto l'oro dei Nibelunghi.
Le strofe 2369-2370-2371 dovrebbero a mio parere precedere la 2368 che contiene questa risposta di Hagen.
Ricapitolando, Crimilde potrebbe soprassedere alla vendetta per l'assassinio si Sigfrido se Hagen le rivelasse dove si trova l'oro del Reno. Attenzione, non del regno sui Nibelunghi perché questo fu già confermato e anzi proposto dal padre di Sigfrido al momento della sua partenza da Worms. E qui ritornano prepotentemente le ipotesi sull'accordo con lo stesso Hagen.
Allora Crimilde soggiunge che almeno Hagen le può ridare Balmung, la spada di Sigfrido, la estrae e con Balmung recide il capo di Hagen.
È un gesto che nasconde la grande sconfitta dietro una menzogna che Crimilde dice a se stessa usando la spada del suo primo marito per uccidere il suo assassino. È il crollo nervoso di una psicopatica.
Attila riconosce che è ingiusto e lo rattrista che un grande guerriero come Hagen giaccia a terra ucciso da una donna. Ildebrando grida che vendicherà Hagen benché lo abbia quasi ucciso. Si getta su Crimilde e la uccide con un fendente nonostante lei chieda pietà.
Attila e Teodorico sono accomunati dal dolore e dal pianto.
La strofa finale in cui l'Autore afferma che non sa cosa sia successo dopo e che lì finisce il racconto recita: “ questa è la rovina dei Nibelunghi ”.
Quindi il poema si chiama Nibelungenlied solo perché c'è questa frase incomprensibile alla fine?
Spendere parole su questo capolavoro è inutile dopo averlo analizzato così nel dettaglio e lascio al lettore le considerazioni (le mie le ho già fatte) e le conclusioni.
Posteris memoria mea
renatus in aeternum