Cynthia
prima suis miserum me cepit ocellis,
contactum nullis ante
cupidinibus.
Al
netto della traduzione che non posso valutare, non conoscendo il
latino, e che mi lascia sempre un po' stranito, ho letto le elegie di
Properzio, poeta contemporaneo di Ottaviano Augusto e del giro di
Mecenate. Le ho lette da “Properzio Elegie”, Mursia editore,
1992, Milano.
Le
traduzioni saranno senz'altro giuste ma ne ho trovate alcune, non
questa, in cui a un verso latino ne corrispondevano due in italiano
e, a me che non sono un linguista, sembra strano appunto che una
lingua così scabra e sintetica come il latino si debba tradurre con
un numero doppio di parole. Tutto questo per dire che l'impressione
che la poesia di Properzio mi ha fatto, come quella di qualunque
altro poeta latino, è mediata dalle traduzioni sempre in bilico fra
resa lirica e correttezza linguistica, per i colleghi che giudicano e
gli studenti che imparano.
Properzio
scrive in distici elegiaci ossia versi alternati di un esametro e un
pentametro.
Dico
questo perché mi appare indubbio il seguente passaggio metrico, che
non è sfoggio di cultura, sapete che non ho, per fortuna, cultura
letteraria, ma tornerà utile nel discorso.
Esametro:
_ _ _ _ _ _ _ _ _ u u
_ _ od _u
oppure:
_ u u _u u _ u u _ u u
_ u u _ _ od _ u
l'accento
cade sulla prima lunga, ma non ci interessa.
Dunque
il pentametro è _ _ _ _ _ _ _
u u _ _ od _u
oppure
_u u _ u u _ u u _ u
u _ _ od _ u .
L'esametro
conta da 13 a 17 sillabe, il pentametro da 11 a 15. Se si prescinde
dagli accenti tonali, perché siamo in una lingua tonica come
l'italiano, e si considera che anche in greco e latino due brevi
contano come una lunga, abbiamo la nascita ufficiale
dell'endecasillabo come misura della poesia amorosa: fin amor
provenzale e amor cortese italiano. Ritengo che Properzio conti molto
di più di quello che gli accademici dicono sull'influsso che ebbe
nella poesia cortese e amorosa.
Conosco
le composizioni di Ovidio che vertono sullo stesso tema amoroso di
quelle di Properzio e la differenza fra le due personalità appare
subito evidentissima.
Ovidio
fu di famiglia di ordine cavalleresco, di Sulmona, fece studi di
legge a Roma ma poi si dedicò alla poesia amorosa: il Dio Amore gli
fece perdere un piede e i suoi esametri divennero pentametri,
considerati i più adatti per la lirica erotica. Ovidio era uomo di
mondo, elegante, colto, con una straordinaria facilità
nell'improvvisazione versificatoria che lo rese famoso e amatissimo
dalle donne. Il suo rapporto con le donne era facile, immediato,
sensuale. Potremmo dire che fu un Casanova dei suoi tempi. Conosceva
a tal punto il mondo femminile da dare consigli agli amanti per
conquistarle o alle donne per essere conquistate.
Sesto
Aurelio Properzio era di buona famiglia, di fisico gracile, non
bello, e si recò a Roma per spirito quasi ribelle alla sua nascita
provinciale, era di Assisi, per vivere il torbido e attraente mondo
degli amorazzi dell'Urbe, fra matrone allupate e cortigiane di ogni
grado.
Ah,
ovviamente c'era sempre una legge di Augusto per la morale e la
difesa dei valori della famiglia, e lo fecero anche gli altri
imperatori, ma se ne fregavano tutti.
Ovidio
cadde infine in disgrazia presso il Cesare ma per questioni
politiche, era nel partito avverso a Mecenate. E finì in esilio sul
Mar Nero.
Quanto
al nostro Properzio, un bel dì, anzi probabilmente una bella sera,
quando era già un po' conosciuto come poeta di belle speranze, fu
avvicinato da una cortigiana d'una decina d'anni più matura, lui era
ventenne o poco più, che gli apparve bella e affascinante come
nessun'altra soprattutto perché fra tanti possibili scelse lui come
suo campione di poesia. Il suo nome era Cinzia. Nome d'arte o di
poesia, ma è identificata con una certa Hostia che attesterebbe,
secondo gli esperti, che era una romana de Roma.
Cinzia
viveva nella famosa e malfamata Suburra, ma era una meretrice
indipendente e agiata.
Fu
subito amore travolgente in cui si intuisce che lui cercava una donna
un po' dominante, quella che in gergo si chiama la nave scuola, e lei
se lo rigirava ad libitum.
Ora
qui si apre la parentesi d'obbligo se queste donne ispiratrici
d'amore e di versi esistessero davvero e fossero come i poeti le
cantarono, ma noi facciamo finta che sì. Lo faccio notare perché
dopo aver pubblicato il suo primo libro, dedicato a Cinzia, Properzio
si lamenta che ci ha tutti i cazzi suoi in piazza. Allora viene il
dubbio o sull'invenzione oppure, anzi meglio da un punto di vista
drammaturgico, dell'esistenza di un gossip da cui sia lei sia lui
traevano popolarità. E poi è più bello pensare che fosse tutto
vero, o no?
Comunque
egli continua a poetare sull'amore che lo lega alla sua Cinzia, amore
che lo avvince e che lo fa soffrire, perché lei faceva il mestiere
suo e delle volte era, diciamo così, occupata negli affari e
rimandava indietro Properzio solo soletto e sconsolato.
Ma
lui elabora un concetto d'amore in cui anche la sofferenza fa parte
della felicità di una relazione, a volte frustrante ma che vale la
pena di essere vissuta.
Insomma
la risposta al titolo del post è senza ombra di dubbio: Pro perzio!
Ci anticipa tutti i nostri struggimenti sentimentali, le luci e le
ombre di una relazione amorosa, gli aspetti esotici dell'erotismo,
come un Flaubert o un Prevert.
La
sua poesia, complice anche una traduzione che ne coglie questo
aspetto e forse lo modernizza, è intrisa di romanticismo e di
esistenzialismo e uso questi due sostantivi perché sono i più
indicati. La sua vena è tanto più ricca quanto più è immerso nel
turbine dei sentimenti che lo legano alla sua Cinzia. Quanto più la
sua vita si identifica con il senso di amore assoluto, nelle sue
forme rigeneratrici e distruttive. Nell'alternanza fra felicità e
abbandono.
“Cinthya
prima fuit, Cinthya finis erit” (I, 12): “Cinzia fu la prima,
Cinzia sarà l'ultima”.
Cinzia
morirà ancora giovane, poco prima di Properzio che ebbe vita assai
breve morendo a soli trentaquattro anni o giù di lì (le date non
sono mai sicure, lo sapete).
Al
buon Properzio scassavano in continuazione i coglioni perché
scrivesse versi d'epica, quelli che lo avrebbero consacrato come
poeta. La sua risposta fu sempre che lui sapeva scrivere solo d'amore
e dell'amore per Cinzia. E resisteva a due tipini come Ottaviano e
Mecenate, l'imperatore e il suo ministro della propaganda, non
proprio due candide colombe. Anche quando, dopo la morte di Cinzia,
si decide a scrivere il suo quarto libro, produce una piccola storia
di Roma e dei suoi uomini migliori, ma non abbandona mai il tono
semplice, confidenziale, verrebbe da dire affettuoso se non fosse che
non c'è posto per l'affetto nella storia romana.
Un
altro punto sul quale nemmeno il nostro eroe non poté farci nulla fu
l'obbligo, per non apparire un burino, di mettere citazioni di miti.
Ho già detto che 'sta storia dei miti obbligatori e delle vestigia
romane et cetera mi annoia in modo particolare, nei poeti latini e in
generale.
Properzio
ogni tanto li deve mettere ma sembra lo faccia di malavoglia, come se
fosse riluttante a interrompere lo sfogo interiore dei suoi
sentimenti amorosi.
Concludo,
a proposito di traduzioni dal latino, con tre possibili dell'incipit
(I,1-2) dell'opera:
Cynthia
prima suis miserum me cepit ocellis,
contactum nullis ante
cupidinibus.
La
prima è tratta dall'edizione che ho letto:
Cinzia,
con gli occhi d'incanto, d'amor me folle travolse
né
mai, prima di lei, altro ardor m'avea preso.
La
seconda e la terza l'ho trovate in rete:
Cinzia
per prima mi prese, perdutamente innamorato, coi suoi occhi,
mai
toccato prima dalla passione.
Cinzia
per prima m’irretì, sventurato, con i suoi dolci occhi,
quand’ero
ancora intatto dai desideri della passione.
La
quarta è una mia proposta:
Cinzia
per prima suo, me misero, mi prese cogli occhi,
nessuno
mi toccò prima di passione.
Vale
la pena concludere ricordando che la cosiddetta pronuncia restituta
ricostruita dai linguisti secondo quella classica vera, dà una
diversa pronuncia al latino, così come noi siamo abituati, e questa
pronuncia sta prendendo sempre più piede. Così il nome del nostro
sarebbe da pronunciare, seppure italianizzato, Sesto Aurelio
Propertio, e poi Ottauiano, Maekenate, Ouidio, Kaesare ecc...
Il primo verso suonerebbe:
Künthia
prima suis miserum me kepit okellis,
kontactum nullis ante
kupidinibus.
Si nota subito una allitterazione del
suono k all'inizio e alla fine dei versi del distico.
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Philippe Parrot - l'elegia |